Confessioni di un figlio del Bronx (di Scampia)
Ma anche denuncia della violenza di Stato. È “Non mi avrete mai” (Einaudi, 2013), il folgorante esordio nella letteratura di Gaetano Di Vaio, oggi affermato produttore indipendente, regista e attore, ieri ragazzo di strada e spacciatore, con tanti anni di galera sulle spalle. Il libro uscito nel 2013 sta per diventare un film, per la regia di Beppe Gaudino. Qui la recensione pubblicata allora su l’Unità…
«Mi hanno fatto entrare nella stanza 0. Nun te movere a ccà, aspiettem, ha detto mentre usciva per andare a prendere le gocce. Mi guardo intorno. Appoggiata al muro c’è una mazza di legno. Mi avvicino e leggo quello che c’è scritto sopra: metadone. Dall’altra parte c’è scritto valium. Si tu ca tien’a rota? Mi giro e mi arriva un cazzotto alla bocca dello stomaco, secco, diretto, mi piego in due, mi manca il respiro. Sulla porta c’è Swarzenneger che ridacchia. Quello che mi ha colpito indossa un paio di guanti da lavoro e una mimetica. Ancora non lo so, ma si chiama Maresca, detto Tic-Tac. T’è passata ‘a rota? mi sfotte inferocito. Con un calcio alla coscia mi fa accasciare a terra. Swarzenneger piglia la mazza appoggiata al muro…».
Poggioreale, padiglione Palermo. Dopo il pestaggio dei poliziotti il «tossico» viene risbattutto in cella. Mazzate su mazzate semplicemente per spiegare che «e ccà dint’ a cummannamm’ nuje». Qua dentro comandiamo noi. Ci mette ore prima di riprendersi. Ma poi si rialza.
Quante volte si è «rialzato» Gaetano Di Vaio. Anzi, quante volte è riuscito a «non piegarsi». Appena bambino dentro al collegio per «bambini poveri». Anche lì c’era una «stanza 0» dove le botte erano sempre per lo stesso motivo: far capire chi comanda. Poi appena adolescente, per i vicoli di Scampia, i primi furti, le prime rapine ma sempre «contro» il Sistema, come qui chiamano la Camorra.
Poi ancora il carcere minorile, San Patrignano e di nuovo Poggioreale. Sempre pronto a rialzarsi dopo le mazzate della «stanza 0». Fino a diventare produttore, attore, regista ed ora scrittore. Non mi avrete mai (pagine 334, euro 9,99, Einaudi Stile Libero) scritto a quattro mani col regista Guido Lombardi, lo stesso di Là-bas vincitore a Venezia e Take Five, è il suo esordio nella letteratura.
E come per il suo cinema, quello della sua casa di produzione «Figli del Bronx» per la quale è passato anche Abel Ferrara, è un bel pugno nello stomaco. Di quelli, però, che non ti lasciano a terra stonato. Ma piuttosto ti aprono gli occhi, disperatamente, su quelle realtà per niente rassicuranti che la cronaca anestetizza e rende folklore.
O che magari, di volta in volta, qualcuno, da fuori, prova a raccontare trasformandosi nel «guru» della denuncia. Gaetano Di Vaio in quel mondo lì c’è nato e cresciuto. E nel suo libro lo racconta da protagonista, mixando ironia e dramma, mescolando l’italiano dell’autodidatta al dialetto napoletano. La lingua di Piscinola, Marianella, Scampia, i tanti «Bronx» di Napoli dove è avvenuta la sua «educazione criminale».
Certo, ti dice lui stesso, qualcosa è romanzato ma le storie, i personaggi, le violenze fatte e subite sono tutti veri. La storia di Stelletella, insomma, coincide con quella di Gaetano. Sei fratelli, la vita in un basso napoletano, uno zio così comunista «che passava solo col rosso», la nonna ottantenne, due genitori presenti nonostante tutto e, soprattutto, la fame. Provata fin da piccolissimo.
Tanto da «accettare» il collegio in cambio della promessa dei pasti assicurati. Poteva anche andare diversamente. «Mica tutti i poveri sono delinquenti». Ma per Stelletella-Gaetano, svelto di testa e d’azione, difficilmente sarebbe potuto essere diverso. Così cominciano i primi furti, poi spunta la pistola, la prima rapina a mano armata, l’eroina e lo spaccio nella Scampia degli Ottanta che si trasforma nel mercato di stupefacenti più grande d’Europa. Ma sempre da cane sciolto, riuscendo a non affiliarsi al Sistema e a non pestare i piedi ai «falchi», i poliziotti corrotti coinvolti nel traffico di eroina.
Nel frattempo Stelletella trova anche spazio per l’amore: a diciotto anni è già sposato con un figlio in arrivo. La sua vita, però, non cambia. Infatti ce la racconta da quel padiglione Palermo nell’inferno di Poggioreale, dove si sta in 15 in una cella e dove incontrerà Siddartha, la sua prima lettura.
È attraverso continui flashback tra passato e presente in perfetto stile cinematografico che assistiamo, col fiato sospeso, al procedere della storia. Mentre la violenza delle istituzioni totali, come Gaetano definisce dal collegio al carcere, fanno da filo rosso al racconto. Nella consapevolezza del protagonista che «non esistono poteri buoni». Neanche per noi che siamo da quest’altra parte. Ma che potremmo finire nostro malgrado in una «stanza 0», come è capitato agli Uva, Aldrovandi o Cucchi.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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