Se Malaussène entra nei sogni di Fellini. La vita (dolce) del prof Pennac nell’ ultimo libro


 

“Labirintico” come lo sono i sogni si presenta il volume, fresco di stampa (Feltrinelli, 160 pp., 14 euro) La legge del sognatore del popolarissimo romanziere francese Daniel Pennac, nato Pennacchioni nel 1944 a Casablanca figlio di un militare.

Tratta di sogni, quelli di un autore, Pennac per l’appunto, e del regista Federico Fellini, che puntualmente ogni mattina su un taccuino trascriveva i propri sogni, o incubi, sotto forma di disegni o ancora – per dirla con le sue parole – di “segnacci, appunti sbrigativi e sgrammaticati”.

Ne nacque il Libro dei sogni, redatto dalla fine degli anni Sessanta fino al 1990 e di recente riproposto da Rizzoli: un viaggio attraverso le stanze più segrete e intime della creatività di Federico Fellini, una “vera e propria cosmografia personale” in cui i tracciati emotivi, sentimentali, culturali, erotici, affettivi, si intrecciano a quelli geografici, architettonici, memoriali, immaginativi, fantastici.

Fu proprio un disegno di Fellini – dei cui film fin da bambino era grande ammiratore – e che teneva appeso sopra il suo letto a ispirare Pennac, a condurlo a visioni e apparizioni in cui si confondono la vita e il sogno, fino a diventare un tutt’uno.

Difficile delineare la trama di La legge del sognatore, in quanto – per dirla con l’autore – si tratta di un libro di avventure in un mondo fantastico, “alla ricerca del mistero che governa i sogni”, in cui intreccia fra gli altri i ricordi della vita d’insegnante, “la sua principale professione” tiene a ribadire – e un ritorno dietro le quinte di alcuni dei suoi libri.

E Fellini vi compare onnipresente, in una storia d’amicizia e paradossalmente di elettricità: da una disavventura “elettrica” infatti è nato La legge del sognatore.

Pennac entrò in coma in seguito a una caduta da una sedia imprudentemente poggiata su un tavolino per cambiare la lampadina del proiettore che si era fulminata mentre con sua moglie assisteva alla proiezione di Amarcord, capolavoro del grande regista. A quel punto la visione viene a confondersi in maniera a dir poco originale in cui Pennac rende un omaggio memorabile al genio di Fellini, che reclutava i suoi attori quando assomigliavano alle creature dei suoi sogni. Il tutto in maniera ironica e poetica in occasione del centesimo anniversario della nascita, assegnando al suo mito un posto anche nella sua vita di famiglia e nel suo quotidiano.

Nel seguito, Pennac procede in un racconto in trompe l’oeil, colmo di colpi di scena, in cui ripercorre la propria vita, dai ricordi d’infanzia fino all’adorata casa nella campagna del Vercors acquistata negli anni della maturità. È autore, fra gli altri, della saga dei Malaussène in più volumi ambientata a Belleville – tradotta da Feltrinelli nonché in una ventina di lingue e venduta a più di 5 milioni di copie – avviata nel 1985 e terminata nel 2017, ambientata nel quartiere parigino allora popolare di Belleville in cui ha scelto di vivere e abita tuttora.

In Chagrin d’école, poi, il suo libro autobiografico e che gli valse il premio Renaudot nel 2007, riconobbe di dovere la sua “salvezza” alla lettura e ai suoi insegnanti. In precedenza in Kamo (Einaudi 1986), dedicato al suo migliore amico d’infanzia e protagonista di una sua novella per adolescenti, si era lasciato andare a una “sorta di autofinzione sognata”.

Nell’ultima parte de La legge del sognatore Pennac, dal singolare e suggestivo itinerario intellettuale torna alla propria realtà : fiero della tribù familiare che lo circonda, ormai appagato, rievoca gli anni dell’insegnamento nelle scuole a cui ha dedicato più decenni della sua vita, specie  agli allievi suoi prediletti, i più “sgangherati”, a suo dire. A sua volta pessimo studente, “costretto alla menzogna” per giustificarsi per non avere svolto i compiti e poi spedito a dieci anni in un collegio per causa di “delinquenza familiare” – aveva cercato di svaligiare la modesta cassaforte di famiglia – leggeva di nascosto con una pila sotto le coperte del letto del dormitorio.

Una volta diplomatosi e divenuto insegnante di lingua francese – mestiere esercitato per 27 anni – la conoscenza della bugia degli allievi e da lui praticata a suo tempo gli tornò molto utile : ”sapevo che dispensavano un’energia fenomenale per rendere coerenti le loro menzogne. Il mio lavoro consisteva nel recuperare questa energia perduta affinché la reinvestissero nell’acquisizione dei saperi”. E convinto che “se riesco a interessare alla letteratura i miei allievi, ad appassionarli alla grammatica non avranno più timore di nulla”. Insomma, troveranno la loro strada, dice convinto.