La rivincita del suono. Nel cinema (anche italiano) tra creazione e montaggio
“La novità del suono e ‘l grande lume”, scriveva Dante. Prendiamo in prestito questo verso del Paradiso per raccontare il rapporto fondamentale (troppo spesso ignorato) tra il grande lume cinematografico e il suono, da sempre suo fidato compagno di viaggio, eppure ancora non così valorizzato in Italia. Anche se i David ne hanno finalmente riconosciuta l’importanza nella sua globalità. Come ci racconta Giuseppe D’Amato dell’AITS, l’ Associazione Italiana Tecnici del Suono …
Qualche tempo fa era diventato virale un video che mostrava due rumoristi al lavoro. Per molti, soprattutto fra i più giovani, era stata una vera e propria scoperta: persino i suoni, nel cinema, non hanno nulla di reale ma sono frutto di un minuzioso lavoro di ricostruzione.
Eppure il mestiere del rumorista, nonostante il suo grande fascino, sta rapidamente scomparendo, le nuove tecnologie lo hanno reso obsoleto. Ora registrare un suono e averlo sempre a disposizione è questione di attimi. Esistono già grandi librerie online, tra cui quella della BBC completamente pubblica, che offrono i suoni più disparati.
Non si è tuttavia perso lo spirito di attenzione ai dettagli che un buon rumorista doveva avere e che ora contraddistingue il lavoro dei creatori del suono, i nuovi rumoristi, ossia chi i suoni li registra.
Vagando nella già citata libreria online della BBC ci si ritrova di fronte ad un database sterminato, catalogato con una precisione spaventosa. Per fare un esempio che renda l’idea, è possibile scaricare sul proprio computer quattro minuti e mezzo di giungla sudamericana al mattino, da non confondere col suono dello stesso luogo al pomeriggio, alla sera o con una diversa condizione atmosferica. Tutto incide su un suono e se è vero che si sta perdendo l’antica e nobile arte di “inventare” i rumori, è vero anche che si sta consolidando una altrettanto lodevole arte di “scoprirli”.
È innegabile che il cinema sia considerato un’arte prettamente visuale, in cui la sfera uditiva sembrerebbe occupare una zona marginale, utile appena a rafforzare la verosimiglianza di quanto viene proiettato sullo schermo. Se però si percorre a ritroso la storia della settima arte non si può fare a meno di notare che si è sempre appoggiata alla componente sonora: già negli anni del muto era imprescindibile la presenza dal vivo di un pianoforte che accompagnasse le immagini sottolineandone gli avvenimenti.
È stato il sonoro la prima grande rivoluzione per il cinematografo ed ancora oggi il suono stereofonico in sala permette una fruizione a trecentosessanta gradi che le immagini non sono ancora in grado di raggiungere, con buona pace del 3D.
Ma quanto incide davvero il suono nel film? Non si tratta solo di colonna sonora (un nome improprio peraltro, perché la colonna sonora delle pellicole comprendeva non solo la traccia audio delle musiche, ma anche quella degli effetti e dei dialoghi), sebbene sia per tutti l’esempio più lampante di protagonismo del suono in un film. Basterebbe mostrare appena alcuni minuti di un qualsiasi film horror o thriller senza rumori creati e missati ad hoc per capire quanto anche gli effetti indirizzino la nostra interpretazione dell’immagine.
Persino il nostro immaginario deve tantissimo al suono cinematografico. Se oggi ognuno di noi è in grado di identificare con precisione il suono di due spade laser che si scontrano, un qualcosa che con ogni probabilità non sentiremo mai dal vero, lo si deve ai sound designer che assemblarono i suoni esistenti per crearne dal nulla uno immaginario. Nello specifico, quel suono futuristico e bellicoso altro non è che il mix di un vecchio proiettore e l’interferenza di un microfono con un televisore.
E in questo senso qualcosa, finalmente, sta cambiando anche da noi. Questo, infatti, sarà il quinto anno che l’Accademia dei David di Donatello assegnerà il premio al miglior suono. Un ulteriore passo avanti rispetto al solo David al miglior fonico di presa diretta da cui si era partiti nel 1988 che non teneva conto dell’intero comparto (microfonista, montaggio, crazione suoni, mix) necessario alla complessa lavorazione del suono che prosegue anche fuori dal set.
Eppure, ci spiega Giuseppe D’Amato dell’AITS (Associazione Italiana Tecnici del Suono), candidato per il montaggio del suono nel film di Igort, 5 è il numero perfetto, “L’istituzione del premio a suo tempo è stata comunque rivoluzionaria: ha valorizzato e riconosciuto il lavoro di una figura, quella del fonico di presa diretta, arrivata con ritardo in Italia”.
Da lì è partito il cambiamento. “Da quel momento in poi – prosegue – la considerazione del suono è andata sempre crescendo ed ora esiste un percorso di lavorazione ad alto livello”. Il problema nel nostro paese è un altro, “il premio è solo il punto di partenza per rendere visibili le tante professioni del sonoro e offrire una consapevolezza più alta e chiara su cosa possa essere un bel suono concepito per un prodotto cineaudiovisivo”.
Di questo e altro si è parlato il 29 febbraio alla Casa del Cinema di Roma nell’ambito di una master class con i cinque candidati al suono dei David 2020, un altro passo importante per far conoscere il lavoro dietro il suono di un film. Conclude D’Amato: “Resta una battaglia sindacale con le produzioni per farsi riconoscere un adeguato compenso ed un giusto tempo per poter lavorare correttamente la materia sonora. Ma è una questione che appartiene ancora al problema culturale, paradossale in un paese che ha dato i natali al Belcanto”.
Insomma, c’è ancora strada da fare per il suono e per chi lo crea: fonici, missatori, sound designers, compositori e rumoristi. Le pellicole portavano con sé, in disparte, sulla sinistra, quella striscia di onde che senza che il pubblico se ne accorgesse dava senso e vigore a tutti gli altri millimetri di celluloide. Oggi, che la pellicola è un oggetto sorpassato, il suono continua a sostenere le immagini proiettate, sempre in disparte, ma sempre essenziale. Con la speranza che finalmente anche immagini e pubblico possano iniziare a comprenderne il valore.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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