Tornano a volare gli angeli di Wim Wenders. Nel cielo di Berlino rubato da google map e dai droni

Torna in sala dal 2 ottobre la versione restaurata de “Il cielo sopra Berlino” culto assoluto di Wim Wenders del 1987 scritto con Peter Handke. Monumentale ritratto di una metropoli o delle tante metropoli del mondo, dove tutto si muove forsennatamene e senza senso sotto lo sguardo di due angeli inquieti. L’ispirazione dalle elegie di Rainer Maria Rilke e dai quadri di Paul Klee. Il film è stato restaurato dalla Wim Wenders Foundation e torna al cinema grazie al “Il Cinema Ritrovato” della Cineteca di Bologna  …

Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) (1987), un capolavoro in cerca di una nuova generazione di spettatori, si ripresenta nelle sale italiane dal 2 ottobre nella versione restaurata dalla Wim Wenders Foundation, grazie alla collaborazione con la Cineteca di Bologna ed il suo progetto per la distribuzione dei classici restaurati “Il Cinema Ritrovato” (tra l’altro, il più bel festival cinematografico d’Italia!), e ancora dello stesso Wim Wenders e del Goethe-Institut.

Ricerca “facile”, quella di un “nuovo” pubblico vista l’importanza e la freschezza del monumentale ritratto di una metropoli di Wenders. Un film per il quale, c’era, già prenotato, un posto nella storia del cinema ancor prima che venisse girato …
Angeli o acrobati. Il volo è il mezzo, poi si atterra; in una città compatta e confusa. All’esordio o alla fine dei suoi giorni. Da osservare come fosse un formicaio ben organizzato… Berlino, o le tante Berlino del mondo… ove tutto si muove forsennatamene e senza senso…

“Quando il bambino era bambino, | se ne andava a braccia appese, | voleva che il ruscello fosse un fiume, | il fiume un torrente, | e questa pozza, il mare. || Quando il bambino era bambino, | non sapeva d’essere un bambino, | per lui tutto aveva un’anima | e tutte le anime eran tutt’uno. || Quando il bambino era bambino, | su niente aveva un’opinione, | non aveva abitudini, | sedeva spesso a gambe incrociate, | e di colpo sgusciava via, | aveva un vortice tra i capelli | e non faceva facce da fotografo”. (Bruno Ganz / Damiel)
“Berlino: qui sono straniera e tuttavia è tutto così familiare. In ogni caso non ci si può perdere: s’arriva sempre al muro “. (Solveig Dommartin / Marion)

Echi. Da una infanzia mai finita, giaciglio dei sogni… ai luoghi concreti ed eterni…

Berlino, prima della Caduta del muro (1989). Due angeli inquieti (Damiel e Cassiel) vagano senza posa nella città; disposti ad aiutare si avvicinano agli abitanti e ascoltano i loro pensieri. Ne viene fuori un incatalogabile repertorio, poetico, rarefatto, assoluto: c’è un anziano angelo di nome Homer: sogna la pace e cerca Potsdamer Platz ma trova solo il Muro coperto di mille messaggi (graffiti).

Damiel (un grande Bruno Ganz che perde razionalità), ora sente sempre più la propria impotenza, si innamora allora di Marion, una trapezista per mestiere e di vita, che alloggia in un camper, balla da sola e cammina per la città… “s’arriva sempre al muro”: è vero! Emblema di un mondo diviso. Un divo americano, il regista Peter Falk, arriva a Berlino per girare un film: in passato è stato un angelo, ma ha rinunciato alla sua immortalità.

Anche Damiel decide di diventare uomo: vede così il sangue e sopporta il dolore, vede i colori, gusta i cibi e assapora il caffè caldo. L’angelo Cassiel (Otto Sander) assiste impotente al suicidio di un ragazzo che si lancia dal tetto di un palazzo. Ad un concerto di Nick Cave, Damiel rivede Marion, che ricambia il suo amore. Prima che il circo chiuda definitivamente, Marion eseguirà il suo ultimo numero volteggiando proprio come un angelo. Cuori di angeli… come aquiloni…

“L’idea è sorta contemporaneamente da diverse fonti”, ha raccontato Wenders. “Anzitutto dalla lettura delle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke. Poi, tempo addietro, dai quadri di Paul Klee. D’un tratto ascoltai anche un brano dei Cure che parlava di fallen angels. Riflettevo anche su come in questa città convivano, si sovrappongano i mondi del presente e del passato, immagini doppie nel tempo e nello spazio, a cui venivano ad affiancarsi ricordi d’infanzia, di angeli in veste di osservatori onnipresenti e invisibili”.

Wenders firma la sceneggiatura del film assieme allo scrittore Premio Nobel (2019) Peter Handke: “Con gli angeli la lingua acquistava una particolare importanza: dovevano esprimersi in un linguaggio poetico. Dopo avere girato quattro film in inglese, sentivo il bisogno di tornare alla mia lingua d’origine che nei dialoghi doveva essere molto curata. Allora ho invocato il mio arcangelo, Peter Handke – che aveva già scritto per Wenders Falso movimento (Falsche Bewegung) un film del 1975 ndr -. Quando l’ho chiamato aveva appena terminato un romanzo e mi ha detto: «Mi piacerebbe fare di nuovo qualcosa insieme, ma sono completamente svuotato: non ho più parole in me, tutto ciò che avevo l’ho messo sulla carta». Ma poi ha aggiunto: «Forse se vieni qui e mi racconti la storia, potrò aiutarti a scrivere qualche dialogo, ma niente di più; né la costruzione drammaturgica né la sceneggiatura». Sono andato da lui a Salisburgo e gli ho raccontato tutto quello che sapevo sui miei angeli…. “.

Wenders, gran “maestro”, cantore massimo di luoghi, di spazi enormi, di periferie accroccate, di “quadri” iperrealisti, di un bianco e nero che separa il giusto dal necessario, di vite a rendere… spicca qui il volo… quegli angeli, pur confusi, sconfitti, abbandonati, annichiliti dalla depressione della grande città, psicanalizzati ci sarebbero molto di conforto anche oggi. Se solo riprendessero a volare… in un mondo rubato da google map e dai droni …