Amori quadrangolari per la scrittrice Sadie
In anteprima mondiale al Torino Filmfest, “Sadie”, di Craig Goodwill, tutto girato nel capoluogo e in Piemonte. Storia di una scrittrice erotica americana alle prese con avventure “sadiane” che poco emozionano e sanno tanto di già visto…
Il 34° Film festival di Torino ha ospitato nella sezione Festa Mobile l’anteprima mondiale del film di Craig Goodwill, Sadie, con Analeigh Tipton e Marta Gastini (produzione ImdbPro 2016).
Girato interamente a Torino e in Piemonte, in luoghi affascinanti e misteriosi come il castello ducale di Agliè, la reggia di Venaria Reale, i castelli di Masino e Govone, Villa Sartirana e Città di Avigliana, il film si misura con un soggetto un po’ fuori dal tempo che forse avrebbe avuto più senso in un altro contesto culturale (e in un’epoca cinematografica meno smaliziata).
Durante un tour promozionale in Italia, la scrittrice americana di romanzi erotici, Sadie, incontra un ex amante. Costui la invita a seguirlo in una villa della campagna piemontese insieme a un’enigmatica ragazza di nome Francesca, convincendola ad abbandonare fidanzato e certezze per lasciarsi coinvolgere in un gioco surreale di omicidi e tradimenti, in una dimensione sospesa tra sogno e realtà.
Per condurre il suo gioco tra il sadico e il masochista, Sadie, che forse deve espiare qualche colpa precedente, si presta alle equivoche tentazioni dell’amore triangolare (o quadrangolare come in questo caso). Finché il racconto si conclude a spirale là dove era iniziato.
“Il ‘concept’ – ha dichiarato il regista – è quello di trattare la violenza contenuta in Sadie in modo poetico. Il film è ricco di violenza, ma anche mistero, erotismo e psicologia. Attraverso la scoperta del dolore e del piacere arriviamo a conoscere la verità. Applicando queste nozioni, vogliamo condurre il pubblico in un viaggio nella psicologia e nella deviazione morale fino a fargli sperimentare la sottile linea tra i nostri desideri e l’impatto sulla nostra anima”.
Questo nelle intenzioni. Ma, al di là dei riferimenti più o meno colti, come la storia del marchese de Sade, il Buñuel de L’angelo sterminatore, lo Stanley Kubrick di Eyes wide shut, per non dire di Ettore Scola di La più bella serata della mia vita, il film – che sfiora in alcuni punti il gotico horror e non disdegna qualche scena di sesso (ultra patinato) – emoziona poco e si risolve in un esercizio di stile fine a se stesso.
Manca lo spessore della tradizione simbolica del cinema d’autore, manca la visionarietà di un Buñuel o di un Terrence Malick. Alla fine solo l’ambientazione e l’ottima performance dell’attrice americana Analeigh Tipton riscattano un’operazione molto cerebrale, a tratti raffinata, ma alquanto banale nella sostanza.
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