Una risata black contro Trump. Il gran ritorno di Spike Lee al cinema

In sala dal 27 settempre (per Universal Pictures) “Blackkklansman”, il felice ritorno di Spike Lee, ispirato al libro (tre60 editore) autobiografico del poliziotto afro-americano Ron Stallworth, infiltrato nel  Ku Klux Klan. Un divertito, divertente e potente schiaffo in faccia all’America razzista e liberticida di Trump. Senza retorica e con grande ironia. John David Washington e Adam Driver nei panni dei protagonisti fanno il resto. Grand prix speciale della giuria a Cannes 2018, accolto da applausi ed emozione …

 

Quando sul finale passano le immagini tragiche del corteo neonazista di Charlottesville della scorsa estate, col faccione di Trump che “minimizza”, è allora che il film ti arriva addosso tutto insieme. E quelle due ore e passa di divertita commedia, al limite del cazzeggio, acquistano tutt’altro peso. Il vecchio Spike, insomma, ha ancora una gran voglia di fare la cosa giusta. E ci riesce benissimo.

Questo suo Blackkklansman, passato in concorso a Cannes, a 27 anni di distanza di Jungle Fever è infatti un bello schiaffo in faccia all’America razzista e liberticida di Trump, ma con l’intelligenza e l’ironia del suo miglior cinema.

La storia che racconta ha già dell’incredibile. Eppure è una storia vera, divulgata al mondo dal suo stesso protagonista in un libro autobiografico (Black Klansman, appunto, appena uscito in Italia per le edizioni tre60) e divertentissimo, divenuto un vero e proprio caso mediatico, negli States, nel 2014.

Si tratta, infatti, del poliziotto afro-americano, Ron Stallworth che è riuscito ad infiltrarsi nel Ku Klux Klan, per circa sei mesi, tra il ’78 e il ’79, entrando fino al cuore più segreto della più antica, pericolosa e violenta, organizzazione razzista d’America.

È solo in seconda battuta, però, che il soggetto arriva tra le mani di Spike Lee. In principio viene affidato a Jordan Peele, il regista prodigio di Get Out, pronto a farsi subito da parte (restando come produttore) di fronte al glorioso e, ancora effervescente,  portavoce della causa nera nel cinema americano.

 

Eccoci dunque nella caserma di Colorado Springs dove tutto accade. E dove Ron Stallworth, sollecitato da un annuncio del Klan sul giornale locale, fa la fatidica telefonata. Educato alla disciplina da un padre militare e coi modi e la pronuncia da perfetto wasp, Ron riesce al primo colpo: il gruppo di sgangherati razzisti locali abbocca. E lo vuole incontrare subito. Come proseguire il piano? Beh con un “gemello bianco”, che possa sostiuirlo fisicamente agli incontri coi fautori della razza ariana. Il prescelto è il collega Flip Zimmerman che, ironia del destino, è pure ebreo.

La macchina comica, insomma, è messa a punto. E John David Washington (figlio del Malcom X, Danzel) nei panni di Ron e Adam Driver in quelli di Flip ne garantiscono un funzionamento quasi perfetto, seppure con qualche momento di stanchezza. La forza di Blackkklansman, però, è soprattutto nell’attenzione alle parole, alle idee, alla storia, quella di un paese che sul razzismo ha costruito le sue fondamenta.

Lo vediamo nelle immagini di Nascita di una nazione (1915), appunto, film apertamente razzista, commentato da un oratore reazionario e sudista, col volto irresistibile di Alec Baldwin, di fronte al quale è impossibile non pensare a Trump.

Oppure nel racconto storico di un vecchio e luminoso Harry Belafonte che, circondato dai giovani attivisti neri, rievoca il linciaggio di Jesse Washington, torturato e barbaramente assassinato nel 1916, mentre in parallelo la vera “grande strega” del Ku Klux Klan, David Duke, ex deputato della Louisiana arringa la folla all’odio razziale e al suprematismo bianco.

Blackkklansman è uscito negli Usa il 10 agosto, anniversario dei drammatici scontri di Charlottesville in cui ha perso la vita  Heather Heyer. La giovane donna trentenne stava manifestando, insieme a tanti altri, contro il corteo “suprematista” dell’ultradestra, quando un neonazi in auto l’ha travolta. In quell’occasione Trump commentò così: “Ci sono brave persone da entrambe le parti”. Parole agghiaccianti, a cui Spike Lee ha risposto, ancora una volta, col suo cinema.