“Frammenti di 900 degli amici di Citto”: mosaico di ricordi per raccontare i 90 anni di un ragazzo
Da Luciana Castellina a Giovanni Russo Spena, da Bruno Torri ad Aldo Tortorella, da Francesca Comencini a Furio Colombo e tanti altri, registi, scrittori, intellettuali hanno raccontato il “loro” Citto Maselli nel corso della maratona (organizzata da Anac e Bookciak Magazine) in onda il 9 dicembre sulla nuova piattaforma, Anackino, per festeggiare i 90 anni del grande autore. Frammenti di un mosaico grande una vita che lo stesso Maselli ha concluso nel ricordo di Monicelli (e Marx): “mi auguro che ci sia un futuro con una società migliore, dove non ci sia più lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Questa è la sostanza del discorso”. Ancora auguri, compagno Citto …
Citto Maselli ha racchiuso un secolo nelle immagini dei suoi film. In Frammenti di 900 degli amici di Citto – momento di dialogo durante la maratona organizzata (dall’Anac e da Bookciak Magazine) per i suoi novant’anni –, sono stati invece i colleghi e i compagni di una vita a restituirne un ritratto, attraverso un variegato mosaico di ricordi e testimonianze, che concordano però nell’intrecciare indissolubilmente il coerente impegno politico di questo regista alla sua straordinaria umanità e libertà artistica.
A iniziare il lungo racconto è la giornalista e politica Luciana Castellina, che parla dell’incontro con Maselli come dell’“inizio della costruzione di ciò che è diventata”: a soli quattordici anni, Citto è stato il “primo comunista” da lei conosciuto, al Circolo culturale del Liceo Classico Tasso di Roma, nel 1945, a neanche un mese dalla Liberazione. Per Castellina, il regista è stato un “precettore”, non solo dal punto di vista politico, ma anche cinematografico: i suoi insegnamenti le sono tornati preziosi specialmente quando ha dovuto rivestire la carica di presidente della Commissione Cultura al Parlamento Europeo.
In prima linea sin da giovanissimo, nell’organizzazione del dissenso degli studenti delle scuole medie durante l’occupazione tedesca di Roma nel ’43, Citto Maselli si schiera nel ’91 tra le fila di Rifondazione Comunista, non appena fondata. Il segretario Maurizio Acerbo lo descrive come un esempio di “rigore e umiltà”, mentre a Giovanni Russo Spena piace ricordarlo come un “intellettuale organico gramsciano”, che – come nelle ultime sequenze del suo Le ombre rosse (2009) –, ha compreso la necessità di rifondare “i luoghi, gli spazi, i soggetti”, e di combattere qualunque battaglia politica sempre anche sul piano simbolico e culturale.
“La cultura è il fine, il cinema è il mezzo”: così il critico Bruno Torri parafrasa il pensiero marxiano, riconoscendo a Citto un’assoluta coerenza nella sua produzione – al costo di film meno riusciti -, dettata dal suo attribuire un’importanza fondamentale alla ricerca e alla passione civile. Un obiettivo, la libertà di espressione, per il quale Maselli milita anche nell’ANAC e nella FERA, accanto al parlamentare europeo Roberto Barzanti, lottando perché il cinema non sia considerato “un oggetto del mercato” alla stregua di qualunque altra merce, ma sia protetto da “regole speciali”, che favoriscano la diffusione dei prodotti a livello globale e ne preservino al tempo stesso il valore e la specificità culturale.
Ed è proprio tra il fumo delle molte sigarette di un’assemblea dell’ANAC nel ’72 a Venezia – per contestare la Mostra in favore delle “Giornate del cinema italiano” -, che l’allora giovane regista Nino Russo conosce Citto, unico a notare la sua timida mano alzata, durante un dibattito tra grandissimi autori come Ettore Scola, Cesare Zavattini e Nanni Loy.
Per quanto, come ricorda il politico e partigiano Aldo Tortorella, Citto non ami essere definito un “maestro”, senza dubbio lo è stato, letteralmente, per Costanza Quatriglio, proprio al Centro Sperimentale di Cinematografia, lei che oggi è direttrice della sede di Palermo: unica ragazza in una classe maschile, lo ricorda come un grande “compagno di ascolto”, totalmente privo di paternalismo.
Ed un’esperienza fondamentale è stata per molti registi della “nuova generazione” quella del film collettivo Un mondo diverso è possibile (2001), realizzato durante il G8 di Genova. Francesca Comencini ripensa alla “tenerezza” dimostrata da Maselli nei confronti di ognuno, in contrasto con la smisurata violenza di quelle giornate, e al “rigore” con il quale la sua poetica veniva perseguita: “un’opera di testimonianza politica la si deve fare con gli strumenti e con la logica del cinema, è questo che fa la differenza nella narrazione”.
Se Wilma Labate considera un “privilegio” avere avuto la possibilità di lavorare insieme al film su Genova, e l’aver scoperto il suo particolare “rapporto con il montaggio”, Daniele Vicari racconta le divergenze politiche e il senso di “inadeguatezza” che l’hanno indotto a non partecipare al progetto. Il regista – definito dallo stesso Maselli “suo erede” – riconosce però quanto questa occasione mancata lo abbia in seguito spinto a provare “a dire la sua” sui fatti del 2001, girando Diaz – Don’t Clean Up This Blood (2012).
Sono in molti a rievocare la “casa piena di oggetti”, in cui Citto e la compagna di una vita Stefania Brai hanno accolto nel tempo tanti e tanti amici e compagni, per serate tra risate e discussioni politiche. Il presidente de La Biennale di Venezia, Roberto Cicutto ripensa allo sguardo commovente di Valeria Golino nel finale di Storia d’amore (1986) come a un’immagine perfetta per descrivere l’inscindibilità del lato umano e di quello politico nella figura di Maselli.
Lo scrittore e giornalista Furio Colombo, racconta del carattere ospitale di Citto sin dai tempi del ’68: amici e compagni erano soliti riunirsi sulla sua terrazza per ascoltare alla radio le notizie sulla grande rivolta studentesca scoppiata a Parigi. La grandezza di Maselli sta forse nella profonda comprensione del presente, e nella sua capacità di attingervi in termini di creatività, “anticipando quel che accadrà”, piuttosto che “amplificarne la tetraggine”.
Come ricorda lo scrittore, Citto “preferisce parlare del futuro che del passato”. E anche durante il suo brindisi di compleanno non si è smentito, citando Monicelli e Marx: “mi auguro che ci sia un futuro con una società migliore, dove non ci sia lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Questa è la sostanza del discorso”. Ancora auguri, compagno Citto.
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