La bimba che verrà. Magnificamente Fabrice Luchini, nonno nella memoria del figlio

Al cinema dal 18 gennaio (per Movies Inspired) “La Petite” del regista e scrittore francese Guillaume Nicloux. Punto di partenza è il bel romanzo di femminile sensibilità, “Le berceau” di Fanny Chesnel. La storia: il sempre gigantesco Fabrice Luchini nei panni di un nonno e il suo incontro-scontro con la sconosciuta che porta in grembo suo nipote. Suo figlio e il suo compagno sono morti in un incidente e la ragazza è la mamma surrogata scelta dalla coppia per il figlio desiderato. Un film da “groppo in gola” …

Guardare un film con il proverbiale “groppo in gola” non è cosa frequente, e fa un bene dell’anima. Accade con La Petite di Guillaume Nicloux, che affida gran parte dell’emozione (contenuta, ed è la forza del film) al sempre gigantesco Fabrice Luchini e al suo incontro-scontro con la sconosciuta che porta in grembo suo nipote.

Rita (l’emergente Mara Taquin, notevole) ha accettato per soldi una maternità surrogata, ma i genitori committenti (Emanuel, figlio di Joseph- Luchini e il suo compagno Joaquim) hanno appena perso la vita in un disastro aereo. Ma chi è Rita? Caparbiamente, il solitario ebanista Joseph riesce a scovare qualche lieve indizio frugando nella posta elettronica del figlio. E parte per il Belgio alla sua ricerca.

Nicloux traduce per lo schermo un bel romanzo di femminile sensibilità, Le berceau di Fanny Chesnel, e la culla del titolo è in qualche modo la scintilla che accende il disperato bisogno di Joseph di rintracciare una parte vivente del figlio perduto. All’inizio del racconto sacrifica i suoi pochi risparmi per aggiudicarsi a un’asta una culla di antiquariato che chiaramente non vale quel prezzo. E per rintracciare la madre di questo nipote (ma lo è davvero, tecnicamente e legittimamente?, obiettano i consuoceri e la sua stessa figlia) questo sessantenne taciturno affronta la prima avventura della sua vita.

C’è tutta la delicata problematica legata alla GPA (Gestazione per Altri) sullo sfondo di questa vicenda. In Belgio la GPA è eticamente accettata, ma senza un quadro giuridico. In Francia invece la legge punisce severamente tanto i genitori che la madre surrogata. “Ma quante sono in realtà le persone che vorrebbero beneficiarne? – chiede il regista – . Forse trecento coppie etero o omosessuali? E sotto il pretesto di un eventuale pericolo di commercializzazione dei corpi, queste persone sofferenti si vedono private della possibilità di avere un figlio”. Altro interrogativo: che legame giuridico hanno i nonni con il nascituro se i genitori committenti non sono più in vita?

La fiera Rita, già madre e in serie difficoltà con un pancione che nessuno può più retribuire, non spalancherà le braccia a questo strano nonno in potenza, tutt’altro. Ma questa battaglia (non priva di spunti teneramente comici, come il viaggio di Joseph nelle Fiandre, dove nessuno accetta di parlare francese) aprirà a entrambi nuove ragioni di vita e di affetto.

La Petite non cerca affatto di scandagliare i pro e i contro ideologici sull’ “utero in affitto”. Quel bambino (che poi è una bambina) esiste, e chi lo ha voluto esiste ancora con lui. Luchini, che nella vita nonno non è, tocca tasti incredibili. “Compensa il lato apatico e indifeso del suo personaggio con l’energia della disperazione”, dice Nicloux. In fondo è anche un modo insolito, vitale e senza lacrime e sdolcinature, per raccontare l’elaborazione attiva di un lutto. Il supporto della fotografia di Yves Cape e delle musiche di Ludovico Einaudi è un considerevole contributo al “groppo in gola”.

Fonte HuffPost