Se l’eutanasia è un affare di famiglia. Il felice ritorno di François Ozon in sala
In sala dal 13 gennaio (per Academy Two) “È andato tutto bene” il nuovo film di François Ozon, ispirato all’omonimo libro della scrittrice e sua sceneggiatrice, Emmanuèle Bernheim (edito in Italia da Einaudi). Una storia di eutanasia vissuta attraverso il rapporto tra padre e figlia, una cronaca familiare tra le immancabili luci ed ombre. Grandissimo André Dussollier persino sfigurato dall’ictus (nella finzione). Passato in concorso a Cannes 2021 …
C’è un legame sentimentale profondo dietro al nuovo e toccante film di François Ozon che ha corso per la Palma d’oro, tra la folta schiera di titoli d’oltralpe.
È quello con Emmanuèle Bernheim, la celebre scrittrice francesce scomparsa nel 2017. Sono suoi, infatti, la storia privata e l’omonimo romanzo in cui l’ha racconta: un padre provato da un ictus devastante e la richiesta alla figlia di aiutarlo a morire.
È da queste pagine che nasce È andato tutto bene (titolo originale:Tout s’est bien passé). Ma soprattutto dal legame con la scrittrice che negli anni è stata anche la sceneggiatrice di Ozon (Sotto la sabbia, Swimming Pool e CinquePerDue – Frammenti di vita amorosa).
Per questo, ammette il regista, ha voluto attendere che Emmanuèle non ci fosse più per affrontare quel testo così personale e doloroso, per altro già portato al cinema in un doc (Living and Knowing You Are Alive) da Alain Cavalier nel 2019 .
Dopo la denuncia dei preti pedofili (Grazie a Dio) l’autore francese (di culto nell’universo gay) prende di petto un altro tema tabù come l’eutanasia sviscerandolo però da un’ottica privata, raccontando il particolare per arrivare all’universale, giocando tra dramma e ironia.
E sorprende ritrovarsi ad entrare passo passo nella vita della protagonista (una matura e convincente Sophie Marceau), condividerne i dubbi, l’angoscia, provando persino il senso d’ingiustizia sul perché, quel padre così conflittuale e piuttosto assente, abbia scelto proprio lei anziché sua sorella per quella “missione” così estrema.
Alla fine, però, saranno coinvolte entrambe, ed entrambe dovranno vedersela con la polizia: anche nella laicissima Francia l’eutanasia è fuorilegge. E basterà una spiata (forse il compagno segreto del padre che non vuole lasciarlo andare) per mettere a rischio la complessa architettura di quel suicidio assistito che dovrà svolgersi a Berna (al costo di 10mila euro), coordinato da Anna Schygulla nei panni di un familiare e pietoso angelo della morte.
Abile indagatore di anime Ozon non trasforma mai il film in un dibattito sull’eutanasia, ma piuttosto una riflessione sulla vita e sul desiderio di viverla nella sua pienezza. Analizzando ancora una volta i complessi rapporti familiari, in questo caso dei Bernheim, ricchi, intellettuali, ebrei che dell’arte hanno fatto la loro vita.
Nei panni della madre la scultrice Claude de Soria, isolata nel suo mondo di depressione, si muove dolente la pur sempre brava Charlotte Rampling. Mentre in quelli del padre, nonostante la paresi e la faccia straziata, furoreggia André Dussollier volto di tanti film di Alain Resnais. Noioso e un po’ pedante è invece Éric Caravaca nei panni del compagno della protagonista, Serge Toubiana famosissimo critico cinematografico e direttore della Cinémathèque française. Magari chissà François Ozon aveva voglia di togliersi qualche sassolino.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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