Guido Chiesa “dalla parte” dell’orco, ma in cerca del bene

Mentre Lenny Abrahamson con “Room” ci porta nel bunker dell’orrore dove sono segregati madre e figlio, il regista torinese è al lavoro su “Elisabeth”, il romanzo di Paolo Sortino che racconta lo stesso dramma ispirato dalla cronaca, dal punto di vista del carnefice. Ma c’è anche un altro libro su cui sta lavorando: “Alkamar”, la storia vera di Giuseppe Gullotta, 22 anni di carcere da innocente…

Anxiety

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Della maternità, quella universale e simbolica di Maria, aveva raccontato in Io sono con te, film “difficile”, snobbato ai botteghini. Della paternità, a seguire, ha raccontato in commedia con Belli di papà, che a qualcuno ha fatto storcere il naso, pensando che un autore come Guido Chiesa (Il partigiano Johnny da Fenoglio, Lavorare con lentezza), non dovesse prestarsi a “certe operazioni commerciali”, anche se ben ripagate al box office.

E adesso sullo stesso tema torna a lavorarci, ma da un punto di vista estremo, drammatico. A ribadire che un autore, appunto, può spaziare senza pregiudizi di sorta (“Ormai mi sono liberato da certe ansie”, dice). E lo spunto è un libro: Elisabeth di Paolo Sortino (Einaudi) che, a sua volta ricalca il tema di un altro libro, folgorante, Stanza, letto, armadio, specchio dell’irlandese Emma Donoghue, alla base di Room, il potetente film di Lenny Abrahamson, fresco di Oscar per l’interpretazione di Brie Larson.

Entrambi ispirati all’orrore del “caso Fritzl”, quel drammatico fatto di cronaca accaduto in Austria anni fa: un padre orco che segregò la figlia in un bunker sotto casa, stuprandola e costringendola alla “maternità” per oltre vent’anni. content

“L’aspetto che mi ha colpito nel libro di Sortino – racconta Guido Chiesa – è il tentativo di comprendere la psiche del padre, ossia il carnefice. “Mio padre è l’uomo capace delle cose più mostruose ma anche del più grande amore”, dice Elisabeth. E lo scrittore, infatti, racconta tutti e 24 gli anni del sequestro della figlia, violentata e messa incinta dal padre per sette volte, come in una sorta di tragedia greca. Come Cronos che mangia i suoi figli e poi li libera”.

La liberazione, infatti, avverrà in seguito all’ultimo parto, quando l’orco non potrà evitare – come invece è accaduto per gli altri sei figli-nipoti – di far arrivare Elisabeth in ospedale. “Quest’uomo che è arrivato persino ad ottenere l’affido di tre dei bambini, lasciando gli altri segregati nel bunker con la figlia-madre, alla nascita degli ultimi subirà una trasformazione, nonostante la sua follia, nonostante l’orrore. Alla fine è come se Elisabeth usasse il potere della vita contro di lui. La vita è più potente di qualunque cosa, anche del bunker, anche del padre-orco”. Ne è convinto Guido Chiesa, convinto del “messaggio cristiano” per cui “in ogni essere umano c’è qualcosa di buono, anche nei più efferati criminali, perché l’essere originario è innocente. Si può andare a ritrovare questa innocenza?”.

Questa la spinta verso Elisabeth che sarà prodotto da Vivo Film, Colorado e la francese Méroé. Una storia di paternità estrema, dunque, “al negativo”, conclude Guido Chiesa, in cui si cela quel sentimento comune  “di totale controllo e possesso dell’essere genitori, ma soprattutto dei padri, da cui neanche io che di figli ne ho tre mi sento estraneo. In Io sono con te ho affrontatato il femminile positivo, qui invece cerco di analizzare il maschile negativo, il potere e l’annichilimento totale di un uomo nell’inseguire un progetto di possesso assoluto”. Ma che sarà sconfitto dal bene.

Perché raccontare il Bene, ma “senza buonismi” è oggi una sorta di sfida per Guido Chiesa. Tanto che, contemporaneamente, è anche al lavoro su uno dei più incredibili casi di persecuzione giudiziaria dei nostri anni recenti. Quello di Giuseppe Gullotta, muratore di Alcamo, in provincia di Trapani, condannato a una vita in carcere da innocente. La sua storia l’ha raccontata in un libro, Alkamar scritto con Nicola Biondo per Chiarelettere (guarda il video) e  opzionato dalla Magda Film di Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini, “storici” pruttori di Guido Chiesa (Le pere di Adamo, Io sono con te).

alkamar-199x300“Ho sentito la storia di Gullotta, tempo fa alla radio – dice il regista – e sentirgli dire che dopo 22 anni di carcere, torture e ogni genere di dolore è riuscito a vincere la rabbia e a perdonare, ho capito che volevo assolutamente raccontarla”.

Una storia così pazzesca che sembra un film, infatti. Un film di denuncia, si direbbe. Che affonda le sue radici nel clima avvelenato degli anni di piombo, della strategia della tensione. La strage di Alcamo Marina nel ’76: due carabinieri vengono uccisi. “È il momento in cui il generale Dalla Chiesa – prosegue il regista – è convinto che le Br siano sbarcate in Sicilia… Si segue la pista rossa. Un anarchico informatore dei carabinieri, fa i nomi di tre coetanei tra cui quello di Gullotta. Giuseppe ha appena diciotto anni, viene arrestato e sotto tortura gli viene estorta una confessione”.

Da lì comincerà una via crucis, lunga 36 anni, fatta di processi (sette addirittura), “suicidi” in carcere (lo “spione” è trovato impiccato), giornalisti sui libri paga dei carabinieri, fughe (gli altri due ragazzi arrestati con Gullotta scappano in Brasile), depistaggi e condanne all’ergastolo, fino all’assoluzione piena nel 2012 e una richiesta di risarcimento di 56 milioni di euro.

“Ecco – conclude Guido Chiesa – racconterò di questo uomo che, nonostante abbia toccato il fondo del dolore, è riuscito a risalire, trovando in sè la forza di perdonare. Un film sul bene, insomma, ma non buonista”.