La favola del fachiro “migrante”. Per ridere col cinema globalizzato

In sala dal 4 giugno (per Notorious Pictures), “L’incredibile viaggio del fachiro” del canadese Ken Scott, alle prese con  l’adattamento del (quasi omonimo) romanzo umoristico di Romain Puèrtolas (Einaudi). Nell’Europa attraversata dai biblici flussi migratori del nostro presente, un ragazzo indiano fachiro e ladruncolo, cerca il padre ma trova l’amore. Una favola esile esile di buoni sentimenti sul mondo globalizzato …

Ricordate quando Massimo Troisi diceva, “sono napoletano ma non emigrante”? Beh è quello che accade più o meno ad Aja, ragazzo indiano di professione illusionista, mago e fachiro (leggi pure ladruncolo e piccolo truffatore) che da Mumbai vola a Parigi in cerca di un papà francese mai conosciuto, e invece trova l’amore nel luogo dei suoi sogni: il magazzino dell’Ikea.

Ma siccome nulla è facile, neanche per un fachiro, ecco che Aja in uno di quei begli armadi, di cui conosce a memoria ogni nome fin da bambino, ci si troverà “incastrato” e “deportato” a bordo di uno dei tanti camion di clandestini che attraversano l’Europa.

Da “turista” a sans papier il passo è brevissimo (il passaporto gli viene distrutto da un poliziotto carogna), soprattutto per chi viene da certe latitudini. Quello che accadrà in seguito al giovane Aja, però, non sarà una drammatica storia di emigrazione. Bensì una favola a lieto fine, condita da molto “incredibile”, come recita il titolo di questa scoppiettante coproduzione Europa-India, pensata per il mondo globalizzato come il marchio Ikea e sulla scorta del successo planetario di The Millionaire.

Ma soprattutto, basata sulle fortune di un libro. O forse due: L’incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea (Einaudi), bestseller da 300mila copie vendute in Francia, dell’esordiente francospagnolo Romain Puèrtolas, di cui il film di Ken Scott è l’adattamento dichiarato. E più alla lontana quel Giro del mondo in 80 giorni, classico della letteratura fantastica di Jules Verne, qui citatissimo con tanto di omaggio in mongolfiera.

A bordo di ogni mezzo, infatti, viaggia il nostro protagonista – Dhanush, bel volto di Bollywood, cantante e attore di successo – pur di tornare a Parigi dalla sua amata (Erin Moriarty). Mentre mille disavventure (e un brutto karma) lo trascinano in giro per mezza Europa. Quella attraversata dai biblici flussi dei migranti. Ma pure – e soprattutto – quella patinata e spensierata delle dive capricciose, come Bérénice Bejo nel cui baule Aja scopre le sue doti di scrittore. E pure la solita Roma da cartolina, in cui naufragano tutti i registi stranieri (vedi la scena davanti alla Fontana di Trevi, sigh).

Insomma, se vi aspettate l’ironia strampalata del romanzo di Puèrtolas (che firma pure la sceneggiatura), scordatevela. Stavolta Ken Scott, professionista di umorismo al cinema (Starbuk, Affare Fatto) come in tv (Le Plateau), non riesce ad andare oltre alla favoletta infarcita di buoni sentimenti, un pizzico di verve e un susseguirsi di contrattempi che, più che il sorriso, strappano sbadigli.

Al regista, infatti, interessa soprattutto la storia d’amore e la morale edificante che porterà il protagonista a tornare in patria per salvare i bambini di strada con la scuola. Se avesse osato di più puntando alla favola ironica sull’immigrazione avrebbe fatto centro. Ma del resto non tutti sanno fare miracoli come Kaurismaki.