Lacci e lacciuoli dell’amore. Il libro di Starnone (per la regia di Luchetti) che apre Venezia 77
Atteso a Venezia 77 come film d’apertura, “Lacci” di Daniele Luchetti, adattamento del fortunato romanzo di Domenico Starnone (che ne firma la sceneggiatura col regista e Francesco Piccolo). Il libro è un riuscitissimo e breve giallo sui sentimenti, l’amore e soprattutto i suoi derivati tossici. Scritto da punti di vista diversi e con grandi salti temporali riesce a tenere il lettore incollato e a sorprenderlo per bene. La storia è quella di una famiglia, raccontata prima dalla moglie, poi dal marito, infine dai figli. Con inevitabile separazione al centro …
Pensate alla quantità di modi di dire sui lacci: “Partire con le scarpe slacciate”, cioè iniziare qualcosa impreparati “laccio d’amore”, è un noto uguale al Savoia usato dalla massoneria per indicare l’unione tra i fratelli in loggia, “lacci e lacciuoli”, ovvero impedimenti burocratici, “prendere al laccio”: si fa con i vitelli, mentre “sciogliersi dai lacci”, equivale a liberarsi, oppure “un signore un po’ allacciato”, è uno che sta sulle sue.
Deriva dal latino laqueus che tra gli altri significati ha anche quello di ostacolo, trappola, tranello o insidia. Insomma una parola con tante sfumature ambigue. Sulla copertina del libro Lacci di Domenico Starnone i lacci in questione sono le stringhe che tengono una scarpa allacciata all’altra.
Tutto ritratto nel momento dell’inciampo. Il libro è un riuscitissimo e breve giallo sui sentimenti, l’amore e soprattutto i suoi derivati tossici. Magari non proprio un giallo da brividi e da non dormire la notte, ma di sicuro scritto com’è da punti di vista diversi e con grandi salti temporali riesce a tenere il lettore incollato alle 133 pagine di cui è composto e a sorprenderlo per bene. La storia è quella di una famiglia, raccontata prima dalla moglie, poi dal marito, infine dai figli.
Tutto inizia con un abbandono: Aldo lascia la moglie Vanda con i loro due figli, per Lidia una ragazza più giovane, dopo 12 anni di matrimonio. Le prime pagine sono uno bello squarcio nella sofferenza nella donna abbandonata, ma a sorpresa scopriamo che 52 anni più tardi la coppia è ancora insieme.
L’esordio è ambientato negli anni Settanta, la politica compare di tanto in tanto sullo sfondo: ”Ti è capitata sottomano una ragazzina perbene e in nome della liberazione sessuale e della dissoluzione della famiglia sei diventato il suo amante”, scrive Vanda al marito durante il periodo della loro separazione.
Ma ben più della politica è lo sguardo impietoso sulle dinamiche tra i personaggi a gettare luce sulle conseguenze catastrofiche del volere tenere in piedi un matrimonio quando finisce l’amore.
Nel 2017, quando la scrittrice Jhumpa Lahiri ha tradotto in inglese Lacci, il New York Times ha inserito il romanzo di Starnone tra i 100 più importanti dell’anno. Per i redattori del quotidiano newyorchese, l’autore sarebbe lo scrittore italiano che maggiormente pesa nel panorama internazionale, anzi l’unico della lista.
Un onore dovuto alla capacità di rappresentare la versione postmoderna di Calvino, e al fatto di essere il marito di Anita Raja, la traduttrice a cui sono attribuiti i romanzi di Elena Ferrante, principale fenomeno editoriale italiano. Per chi avesse voglia di confrontare stile, ricorrenze, lessico e temi dei testi, Lacci sarebbe una nuova tessera di un intrigante puzzle.
Più precisamente sarebbe uno sviluppo de I giorni dell’abbandono, il libro di Elena Ferrante da cui il regista Roberto Faenza ha tratto nel 2006 l’omonimo film.
In Italia Starnone, dopo aver fatto l’insegnante, il giornalista, lo scrittore, è da tempo è uno dei più prolifici sceneggiatori di cinema e tv. Portano la sua firma soggetto e sceneggiatura del Dal capo dei capi, la miniserie su Provenzano, andata in onda nel 2007 su Canale 5; tra i registi con cui ha lavorato di più: Sergio Rubini, Michele Placido, Daniele Lucchetti, Wilma Labate, Riccardo Milani, Alessandro D’Alatri, Alberto Sironi.
Lacci con la regia di Daniele Lucchetti, sarà l’apertura del festival di Venezia. L’ultima volta era stata Baaria di Giuseppe Tornatore, 11 anni fa. Da allora il festival di Venezia aveva sempre guardato oltre i confini nazionali per la serata d’apertura, e invece complice la stagione del Covid, torna un film italiano, fuori concorso, che ha tutte le carte in regola per non passare inosservato neanche all’estero. Domenico Starnone ha partecipato alla sceneggiatura insieme al regista e a Francesco Piccolo.
Carla Chelo
Giornalista. Ha lavorato all'Unità, al settimanale Diario e in tv (Mediaset). Ha scritto un paio di libri insieme a un'amica, Alice Werblowsky e da sola una guida sul verde in città: "Milano, Parchi e giardini", Touring club italiano.
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