Ritratto di giovani in ghiaccio. L’Ottocento lesbo di Mona Festvold non sorprende la Mostra

Passato in concorso, “The World to Come”, adattamento di un racconto di Jim Shepard. La storia del breve ma intenso amore tra due donne nell’America rurale di metà Ottocento, sulla falsariga del fortunato “Ritratto della giovane in fiamme” di Céline Sciamma. Ancora una volta si strizza l’occhio a #MeToo e alle tematiche arcobaleno ma non convince …

L’Ottocento parla di noi. O almeno così sembra, a giudicare da un filone sempre più consistente di film che, pur collocati duecento anni fa, affrontano argomenti tuttora caldissimi. Venezia 77 non ha fatto eccezione, le tematiche a tinte MeToo sono fortissime nella Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, un po’ meno nella Human Voice di Pedro Almodóvar e si affacciano anche in The World to Come di Mona Festvold, anch’esso in concorso.

Tratto da un racconto dello scrittore americano Jim Shepard (in Italia edito da Bompiani), che ha collaborato alla sceneggiatura, il film si colloca sullafalsa riga del recente e fortunatissimo Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma, riproponendo l’amore proibito tra due donne, ambientato in questo caso negli Stati Uniti rurali.

Il matrimonio di Abigail (Katherine Waterson) è congelato, così come i rapporti con il marito (Casey Affleck, qui anche in veste di produttore). Il film si apre in uno gelido gennaio del 1856, metafora della loro relazione, appena qualche mese dopo la causa di tanta freddezza: la morte prematura della loro figlia di quattro anni.

La voce della stessa Abigail e del suo diario guidano lo spettatore in una realtà immobile, ma è anche il segno di un’emancipazione non riuscita dal racconto letterario. Tono e linguaggio sono poi di tali profondità e raffinatezza che contrastano non poco con la povertà del mondo contadino descritto, che non va mai oltre la sua funzione di sfondo.

L’evento cruciale è l’arrivo di Tally (Vanessa Kirby), la moglie dei nuovi vicini dei protagonisti, con cui Abigail si lega immediatamente in un’amicizia che sbocca senza sorprese in amore. Gli appunti sul diario si fanno più frequenti, i mariti più sospettosi, finché non si arriva alla prevedibile tragedia: dopo minacce neanche troppo velate, il marito di Tally la porta via. Le ricerche di Abigail, supportata silenziosamente da un marito ormai rassegnato, la portano nuovamente dalla sua amante ma troppo tardi per poterla riabbracciare ancora viva.

Al di là di elementi narrativi certamente non originali, il film non riesce quasi mai ad andare oltre la patina del racconto. L’approfondimento dei personaggi si limita alle parole di Tally, la realtà in cui vivono al solo passare delle stagioni divise semplicisticamente in caldo e, soprattutto, freddo.

The World to Come sembra aprire un dialogo con Pieces of a Woman, il film di Kornél Mundruczó che pure è in lizza per il Leone d’Oro. Al di là della comune presenza di Vanessa Kirby, in entrambi si ritrovano la perdita di una figlia e la divisione diaristica in giorni, che appaiono sullo schermo esplicitamente.

Nonché, ma questo sembra essere il leit motiv dell’intera Mostra, le mele: titolo del film greco che ha aperto la sezione Orizzonti, legame essenziale tra la madre e la bimba in Pieces of a Woman e anche qui sbucciate meccanicamente da Affleck mentre dialoga con la moglie.

Il film di Fastvold lascia la sensazione di una storia narrata superficialmente, senza il necessario approfondimento né sul contesto né sulle persone di cui si occupa. La trama non ha sorprese, la regia non va mai oltre il necessario. È mancato forse il coraggio, a cui si sono preferiti meccanismi già rodati ma che difficilmente possono assicurare un risultato rilevante per lo spettatore.