“Cocaine”, nelle periferie-ghetto di Detroit anni ’80. La guerra (alla droga) di Reagan
In sala dal 7 marzo (per Warner Bros Italia), “Cocaine – La vera storia di White Boy Rick”, prima incursione a Holywood del francese Yann Demange. La storia vera di Richard Wershe Jr, il più giovane informatore nella storia dell’Fbi e spacciatore a sua volta, poi condannato a trent’anni di galera. Un teso noir metropolitano dove tra i protagonisti figura la Detroit post-industriale anni ’80, con le sue periferie-ghetto vittime del degrado e dell’abbandono, al centro della “War on Drugs” lanciata dall’amministrazione Reagan …
Siamo a Detroit a metà degli anni ’80, periodo in cui i coniugi Reagan avevano lanciato la guerra alla droga. Nella periferia-ghetto della città degradata pur sopravvivendo alcune fabbriche, la fase post-industriale ha trasformato i rapporti tra classi sociali imponendo il passaggio da un settore secondario (l’industria appunto) a quello dei servizi. Di conseguenza anche i luoghi urbani subiscono un cambiamento e mostrano desolazione e abbandono.
La storia, ricostruzione di un fatto vero, narra quattro anni di vita di Richard Wershe jr., che a 14 anni diventa il più giovane informatore dell’ FBI, infiltrandosi in una gang afroamericana di narcotrafficanti, poi scaricato a 17 e diventato lui stesso un trafficante di cocaina. Manovrato dal Bureau in quei primi anni di War on Drugs, viene condannato all’ergastolo (pena eccessiva per quel crimine) e poi messo in libertà vigilata dopo trent’anni di prigione.
La storia di Rick è analoga a quella di Barry Seal o Jordan Belfort, tutti collaboratori dell’ FBI che hanno pagato in prima persona e di cui il cinema si è già occupato (Barry Seal – Una storia americana di Doug Liman del 2017 e The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese del 2013).
A cavallo tra legalità e crimine Richard Wershe senior – un piccolo trafficante d’armi con il desiderio di aprire una videoteca tutta sua – vive con i figli Rick e Dawn e i vecchi genitori nella casa di fronte. Abbandonato dalla moglie anni prima e con la figlia tossicomane che scapperà di casa anche lei, Richard si arrabatta a costruire (illegalmente) silenziatori per fucili che compra e vende (legalmente) a basso prezzo.
Nelle fiere e nei quartieri degradati di Detroit ha il suo mercato e riesce a essere tollerato sia dai narcotrafficanti sia dai poliziotti, ragion per cui rimane a vivere ancora lì. Rick non ha voglia di andare a scuola, ogni tanto dà una mano al padre, e vive nel quartiere insieme a tanti altri ragazzini che crescono sul confine tra illegalità sistematica e l’American dream reaganiano.
Il film può essere considerato un noir metropolitano girato con la macchina da presa che si muove incessantemente, dove quello che realmente accade è marginale rispetto alla descrizione dell’ambiente, ai rapporti interpersonali dei personaggi e alle loro emozioni, spesso discordi.
Il regista francese Yann Demange in questo suo esordio hollywoodiano, dopo il tesissimo ’71 per le vie di Belfast, sceglie di evidenziare la contiguità tra spacciatori, polizia e FBI, rendendo di difficile comprendere chi siano i buoni e chi i cattivi.
Richard Wershe senior, il vero cuore della storia, per essere uno che vive in una situazione di marginalità si esprime inspiegabilmente bene, anche attraverso l’uso di metafore colte, tipo: “ho trovato il vello d’oro”. È interpretato magistralmente da Matthew McConaughey che, abbandonato da anni il ruolo di bellone sex symbol, si è specializzato in quelli sempre più impegnativi e acclamati dalla critica (la sua interpretazione di Ron Woodroof in Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée gli è valsa l’Oscar nel 2014), mentre per il ruolo del figlio Rick è stato scelto l’esordiente Richie Merrit, non particolarmente ricco di espressioni.
I protagonisti del film, in fondo, sono descritti come vittime di un sistema sociale. Ma il vero protagonista è il contesto urbano, dove è stato molto importante il ruolo svolto dalle industrie automobilistiche a metà del secolo scorso: Ford Motor Company, Dodge Brothers, Chrysler Corporation.
Molte sono le vedute della città che il regista offre agli spettatori con una accurata fotografia. Ma vediamo insieme qualche dato su Detroit, la città in Michigan sul fiume omonimo, nella regione dei grandi laghi al confine con il Canada. Fin dalla Seconda guerra mondiale, il trasferimento di operai, prevalentemente neri, verso questa città per lavorare nelle industrie belliche, farà sì che molti bianchi la lasceranno via via sul finire dei ’60.
Nell’arco di dieci anni molti edifici della zona sud-est, infatti, vengono abbandonati, rimanendo per anni in stato di degrado (Michael Moore, del resto, l’ha raccontato splendidamente nel suo Roger & Me dell’89). Basti pensare che oggi Detroit ha quasi 700.000 abitanti, meno della metà che aveva negli anni ’50. Inoltre nel 1973 viene eletto Coleman Young, il primo sindaco nero, che restò per cinque mandati, dal ’74 al ’94.
Infatti, ciò che è particolare in Cocaine – La vera storia di White Boy Rick, a differenza dei film recenti ambientati in epoche precedenti, è la convivenza “alla pari” tra bianchi e neri. Rick ama e viene sedotto da ragazze nere, Richard diventa il nonno di una bimba mulatta, poliziotti e delinquenti sono entrambi misti. Solo uno dei drug dealers, parlando con Rick, afferma che le pene giudiziarie sono diverse a seconda del colore della pelle. Ma questa è un’altra storia.
Ghisi Grütter
Architetto e Professore Associato di "Disegno", fa parte del Dipartimento di
Architettura dell'Università Roma Tre. Autrice di numerosi libri e saggi, tiene la rubrica "Disegno e immagine" nella rivista on line
"Ticonzero" e scrive nella sezione micro-critiche di "DeA Donne e Altri".
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