Nel nome del cinema italiano. Quattro doc (d’autore) per quattro servitori dello stato
Il giudice Occorsio raccontato da Gianfranco Pannone. Il presidente della Regione Sicilia Mattarella, da Maurizio Sciarra. Il giuslavorista Biagi nel ritratto di Gianfranco Giagni e il capitano di Marina De Grazia attraverso l’obiettivo di Wilma Labate. È “Nel nome del popolo italiano”, quattro doc d’autore dedicati a quattro “servitori dello Stato” finiti sotto il piombo delle mafie e del terrorismo, tra la fine degli anni Ottanta e il 2000. Tra riflessione giornalistica e spunto romanzesco. In onda su Raiuno dal 4 al 7 settembre …
Né santi, né eroi, ma uomini impegnati fino alle estreme conseguenze nella difesa della legalità, della giustizia e, soprattutto, di quell’idea di sovranità popolare che, con espressione antichissima seppure ormai stiracchiata come una coperta stretta, si chiama democrazia.
Retorica a parte – e il pericolo c’è, siamo in casa Rai – questo è lo spirito che anima, almeno nelle intenzioni, In nome del popolo italiano, quattro doc dedicati a quattro “servitori dello Stato”, finiti sotto il piombo delle mafie e del terrorismo, tra la fine degli anni Ottanta e il 2000.
Il giudice Vittorio Occorsio, grande conoscitore delle trame nere fin dal golpe Borghese, freddato nel ’76 da Ordine Nuovo; il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, fratello del presidente della Repubblica, ucciso nell’80 a Palermo dal fuoco mafioso; Marco Biagi, giuslavorista impegnato nella controversa riforma del lavoro, freddato dal fuoco delle Nuove Br nel 2002; il capitano di marina Natale De Grazia testimone scomodo delle indagini sul traffico dei rifiuti tossici in mare, morto improvvisamente, nel 95, dopo un pasto consumato in un ristorante del salernitano.
Quattro storie affidate allo sguardo e alla curiosità di quattro bei nomi del cinema italiano: Gianfranco Pannone per Occorsio (“racconterò anche i suoi passi falsi. La pista anarchica seguita all’inizio delle idagini sulla strage di piazza Fontana, per esempio); Maurizio Sciarra per Mattarella (“un uomo che è stato un grande formatore di giovani”); Gianfranco Giagni per Biagi (“Voleva sì la flessibilità, ma affiancata da altre forme di sostegno, non così come la conosciamo oggi”); Wilma Labate per De Grazia (“Il mare è un elemento necessario e Natale aveva il mare dentro ed ha lottato per difenderlo, in un paese come il nostro dove non abbiamo vice presidenti come Al Gore o attori ambientalisti come DiCaprio”).
Quattro registi per quattro storie immerse nella storia più vasta del nostro paese, insomma, che hanno lavorato su un materiale complesso e, soprattutto, su un format crossmediale, innovativo per la tv pubblica. Perché il documentario – sottolinea Wilma Labate – “è uno spazio aperto dove sperimentare” . La narrazione, infatti, è affidata prima di tutto ad un attore-detective (si avvicendano Gian Marco Tognazzi, Dario Aita, Massimo Poggio e Lorenzo Richelmy) che va alla scoperta della vita, certamente anche privata, del protagonista, per renderne la memoria soprattutto alle nuove generazioni, di cui ascoltiamo, in chi ce l’ha, la percezione di quegli eventi.
Tra ducumentario classico, animazione e testimonianze, dunque, si mescolano “la riflessione giornalistica e lo spunto romanzesco”. Anche grazie ad un nutrito team di sceneggiatori (Graziano Diana, Marco Videtta, Chiara Laudani, e Gloria Giorgianni che è pure la produttrice), la consulenza di storici e giornalisti.
Ma come sfuggire al pericolo del “santino” sempre in agguato in certe occasioni? “Evitando di dare la visione univoca del personaggio – dice Maurizio Sciarra – . Come diceva Ettore Scola: i messaggi lasciateli portare al postino”.
I quattro doc di Nel nome del popolo italiano – produce Anele con RaiCinema e RaiCom – andranno in onda nella seconda serata di Raiuno il 4, 5, 6 e 7 settembre.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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Mi sembra interessante e vivace.