Il miracolo di un film senza miracolo. La straodinaria storia de “La porta del cielo” diventa un film

Per anni la Miramax di Harvey Weinstein aveva tentato di realizzare un film  da “La porta del cielo” il celebre memoir di Vittorio De Sica in cui, tra l’altro, racconta l’incredibile storia dell’omonimo film con cui nel ’43 mise in salvo molti ebrei e perseguitati dal nazismo, oltre che sè stesso, altrimenti destinato ai set veneziani della Repubblica di Salò. A realizzarlo sarà la nuova società di produzione 42, quella della fortunata serie Netflix, “SanPa” …

Dopo quasi ottant’anni, La porta del cielo (1944) di Vittorio De Sica trova ancora spalancate le porte del cinema ad accoglierlo. La nuova casa di produzione milanese, 42 (fondata da Gianluca Neri, Nicola Allieta, Marco Tosi, Christine Reinhold e Andrea Romeo) – reduce dal successo su Netflix con la docu-serie SanPa: luci e tenebre di San Patrignano (2020) – annuncia a Variety un lungometraggio sullo storico film che, girato a Roma durante gli ultimi mesi dell’occupazione nazista, si rivelò un vero miracolo per chi vi partecipò (ebrei, partigiani e perseguitati politici) e per il regista stesso, che ne ha in seguito descritto l’avventurosa genesi nel suo omonimo libro di memorie (Avagliano, 2004).

Finanziato dal Vaticano, La porta del cielo racconta il pellegrinaggio di un gruppo di malati al Santuario di Loreto, per chiedere alla Madonna la grazia della guarigione. Ma complice la penna di Zavattini alla sceneggiatura – firmata con Diego Fabbri e Adolfo Franci –, del miracolo, nel film, non c’è traccia. Notoriamente comunista e ateo, lo sceneggiatore accetta infatti con ritrosia di mettere mano in materia di fede, ma il sodalizio con De Sica – già avviato con I bambini ci guardano (1943) –, sarà il consolidamento di un’intesa che porterà alla realizzazione, negli anni successivi, di capolavori del neorealismo come Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948).

È il retroscena del film, tuttavia, ad avere qualcosa di prodigioso e salvifico. Dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, De Sica trova col film un’ardita via di fuga a una proposta di collaborazione con la nascente Repubblica di Salò. Sollecitato dal ministro della Cultura Popolare Mezzasoma a trasferirsi a Venezia per rilanciare – secondo il volere di Goebbels – l’industria cinematografica italiana , il regista riesce a declinare l’offerta: dice di essere già impegnato sul set di un film sovvenzionato dalla Chiesa, tratto da un copione di Piero Bargellini.

La risposta di De Sica è un azzardo. Il regista è infatti a conoscenza del progetto soltanto perché la bella Maria Mercader è stata chiamata come interprete principale: lui, però, non vi ricopre nessun ruolo. È proprio grazie a quella che diventerà la sua seconda moglie, che il giorno successivo al pericoloso incontro con l’autorità fascista, De Sica ottiene la regia di quello che diventerà La porta del cielo.

La bandiera bianca che sventola nei territori vaticani – pensa il regista – è una garanzia contro qualunque intervento nazista: il Santuario della Madonna di Loreto viene così riprodotto nella Basilica di San Paolo fuori le mura. Qui, De Sica prolunga le riprese oltremisura, spesso girando senza pellicola, e tra comparse e tecnici, vi tiene barricate circa ottocento persone per più di sette mesi. La trama è semplice, e di certo non necessita di così tanti personaggi. Molti di loro sono però ebrei, partigiani e perseguitati politici che, grazie alla trovata del regista e di Zavattini, riescono a sottrarsi alle persecuzioni naziste.

Se La porta del cielo non dischiude alla grazia divina, le porte della Basilica si aprono però alla liberazione il 4 giugno ’44, quando le truppe alleate giungono finalmente a Roma: tutti coloro che vi sono rinchiusi possono finalmente uscire alla luce del sole e dirsi salvi.

Si può dire che il cinema neorealista compia effettivamente un prodigio, per quanto non ne lasci segno nella pellicola: il Centro Cattolico Cinematografico, comunque scontento del risultato “poco ortodosso”, si adopera per farla sparire dalla circolazione.

La Miramax di Harvey Weinstein aveva tentato per anni di realizzare un film dal memoir di De Sica, mentre il figlio Christian ha lavorato a lunga sulla sceneggiatura senza successo.

Ora il film prodotto da 42 potrà finalmente riportare alla luce quel piccolo miracolo. Un miracolo capace di sorgere dalla Storia e dalle sue macerie.