Nella stanza d’ospedale dove pietà l’è morta
S’intitola “87 ore” il durissimo nuovo lavoro di Costanza Quatriglio dedicato a Francesco Mastrogiovanni, l’anarchico salernitano fatto morire in un reparto psichiatrico. L’agonia, agghiacciante, raccontata attraverso le immagini delle telecamere di sorveglianza. Dal 23 novembre al cinema e poi su Raitre. Da non perdere…
Fin qui quei filmati sono serviti per il processo di primo grado contro il personale sanitario dell’ospedale. Cinque medici sono stati condannati per sequestro di persona, morte come conseguenza di altro delitto e falso in atto pubblico. Tutti assolti, invece, gli infermieri perché “hanno eseguito un ordine”.
Oggi, quegli stessi filmati, sono diventati altro: un gesto politico, un atto di accusa, un grido di indignazione, una nuova traccia per il cinema che verrà. Stiamo parlando, infatti, di 87 ore, il nuovo film che Costanza Quatriglio, complici Luigi Manconi e l’associazione A buon diritto, ha dedicato a uno dei tanti “morti di stato” dei nostri tempi recenti: Francesco Mastrogiovanni, maestro salernitano di 58 anni, anarchico, con un passato di ingiuste carcerazioni (e assoluzioni e risarcimenti), deceduto nel 2009 all’interno del reparto psichiatrico dell’ospedale di Vallo della Lucania, dove era stato rinchiuso con un trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Il terzo a distanza di pochi anni.
Tanto che, stavolta, braccato da vigili urbani, carabinieri e guardia costiera, con l’accusa di aver guidato ad alta velocità nella zona pedonale di Acciaroli, Mastrogiovanni si butta in mare per non essere preso, cantando Addio Lugano bella. Convinto, come dirà prima di salire sull’ambulanza quel 31 luglio 2009, che all’ospedale di Vallo lo avrebbero ammazzato.
In quei cinque giorni (dal 31 luglio al 4 agosto 2009), infatti, Francesco Mastrogiovanni, viene sedato, legato mani e piedi al letto, “negato” alle visite dei familiari e lasciato morire in 87 ore, soffocato da un edema polmonare.
Una agonia inumana, una distruzione di identità, un annientamento della persona che Costanza Quatriglio, appassionata spermentatrice di linguaggi (Terramatta, Con il fiato sospeso, Triangle), ci rimanda attraverso la gelida lente dell’obiettivo della telecamera a circuito chiuso dell’ospedale. Dall’alto l’occhio meccanico “guarda” imperturbabile lo svolgersi del dramma.
Il corridoio del reparto e la stanza di “detenzione”. Le immagini a scatti mostrano il letto col corpo di Mastrogiovanni che si dimena, si contorce, costretto dai legacci che gli immobilizzano mani e piedi. L’atroce rito dei pasti, lasciati dagli infermieri sul suo comodino, senza che nessuno gli sciolga le braccia per poter mangiare e poi riportati via, intatti. Niente acqua, niente possibilità di alzarsi. Il pannolone, messo solo ad un certo punto e cambiato ogni tanto, unico indumento a coprire quel corpo nudo, sofferente e umiliato. È un continuo passaggio di medici, infermieri, addetti alle pulizie che agiscono meccanicamente. Chi stringe di più i legacci, chi porta il lenzuolo da cambiare, chi passa lo straccio sul pavimento.
Le grida e i lamenti non si sentono. Ma si intuiscono nel suo volto “pixelato”, in lontananza, straziato. L’unico sonoro sono la testimonianza della nipote di Francesco Mastrogiovanni, Grazia Serra e il commento musicale dei 99 Posse. Mentro lo spettatore resta incredulo, sperando fino a l’ultimo che uno di quei medici o di quegli infermieri abbia un gesto di umanità e slacci i legacci o presti finalmente soccorso a quell’uomo che, così visibilmente, è in fin di vita. Persino per l’occhio inanimato di una telecamera.
Ma non c’è l’happy end in questa storia. Come non basterà a fare giustizia neanche il nuovo processo in cui il Procuratore Generale ha chiesto, tra l’altro, la condanna degli infermieri che avevano comunque il dovere di rendersi conto delle condizioni del paziente.
Prodotto da Marco Visalberghi, Luca Ricciardi, Roberta Ballarini e presentato in anteprima al festival romano, Arcipelago, 87 ore sarà nei cinema dal 23 novembre per Cineama. Mentre il 28 dicembre andrà in onda su Raitre. Speriamo non a notte fonda.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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