Pasolini, Tarkovskij, Greenaway & Co. Il cinema che “dipinge lo schermo” in un libro

In libreria “Lo schermo dipinto” di Stefano Curone (Edizioni Sabinae), oltre 500 pagine dedicate alla storia della pittura raccontata al cinema, da Giotto a Warhol, per narrare come l’arte sia stata usata, interpretata, rappresentata da registi dai tempi eroici del muto ai giorni nostri. Al cinema Nuovo Olimpia di Roma un ciclo di incontri con autore ed esperti. Si parte il 4 giugno con Giorgio Gosetti che introduce “Il Decameron” dove lo stesso Pasolini si ricuce il ruolo di un allievo di Giotto …

 

La domenica pomeriggio era il giorno dedicato al cinema. Era papà che sceglieva il film: quasi sempre era Totò, al Cinema dei piccoli in via dei Pucci a Firenze. Quella volta no, una pellicola da grandi, in technicolor, uno dei quei film americani che venivano annunciati come kolossal, con il kappa. E dopo quel pomeriggio io avevo deciso che da grande mi sarei occupata di arte: volevo sapere tutto di Michelangelo che per me, da allora, avrebbe per sempre avuto il volto e il fisico statuario di Charlton Hesto, indimenticabile protagonista de Il tormento e l’estasi, anno 1965, regia di Carol Reed. Io avevo solo 11 anni. E poco importa se tutta la vicenda fosse ben poco attinente alla realtà storica, la curiosità e la passione erano accese.

Un aneddoto molto personale per ricordare quanto l’arte al cinema possa essere importante, ancora più adesso che a scuola la storia dell’arte conta meno dell’ora di religione. È un crescendo esponenziale di film dedicati ai grandi personaggi del passato, alle opere e alle mostre, un fenomeno legato forse al successo pop di certi artisti e di certe esposizioni, occasioni a volte irripetibili per vedere insieme capolavori sparsi nei musei del mondo.

Ma è la prima volta che a questo tema viene dedicato un libro, anzi, quasi un’enciclopedia sulla storia della pittura al cinema, da Giotto a Warhol, titolo Lo schermo dipinto (Edizioni Sabinae, 538 pp, 28 euro). L’autore Stefano Curone, giornalista Rai ed appassionato di cinema e musica, analizza 72 film per raccontare come l’arte è stata usata, interpretata, rappresentata da registi dai tempi eroici del muto ai giorni nostri.

Presi in considerazione, poi, solo film di fiction distribuiti in Italia e ancora reperibili, documentari, film di animazione e film d’arte propriamente detti meriterebbero un trattato a parte. Nell’introduzione Curone osserva che dal ’90 ad oggi i titoli crescono alimentati forse dalla crescente popolarità di certi nomi, da Caravaggio a Modigliani, da Van Gogh a Frida Kalho, genio e sregolatezza ne fanno dei protagonisti perfetti. Personaggi che hanno affascinato i più grandi registi di tutto il mondo da Altman a Forman e Greenaway, Huston , Kurosawa, Minnelli, ma anche Rosi, Tarkovskij, i fratelli Taviani, Pasolini.

Lo schermo dipinto però non è l’ennesimo catalogo ragionato, non è un Mereghetti dei film d’arte. Il racconto che segue lo sviluppo cronologico della storia dell’arte, sembra quasi un romanzo dove storia e cinema si incontrano e si confrontano: il risultato è avvincente. Fin dall’inizio dedicato ovviamente al più cinematografico dei capolavori della letteratura del ‘300, il Decamerone, fonte di ispirazione per opere più diverse.

Perché il Decamerone? Perché uno dei suoi personaggi più filmati è proprio uno degli artisti più noti e misteriosi del suo tempo, il fiorentino Buonamico di Martino detto Buffalmacco, autore tra l’altro del Giudizio finale e l’inferno, nonché del Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa, tra i più significativi affreschi del Medioevo. Per Boccaccio, Buffalmacco è pittore amico e sodale di Giotto sì, ma soprattutto ideatore di fantastiche burle, insieme ai complici Calandrino e Bruno e come tale diventa il protagonista ideale di Decameron di Pierpaolo Pasolini, dove è lo stesso regista a cucirsi addosso i panni di un allievo di Giotto alle prese con l’affresco della Madonna nella chiesa di Santa Chiara a Napoli. Il film nel 1971 incassò un’ottantina di denunce per oltraggio al pudore, dando poi origine a decine di pellicole “decamerotiche” negli anni 70.

A Pasolini, il più storico dell’arte dei registi, allievo nel 1941 a Bologna di Roberto Longhi, è universalmente riconosciuta la passione per la pittura al punto da animare grandi capolavori come la Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino e il trasporto di Cristo di Pontormo ne La ricotta, insieme a infinite altre citazioni di opere famose in tutta la sua filmografia.

Ogni capitolo una pagina di storia fino al mondo moderno di Warhol, Basquiat, passando da Picasso (raccontato da Ivory). Infiniti gli spunti di riflessione: Lo schermo dipinto trascina il lettore in continue scoperte, e giustamente sarà occasione di tre incontri con l’autore promossi in collaborazione con il Fai al Cinema Nuovo Olimpia, Decamerone di Pasolini, introduce Giorgio Gosetti (4 giugno); Caravaggio di Jarman, introduzione a cura di Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese(11 giugno) e Turner di Mike Leigh con Tommaso Strinati (18 giugno).

Tra le righe Curone manifesta con ironia le sue preferenze: sottile disprezzo per i biopic hollywoodiani (tipo Tormento e estasi che tanto era piaciuto a me undicenne e film pop come La ragazza dall’orecchino di perla “tratto dal romanzo di Tracy Chevalier e ispirata alla vita di Vermeer) e profonda ammirazione per film da cineclub, primo fra tutti Andrej Rublëv di Tarkovskij, definito “insuperabile modello di quello che dovrebbe essere un film dedicato alla vita di un artista”, 8 capitoli per narrare la parabola umana del monaco autore di preziose icone, canonizzato dalla Chiesa Ortodossa. Sincera ammirazione ma forse Fantozzi avrebbe detto “per me è una boiata pazzesca!”