“Anomalisa”, personaggi in cerca d’animazione
In sala dal 25 febbraio il film di Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di Essere John Malkovich, ispirato all’omonima pièce. Girato in stop motion con Duke Johnson, è la storia del breve incontro tra Michael e Lisa, nell’arco di una notte. Ma gli incontri finiscono all’alba…
È cinema mentale, quello di Charlie Kaufman. Come sempre, dalla sua prima sceneggiatura, Essere John Malkovich scritta per Spike Jonze (1999), già una dichiarazione d’intenti che simbolicamente “entrava” nella testa dell’attore americano. E via così, sul crinale di una scrittura personale sempre a rischio malinteso, accusata di essere cervellotica perché si occupa del cervello, ed è proprio a partire dalla testa che arriva all’oscillazione del sentimento.
Il meccanismo dell’amore, la medietà della vita e l’impossibilità di fare passi avanti, la paralisi esistenziale che porta allo sdoppiamento, il confronto con il sé e l’avanzare della morte sono i temi prediletti. Una scrittura che, pirandellianamente, riflette costantemente sul senso della rappresentazione, ovvero sulla messa in scena di noi stessi, perché è solo recitando una parte che ci guardiamo allo specchio: come nello spettacolo teatrale Hope Leaves the Theatre del 2005, con traccia autobiografica, dove gli attori in scena recitano le prove dello stesso spettacolo. Come in Synecdoche, New York, esordio alla regia del 2008, dove il regista Caden Cotard allestisce lo spettacolo che lo porta a confrontarsi con l’attore che interpreta se stesso.
Cinema di cortocircuiti, dunque, slittamenti, doppi e specchi che deformano la propria immagine e attraverso la manipolazione portano a riconoscersi. E ancora personaggi che si incartano in spirali dell’assurdo, apprendono rivelazioni dolorose, sono costretti a guardare la sostanza delle loro vite, scoprire verità complesse e indicibili, registrare il fallimento dei sentimenti.
Kaufman con Anomalisa firma il suo primo film in stop motion, insieme a Duke Johnson, trasponendo al cinema il suo stesso spettacolo teatrale. Progetto storico, posticipato per anni e finalmente realizzato, Gran premio della giuria all’ultimo Festival di Venezia (meritava il Leone), candidato all’Oscar come miglior film d’animazione (non vincerà, si preferirà Inside Out).
È la storia di Michael Stone (voce di David Thewlis), famoso oratore motivazionale che arriva a Cincinnati per intervenire in un incontro pubblico. Malgrado lavori sulla psicologia altrui Michael conduce una vita grigia e monotona: privo di stimoli, per lui le voci degli altri hanno tutte lo stesso suono (e nel film sono la stessa voce). È così, all’interno dell’Hotel Fregoli dove alloggia, che Michael tenta un ritorno di fiamma con la sua ex, tristemente fallito. Poi incontra Lisa (voce di Jennifer Jason Leigh), una donna di mezza età, non bella, che si avvicina a lui e dimostra una peculiarità: è l’unica persona con una voce propria. Assegnandole una parlata diversa dalla massa, la messinscena segnala subito la singolarità di Lisa, un’anomalia (secondo la crasi: anomalisa) nella vita media di Michael. Nell’arco di una notte i due danno vita a un breve incontro.
Il registra riscrive il concetto di animazione portandolo sulle coordinate del suo cinema: i volti dei personaggi sono divisi in sezioni, come indossando una maschera, ed è proprio questa maschera che Michael si sfila parzialmente mentre si guarda allo specchio, perché è ancora il nostro riflesso che strappa il velo su noi stessi. Una parte del viso nella sequenza onirica si spacca, Michael sta correndo e si ferma, la raccoglie e la applica di nuovo sul volto: è difficile togliersi la maschera, può accadere per un istante ma poi torniamo a nasconderci. Allo stesso modo avviene l’incontro tra Michael e Lisa: una deviazione, un detour dal binario dell’esistenza che si consuma in una notte, e alla mattina già si affaccia lo spettro della disillusione, la luce illumina i personaggi e ricorda la loro routine.
In questo senso, per Kaufman, Anomalisa è il negativo della sceneggiatura di Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of a Spotless Mind) scritta per Michel Gondry: se il capolavoro del 2005 raccontava l’amore svanito tra due amanti, la necessità di cancellarlo dalla memoria per poi ricominciare in un loop perdente ma infinito, qui non c’è sentimento possibile. Il grigiore costitutivo della vita di Michael, antitesi vivente di un motivatore appassito, ormai non consente una relazione ma solo un one-night stand camuffato da altro per il tempo del suo svolgimento. Poi torna la maschera. Ma in realtà dov’è l’autentico sé, nell’anomalia o nella vita ordinaria? Quando il protagonista indossa davvero una maschera non è dato sapere, forse perfino in tutti i casi (è più vero con la sua famiglia o con Lisa? È falso con entrambi?), il dubbio non si scioglie e innesca una vertigine che resta irrisolta.
Il cineasta non si limita però ai simbolismi della costruzione visiva, ma manovra anche la lettura della storia al primo grado, trovando momenti struggenti e spiazzanti: in tal senso va inquadrato l’amplesso della coppia matura, naturalmente, ma soprattutto la scena di Michael che esce dalla doccia mostrando il corpo imbolsito in nudo integrale. L’anomalia lavora anche sulla forma dell’animazione tradizionale, deforma il corpo del genere proponendo un’ipotesi alternativa. Ma la stessa anomalia è sempre illusione: come Lisa che canta Girls Just Want to Have Fun e Michael che si commuove davanti al brano dance, così è il grottesco e il paradosso della vita media, dove gli incontri finiscono all’alba.
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