Per capire bene cosa è stato il fascismo. A Guernica sotto le bombe Gianikian illumina la Mostra
Passato fuori concorso “Frente a Guernica” ultimo lavoro di Yervant Gianikian, per la prima volta senza la compagna di una vita Angela Ricci Lucchi, scomparsa nel 2018, ma comunque firmato insieme. Frutto della ricerca di entrambi sui decenni che abbracciano il sorgere e lo svilupparsi dei fascismi in Europa, il film ci accompagna fino al conflitto civile in Spagna. E all’orrore dei bombardamenti tedeschi e italiani su Guernica. Rinfrescando la memoria su cosa è stato il fascismo, specie a una Mostra invaghita di comandanti…
Una parola coniata da un grande scrittore spagnolo, intrahistoria, è il termine perfetto per parlare del cinema di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi. Non fa eccezione ovviamene Frente a Guernica, il frutto della ricerca di entrambi sui decenni che abbracciano il sorgere e lo svilupparsi dei fascismi in Europa, presentata però dal solo Gianikian fuori concorso a Venezia 80, dopo la scomparsa della compagna nel 2018.
La parola designa quella parte della storia che si inframezza alle date e agli avvenimenti che siamo costretti a imparare. Quella delle persone comuni per capirci, tutto il sommerso che spesso non entra neppure nei libri di storia, se non con qualche raro cenno. Che in Italia il termine non sia stato neppure tradotto è un segnale inequivoco di quanto abbiamo colpevolmente ignorato questa sfera.
I filmati d’archivio sono intrahistoria pura, uomini e donne che scelgono di documentare il loro presente, magari incappando inconsapevolmente in qualche avvenimento rivoluzionario. Sempre però svelandoci qualcosa della quotidianità, mettendoci a parte della storia senza ricostruirla. Il lavoro artistico e politico della coppia italiana è dedicato quasi per intero proprio a ricostruire, dagli orrori italiani in Africa con Pays Barbare al genocidio armeno in Ritorno a Khodorciur, lungo tutta la storia delle violenze del Novecento.
Frente a Guernica inizia con un capotreno parigino e la voce di Gianikian che ci legge i suoi appunti. L’intervento del regista sarà costante, legge dai suoi taccuini, traduce didascalie in russo, cita brani di libri (Adré Gide, Ezra Pound). Da Parigi si sposta a vedere gli equilibri del mondo che iniziano a vacillare: la guerra in Manciuria, la morte di Primo de Rivera in Spagna, il fascismo in Italia.
Tra le immagini romane sceglie di concentrarsi sui funerali del generale Armando Diaz, a cui partecipano tutti, dal re a Mussolini. Il segno di un regime, quello fascista, nato per diretto legame con quello che affermava di voler soppiantare, e a cui va infatti a rendere omaggio. La mente non può non correre a un comandante che ben conosciamo, forse nascosto anche lui tra la folla, che oggi la Mostra del Cinema ha contribuito a omaggiare.
Il cuore del lavoro in ogni caso è l’evento culmine del preguerra, il conflitto civile in Spagna. I materiali trovati sono incredibili, partono da riprese quotidiane in Marocco del giorno in cui Franco parte dal Nordafrica per mettere in atto il colpo di stato a documenti video di conservazione semiperfetta sui disastri dei bombardamenti.
Ricci Lucchi e Gianikian scovano addirittura un convegno di grandi scrittori, tenutosi a Valencia proprio per essere più vicini alla guerra. La voce fuori campo ne legge i resoconti, impressionandoci con la descrizione dei diversi atteggiamenti, da chi si professava pronto a combattere a chi, come Tolstoj, preferiva un riflessivo silenzio.
Guernica e Madrid sono però le città più mostrate. La prima in particolar modo, chiaramente. Il massacro della popolazione civile del piccolo paesino basco dura un tempo impressionante, tre ore, ed è strategicamente pensato in maniera atroce: prima le bombe per costringere le persone a uscire dai rifugi, poi gli ordigni incendiari per massacrarle. E sono bombardieri tedeschi, gli Junkers, e italiani, i Savoia Marchetti, insieme a compiere lo sterminio. Un orrido capitolo di storia da far vedere a chi cerca di ripulire il fascismo dal fango.
Per le strade di Madrid il materiale è ricchissimo dei volti, l’aspetto più commovente. Persone semplici, animate dai discorsi dei loro leader, su tutti Dolores Ibárrui, dirigente comunista che per l’enfasi delle sue parole si guadagnò, prima nella storia, il nome Pasionaria.
Proprio nella Madrid post bombardamento c’è la ripresa di maggior effetto. Due donne discutono tra loro, una è particolarmente provata, disperata, non si fa fatica a immaginare che le bombe le abbiano stravolto la vita. La sua interlocutrice ascolta, compassionevole. Ma nell’angolo basso dell’inquadratura spunta una mano chiusa a pugno. Un bambino ha notato l’operatore e ha voluto contribuire così. In un fotogramma tutta la lotta e il dolore.
Non manca ovviamente il quadro picassiano che evoca il titolo, né la celeberrima frase che il pittore disse, durante l’Expo di Parigi del 1937, rivolta all’ufficiale tedesco che gli aveva chiesto se il quadro lo avesse fatto lui: «No, lo avete fatto voi».
Frente a Guernica funziona perfettamente da prologo a Green Border di Agnieszka Holland, il film che ha scioccato il concorso di Venezia 80. Traccia una linea orizzontale tra i profughi del passato e quelli del presente, perché le guerre, tutte, non fanno che questo: sangue e disperazione.
E, come il film della decana polacca, non si tira indietro nel riconoscerne le cause. La voce di Gianikian traduce la didascalia di un filmato sovietico: «L’umanità non dimenticherà i barbari fascisti». Noi di certo non li abbiamo dimenticati, speriamo di non essere gli unici.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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