Juliette Binoche en attendant Pirandello

La celebre attrice francese nella difficile elaborazione del lutto del figlio. È il primo italiano in corsa per il Leone d’oro: “L’attesa“, opera prima di Piero Messina che si ispira al grande drammaturgo, guardando a Sorrentino. In sala dal 17 settembre…

maxresdefaultUna madre che non riesce a fare i conti con l’improvvisa scomparsa del figlio. La fidanzata del ragazzo che arriva nella casa dello scomparso e viene tenuta all’oscuro dell’accaduto per giorni e giorni.

Ad oltre vent’anni da Film blu di Krzysztof Kieślowski – che poi è stato il suo trampolino di lancio internazionale –  Juliette Binoche torna a vestire i panni dolenti di una madre incapace di elaborare uno dei lutti più insostenibili: la perdita di un figlio.

Piero Messina, classe 1981 e a lungo assistente di Paolo Sorrentino, ha scelto un esordio molto ambizioso con L’attesa, primo film dei quattro italiani in gara a questa Venezia ’72. A cominciare dalla fonte d’ispirazione: il Luigi Pirandello di La vita che ti diedi, dramma in tre atti rappresentato per la prima volta nel 1923. Qui in una villa toscana, il grande drammaturgo mette in scena la tragedia di una madre che, dopo aver avuto lontano il proprio figlio per troppi anni, al suo ritorno a casa non lo riconosce più. E quando, improvvisamente, il ragazzo muore, la donna si chiude nel ricordo di suo figlio com’era stato, pur di tenerlo in vita. Tanto che all’arrivo dell’amante di lui, la donna farà finta di niente, tentando di tenerle nascosto il lutto. Fino all’inevitabile svelamento.

Pirandello, però, dice Piero Messina è “arrivato solo ad un certo punto”. La sceneggiatura del film, infatti, ha avuto numerose stesure. Ed una genesi lunghissima. Prima dei ricordi d’infanzia, l’autore è di Caltagirone, di cerimonie folkloristiche di fronte al fuoco. Poi la storia vera, ma di un padre, che ignora la scomparsa del figlio. E solo all’utimo il dramma pirandelliano a cui il film, si legge, è “liberamente ispirato”. E “che ci ha permesso di chiudere la sceneggitura – sottolinea Messina – in cui facciamo riferimento anche alle suggestioni di un altro testo di Pirandello, La camera in attesa“. Anche questa una storia che parla di lutti impossibili da elaborare.

Così Piero Messina ci immerge in un racconto fatto di atmosfere sospese, tensioni, sussurri e pochissime grida, tutto racchiuso all’interno delle stanze di una villa siciliana, dove più che le azioni seguiamo il percorso psicologico della protagonista, impietrita dal dolore.

A tenere il filo del racconto, quasi come in un thriler, la voce fuori campo della segreteria telefonica del cellulare del ragazzo, che ci rimanda le telefonate senza risposta della giovanissima fidanzata (la bellissima Lou De Laage) all’oscuro di tutto. Volutamente “esclusa” dal lutto dalla madre di lui, nonostante sia arrivata fin lì da Parigi per la “loro” vacanza. L’accurata colonna sonora e l’estetica ricercatissima, non sempre però riescono a sostenere la scrittura del film, spesso incerta. Tanto da far scattare naturale il paragone con Sotto la sabbia di François Ozon, da cui – nonostante la coproduzione italo-francese – L’attesa resta molto lontano.