“L’equilibrio”, quel prete contro la camorra con la forza da Leone

In sala dal 21 settembre (per Warner Bros) “L’equilibrio” il nuovo film di Vincenzo Marra, passato alle Giornate degli Autori, che avrebbe meritato di correre per il Leone d’oro. Un caso di coscienza per un sacerdote di “frontiera” nello scenario desolante della terra dei fuochi. Una storia che ci riguarda tutti e ci riporta alla grande stagione del nostro cinema “d’impegno civile”. Sicuramente da vedere…

È davvero un felice ritorno quelllo di Vincenzo Marra alle Giornate degli Autori. Un ritorno che fa bene al cuore e, soprattutto, al cinema italiano di cui il concorso fin qui – e manca solo l’ultimo, Hannah di Andrea Pallaoro – ha offerto uno spaccato avvilente. Ma questo è un altro discorso o forse il solito, a cui Barbera – ahinoi – ci ha abituato in anni recenti mandando al “massacro” titoli – vedi Piuma lo scorso anno e Una famiglia, quest’anno, delirante pasticcio di Sebastiano Riso – buoni a malapena per l’uscita in sala, figurarsi per la corsa al Leone d’oro …

Chi l’avrebbe meritata alla grande, invece, quella corsa è proprio L’equilibrio che di quel cinema italiano bello e importante di una volta, quello per intenderci, con la faccia di Volonté e che definire “d’impegno civile” è persino limitante, contiene tutti i geni.

Eccolo, infatti, Vincenzo Marra guardare e interrogarsi sul nostro presente (e non solo coi suoi doc) ancora una volta. Con una storia che dice di religione, anche. Di spiritualità, anche. Di un pezzo d’Italia martoriato, tra gli altri, come la “terra dei fuochi”, anche e soprattutto. E poi, di un paese sul baratro, il nostro e della voglia, meglio, della passione di cambiarlo, senza compromessi, in barba a qualsiasi “equilibrio” imposto dalle leggi non scritte di uno Stato, ma anche di una Chiesa – e qui la denuncia è ancora più forte – conniventi coi poteri mafiosi.

Perché questo è quello che prova a fare Giuseppe (col volto intenso di Mimmo Borrelli), prete campano che di ritorno dall’Africa, si vuole spendere nella sua terra, magari anche per uscire fuori da un momento di crisi spirituale. È così che viene trasferito in un piccolo centro del napoletano, di quelli dove i tumori dovuti ai rifiuti tossici fanno vittime come in guerra, dove l’industria dello spaccio rappresenta l’unico “posto fisso” per i giovani e dove, neanche a dirlo, lo Stato non esiste.

Esiste eccome, invece, la parrocchia di Don Antonio (Roberto Del Gaudio), “prete di frontiera”, amatissimo dai parrocchiani e impegnato nella durissima battaglia contro lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici che continuano ad avvelenare terra e uomini. È lui che Giuseppe è chiamato a sostituire. Ed è lui, Don Antonio, che gli spiegherà molto chiaramente come in certi territori per aiutare il prossimo ci voglia “equilibrio”, saper chiudere un occhio e fare compromessi. Leggi non scritte, dicevamo, a cui Giuseppe, però, non vuole sottostare, soprattutto di fronte al caso di una violenza domestica su una ragazzina.

Duro e puro Giuseppe va avanti. Fedele ai suoi principi sfida il boss dello spaccio, mette a rischio non solo la sua vita ma anche quella di chi gli sta intorno, si ritrova da solo, abbandonato pure dai parrocchiani. Eppure Giuseppe non cerca il martirio, cerca soltanto di agire secondo coscienza, cercando di fare la cosa giusta …

In uno scenario di squallore urbano, ai limiti dei gironi infernali (inferno in terra è il luogo dello spaccio dove i tossici mentre si fanno sono tenuti a bada da guardiani con la frusta) L’equilibrio non è il solito film sulla variegata umanità delle periferie napoletane, più o meno folkloristica o canora. Ma è un film dallo sguardo etico, che ci riguarda, che scava nelle coscienze di tutti noi, al di là della fede, anzi in chiave decisamente laica. Un film che ti lascia addosso poche certezze e molte domande. Come ha sempre fatto quel cinema di cui dicevamo, quello con la faccia di Volontè e che sicuramente, ci fosse ancora, non avrebbe esitato a vestire i panni del Giuseppe di Vincenzo Marra.