L’occhio del lavoro. Torna (in presenza) il Working Title Film Festival 2022

Il più importante festival dedicato all’occupazione riparte in presenza. È “Working Title Film Festival – Festival del cinema del lavoro” dal 9 al 14 maggio a Vicenza. Ventisei opere selezionate, dodici registe donne e tanti temi: dall’intelligenza artificiale al fenomeno del co-working, dall’economia globale all’impiego degli artisti. Il principale appuntamento italiano per pensare e vedere il lavoro sullo schermo…

Nel cinema c’è traccia di lavoro ovunque. Il nodo dell’occupazione, centrale nel nostro tempo, entra in molti film e serie in modo frontale; in altre in maniera periferica, ma comunque è sempre presente. Tracce si trovano ovunque. E c’è un festival che sceglie di tematizzarlo, organizzarlo e metterlo in rassegna: è il “Working Title Film Festival – Festival del cinema del lavoro”, che torna in presenza, dopo un anno di pausa e l’edizione online del 2020, dal 9 al 14 maggio a Vicenza.

La kermesse si schiera con un programma ampio e nutrito: ventisei film in concorso da tutto il mondo, dieci anteprime italiane e due mondiali, sei giorni di proiezioni, incontri con gli autori, masterclass, presentazioni di riviste. Al centro c’è sempre lui: il lavoro. Un tema che merita più attenzione, soprattutto oggi, nell’epoca della pandemia e della nuova guerra, quando rischia di passare in secondo piano: quell’attenzione a Vicenza finalmente la trova.

Belgio, Brasile, Cina, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Thailandia sono i Paesi di provenienza delle 26 opere selezionate, di cui 12 a regia femminile. Tre le sezioni di concorso: lungometraggi e mediometraggi – con 8 film in programma alla nuova sala Lampertico del cinema Odeon –, cortometraggi – in concorso ce ne sono 10, sempre proiettati all’Odeon – ed Extraworks – la sezione dedicata a film ibridi, sperimentali, video arte e performance, con 8 opere presentate al Caracol Olol Jackson.

I dieci film presentati in anteprima nazionale sono il lungometraggio Globes di Nina de Vroome (Belgio), i cortometraggi Apache di Octavio Guerra (Spagna), Caught in the Rain di Elie Maissin e Mieriën Coppens (Belgio), In Flow of Words di Eliane Esther Bots (Paesi Bassi), Lemongrass Girl di Pom Bunsermvicha (Thailandia), Les filles de chez Moreau di Pauline Pastry (Francia), Lili Alone di Zou Jing (Cina), Portugal Pequeno di Victor Quintanilha (Brasile) e, nella sezione ExtraWorks, Cutting Edges di Céline Berger (Germania) e VO di Nicolas Gourault (Francia).
I due film in anteprima mondiale sono über sehen frauen lyrik di Alina Yklymova (Germania) e Ritratto temporale I – Maurizio di Ilaria Pezone (Italia), entrambi in ExtraWorks.

Due gli eventi speciali. La sera di giovedì 12 maggio Porto Burci diventerà sede del talk “Focus Cina: presentazione Made in China Journal e The People’s Map of Global China”. Ivan Franceschini, caporedattore e ricercatore alla Australian National University, e Tommaso Facchin, filmmaker e art director, autori di Boramey in concorso a WTFF6, presentano Made in China Journal, rivista curata da un collettivo di giovani ricercatori, e “The People’s Map of Global China”, una nuova mappa interattiva in cui una rete globale di ricercatori e ONG collabora nel tracciare l’impatto sociale e ambientale degli investimenti cinesi all’estero. Venerdì 13 maggio al Caracol Olol Jackson Pietro De Tilla, Tommaso Perfetti e Guglielmo Trupia del collettivo Enece Film conducono la masterclass “L’uovo nel pollaio: 10 anni di ENECEfilm”. Formato nel 2012 a Milano, il gruppo realizza film, installazioni, performance, lavorando negli interstizi tra documentario, finzione e sperimentazione. Il loro La distanza (2021), in concorso a WTFF6, ha di recente vinto il Laceno d’oro 46.

A introdurre la nuova edizione è la direttrice Marina Resta: “Per il festival si tratta di un vero e proprio nuovo inizio. I 26 film selezionati restituiscono sguardi inediti sul lavoro, creando commistioni e stratificazioni di linguaggi. Emergono alcuni filoni che accomunano opere distanti per origine geografica e stile. Uno è sicuramente la rielaborazione del Novecento, del fordismo e delle sue memorie collettive e familiari attraverso il sempre più diffuso riuso creativo di materiali provenienti da archivi pubblici e privati. Un altro è la compresenza conflittuale tra la modernità iper-capitalistica e le sovrastrutture culturali arcaiche, spesso sulla pelle delle donne, in particolare in alcune opere ambientate in Asia”.

Ma c’è spazio anche per la condizione giovanile: “Tra la ricerca di un lavoro in grado di dare senso e identità e la prosaica realtà fatta di prospettive precarie”, spiega ancora Marina Resta. “Se l’emergenza climatica rende sempre più drammaticamente attuale la necessità di una transizione (o conversione) ecologica dell’economia, sono diversi i film che scelgono di posare lo sguardo sulle leggi misteriose e ambigue che regolano la relazione tra uomo e mondo animale. Una visione altrettanto laterale e rivelatrice è quella del lavoro artistico, con la compenetrazione inestricabile tra afflato creatore ed esercizio quotidiano, a cui ogni anno il festival torna a dedicare spazio”.

Qui il programma integrale del festival, che Bookciak Magazine seguirà come media partner nel corso del suo svolgimento.