Bentornata Agatha Christie. Con Glenn Close magnifica matriarca

In sala dal 31 ottobre (per Videa) “Mistero a Crooked House” il romanzo preferito della stessa Agatha Christie, ma meno popolare dei suoi gialli con i baffi di Poirot e i cappellini di Miss Marple. Con Glenn Close nei panni della matriarca e la regia del francese Gilles Paquet-Brenner, il film è molto raffinato, come un fumetto d’autore e più che il formato di un hard boiled ha quello di un “pop-boiled”. Da vedere…

Il ritorno al cinema di Agatha Christie con Mistero a Crooked House – a cui farà presto seguito sul grande schermo una nuova versione di Assassinio sull’Orient Express – non sorprende: rientra nel gran rispolvero di storie ambientate nell’Inghilterra tra fine Ottocento e Novecento (nei cartelloni di queste settimane figurano ben altri due film in costume, Victoria e Abdul e Il palazzo del Vicerè).

È un’irresistibile nostalgia per ironie all’arsenico e vecchi merletti vittoriani che attira il pubblico e a cui cinema e tv si affrettano a rispondere, tra saghe di famiglie stemmate e Sherlock in tutte le salse. Persino Ishiguro, autore di Quel che resta del giorno (nel 1993 tradotto in indimenticabile film da Ivory), potrebbe dover qualche ringraziamento, per il Nobel appena ricevuto, alla moda del tempo che fu…

Detto questo, fa piacere ritrovare i raffinati ritratti psicologici della Christie, assenti dagli schermi per diversi anni. E in particolare il romanzo, da lei preferito, ma meno popolare dei suoi gialli con i baffi di Poirot e i cappellini di Miss Marple.

Mistero a Crooked House è un giallo claustrofobico, tutto in famiglia. Quella assai ricca dei Leonides, costretti a una convivenza avvelenata dal vecchio patriarca Aristides, il quale muore all’improvviso in circostanze sospette. Per questo, la nipote Sophia affida a un giovane detective, Charles Hayward, l’incarico di svolgere una delicata indagine all’interno della magione, confidando nella complicità dei loro trascorsi amorosi.

Il resto è galleria di personaggi, dalla giuliva e giovane seconda moglie di Aristides, allo scapestrato primogenito che ha dilapidato la sua dote, mentre la moglie affoga nell’alcol i suoi sogni di attrice. Dall’incapace figlio cadetto alla nuora tutta chimica e cervello, mentre sullo sfondo scorrono il precettore, l’adolescente problematico e la tata. Aprono e chiudono la sfilata, l’occhiuta matriarca (un’affilata Glenn Close), e la bimba col pallino delle investigazioni (l’azzeccata Honor Kneafsey), figure chiave dell’intero giallo.

La regia del francese Gilles Paquet-Brenner procede con un gioco di riprese dal basso e strisciate come un fumetto d’autore, servita nei dettagli da Julian Fellowes, già sceneggiatore di saghe inglesi, di cui tradisce le impronte (vedi l’aristocratica in cui Glenn Close sta a Crooked House come Maggie Smith sta a Downton Abbey).

Ne viene fuori un film molto ricercato, quasi oleografico nel suo sforzo di rendere al massimo atmosfere e personaggi. Fedele alla trama – implacabili congegni ad orologeria sono quelle di Agatha Christie – e limitandosi a spostare l’azione dalla fine degli anni Quaranta ai ruggenti anni Cinquanta, per togliere qualche rigidità e dare respiro a una delle intuizioni più riuscite del film: le zone della magione arredate diversamente, in una sorta di visionaria mappatura delle psicologie dei personaggi. Facendo assumere a Crooked House, più che il formato di un hard boiled, quello di un pop-boiled.

In tono sommesso la coppia protagonista – la patinata Sophia di Stefanie Martini e il malinconico detective di Max Irons –, messi da parte da un colpo di sopracciglia di Glenn Close. Con Kenneth Branagh in arrivo sull’Orient Express, si annuncia una dura concorrenza.