La (ri) presa di Roma della coppia Piperno-Faccini. Cine-profeti della joie de vivre
In anteprima il 27 aprile al Bif&st di Bari, “Giro di boa”, l’ultimo lavoro della coppia Piperno-Faccini, lei produttrice e musa protagonista, lui regista di tanto cinema di ricerca. Tornati a Roma dopo vent’anni d’assenza vogliono “riprendersi il cuore della città”. Un cine-diario ironico, seducente e politico che dalle strade capitoline ci conduce attraverso il nostro contemporaneo con “occhi aperti e mente affilata”. Parola di questi due profeti della joie de vivre che “non smettono di farsi amare” …
“Joie de vivre” dicono i francesi. E chissà perché nella lingua d’oltralpe l’espressione ci appare più vivace, più piena di vita, più adatta, insomma, a questo ritorno della coppia Piperno-Faccini con Giro di boa, in anteprima il 27 aprile al Bif&st di Bari (con replica il 28 aprile).
Non solo un ritorno al cinema, il loro, sempre orgogliosamente autarchico e controcorrente, ma anche un ritorno nella loro città, Roma, lasciata vent’anni fa per un altrove fatto di campagna, tra Lerici e l’Amiata e molto altro peregrinare per il mondo.
Quel mondo esteso come la diaspora toccata alla famiglia di Marina Piperno, ragazzina ebrea nella Roma delle leggi razziali e prima produttrice donna nell’Italia dei Sessanta (Diaspora. Ogni fine è un inizio), qui accompagnata ancora una volta in questo suo cine-diario, ironico e seducente, dalla telecamera (una GoPro) del suo complice preferito, il regista Luigi Faccini, trentennale compagno di vita e d’armi, quelle della poesia, per dirla con Pasolini, a cui si legano le radici cinematografiche di entrambi.
“Vogliamo riprenderci il cuore della nostra città”, dice programmaticamente Marina, coi suoi occhioni azzurri e la sua collezione inarrivabile di cappelli a larghe tese. Parla in camera, disinvolta come una diva navigata, risponde alle domande del regista, si interroga – e ci interroga – su dove è andato o dove sta andando questo nostro presente, toccando i temi più disparati, dall’eutanasia al razzismo, incontrando poeti (Mario Lunetta di cui vediamo le ultime immagini) e artisti della memoria (Gunter Demnig), ma passando comunque per le strade di Roma.
Davanti al Colosseo sommerso di turisti (“formiche che fanno provviste per l’inverno”), di fronte all’Arco di Tito (“simbolo della deportazione del popolo ebraico”), tra i locali affollati di Trastevere o sul tram numero tre che resta in panne (“vole ‘na mano signò?”, si offre per aiutarla a scendere il conducente), Marina e Luigi si riappropriano dei loro luoghi, come ragazzini sfrontati, pronti a “importunare” i passanti, interrogando sui loro sogni i musicisti di strada, star di Youtube, o il venditore ambulante senegalese con la moglie italiana che a sua volta sogna il Senegal.
Tornano nei loro luoghi Marina e Luigi. Anche quelli del loro cinema di strada. A Tor Bella Monaca, soprattutto, dove a distanza di quasi trent’anni ritroviamo i “ragazzi di vita” di allora, quelli le cui esistenze allo sbando Faccini raccontò in presa diretta (Notte di Stelle, Giamaica) e che oggi sono disposti a raccontarsi di nuovo, tra la voglia di denuncia (le case popolari vuote e le scellerate politiche degli sfratti), qualche sogno realizzato (Betty che inseguiva un futuro da cantante e invece ha trovato il suo principe azzurro) o “l’incazzatura del reduce” a cui lo stesso regista confessa di sentirsi vicino.
È ancora una volta un cinema di incontri e di ascolto quello di Faccini-Piperno. Cinema politico che guarda al mondo, che non smette di interrogarsi con “occhi aperti e mente affilata!” come dice Marina nel suo saluto finale. Un saluto col cuore orgogliosamente dalla parte giusta, nel segno di Gramsci, evocato ed omaggiato dalle musiche di suo nipote Antonio Gramsci Jr, in concerto coi Tenores a Ghilarza. Perché Giro di boa si chiude proprio lì, in Sardegna, sulla spiaggia di quarzo bianco di Oristano all’alba del 2018, dove questi due profeti della joie de vivre, che “non smettono di farsi amare” sembrano volerci dare appuntamento per un nuovo capitolo. Consapevoli che ogni fine è un inizio.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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