Cosa succede dopo la chiusura della fabbrica. Il ritorno de “I lunedì al sole” che lanciò Fernando Leon De Aranoa

Disponibile su MioCinema il 1° maggio nell’ambito della rassegna dedicata ai film sul lavoro, “I lunedì al sole” film rivelazione dello spagnolo Fernando Leon De Aranoa, che nel 2002 diventò un caso. Una storia operaia alla Ken Loach che racconta cosa accade dopo la chiusura della fabbrica. Pubblichiamo la recensione di Gabriella Gallozzi  più l’intervista allo stesso regista, apparsa su l’Unità del 18 marzo 2003 …

In Spagna è diventato un caso. Ha riempito le sale, entusiasmato la critica, ha vinto il festival di San Sebastian e cinque premi Goya. Tanto che è stato scelto per la corsa agli Oscar 2002, surclassando il più «vendibile» Parla con lei di Pedro Almodovar, ma non riuscendo però ad ottenere la nomination.

Una scelta coraggiosa, in questo caso, quella della Spagna, perché candidare all’Oscar un film che parla di operai è decisamente in controtendenza rispetto alla prassi abituale. La disoccupazione, o meglio, gli effetti devastanti che ha la mancanza di lavoro nell’esistenza dell’ individuo, infatti, è il tema centrale di I lunedì al sole, film rivelazione del trentaquattrenne Fernando Leon De Aranoa, uscito nei nostri cinema con Lucky Red.

La storia si svolge nel Nord della Spagna, precisamente a Gijon, dove qualche stagione fa è stato chiuso un importante cantiere navale, a seguito di un’aspra vertenza sindacale, con tanto di occupazione della fabbrica, scontri di piazza e, infine, il licenziamento di tutti gli operai.

Da qui, dallo spunto di cronaca – che il regista era corso a filmare dopo averli visti in tv – prende le mosse il racconto che non guarda al passato, alle lotte di allora, ma bensì all’oggi. Ritroviamo quindi quegli operai a distanza di tre anni dal licenziamento, non più nel loro cantiere navale, ormai messo in vendita per la solita speculazione edilizia, ma all’interno del bar del porto, luogo di ritrovo per chi, senza lavoro, ha giornate troppo vuote da riempire.

Santa – col volto di Javier Bardem – il più attivo e battagliero del gruppo, non si è ancora arreso: parla di solidarietà tra compagni,  unica arma per combattere le leggi del capitalismo, di orgoglio, della necessità di non scendere a compromessi, facendo la parte del provocatore sempre e comunque.

Lino, invece, passa le sue giornate a farecolloqui di lavoro, tingendosi persino i capelli per nascondere i suoi cinquant’anni «fuori mercato». Amador, poi, ha scelto la strada dell’alcol, José quella dell’«attesa»: l’attesa della moglie che fa i turni di notte in una «puzzolentissima» fabbrica di pesce. Mentre Reina ha accettato uno stipendio da fame per fare «l’addetto alla sicurezza» nello
stadio cittadino e Rico ha investito i pochi soldi dell’ «incentivo» per aprire quel bar che da anni ormai fa da scenario alle esistenze dolorose di tutti loro.

Eppure, nonostante tutto, ne I lunedì al sole, si ride. E anche parecchio. Seppure di un riso amaro. Si inserisce, infatti, in quel filone del cinema europeo che – assente l’Italia – ha ritrovato, ultimamente proprio nei temi sociali tutta la sua vitalità. I fratelli Dardenne, Full Monty, ma anche e soprattutto i toni di Robert GuédiguianLa città è tranquilla, Marius et Jeannette – e, ovviamente, Ken Loach, padre di tanto cinema operaista e proletario.

Ne è consapevole lo stesso regista, convinto che questa rinascita di una cinematografia attenta al sociale sia dovuta proprio «alle carenze della sinistra», all’«incapacità della politica» di agire sulla realtà. Lui, del resto, il «discorso politico» dice di averlo voluto tenere in secondo piano. «Quello che mi interessava era quello che produce la disoccupazione. A tre anni dalle battaglie sindacali i nemici degli operai diventano altri: sono il dubbio, la disperazione, la solitudine. Per questo non ci sono riferimenti diretti al sindacato o all’ideologia, non volevo mettere sulle difensive lo spettatore, ma dare spazio a quelle che sono le sofferenze quoti- diane di chi perde il lavoro. Raccontando una storia universale che non apparisse come una critica diretta ad un particolare governo o ad un sindacato».

E l’obiettivo Fernando Leon De Aranoa l’ha raggiunto in pieno. Santa e i suoi compagni potrebbero essere tranquillamente i cassintegrati di Termini Imerese o Arese o ancora, i tanti disoccupati europei che hanno perso il loro lavoro in questo difficile spaccato di inizio millennio.

Peccato, però, che I lunedì al sole, alla fine, abbia mancato per un soffio la nomination tra i cinque candidati all’Oscar per il miglior film straniero. «Certo che mi dispiace per l’esclusione – dice il regista – sarebbe stata un’ottima base per diffondere ulteriormente il film. L’importante, però, è che continui a circolare. Il diciotto aprile uscirà anche negli Stati Uniti. Poi vedremo».

Intanto da noi è stato presentato in anteprima davanti ad un folto pubblico di sindacalisti – presente anche Epifani – e a Roma, sarà in programmazione al Nuovo Sacher di Nanni Moretti che è sempre un buon trampolino di lancio.