Sergei Loznitsa torna all’URSS di Stalin, ma guarda a Putin. Tra Gogol e Kafka in corsa per la Palma d’oro

Passato in concorso il nuovo film dell’ucraino Sergei Loznitsa, “Deux procureurs” dello scrittore Georgy Demidov, scienziato e prigioniero politico in URSS. Una allegoria sul potere e i suoi abusi, in particolare tra le vittime delle galere di Stalin durante l’epoca feroce delle purghe. Mentre un giovane procuratore idealista tenta di fare giustizia. Tra Gogol e Kafka un film di finzione che, guardando al passato, ci interroga sul presente. Sarà Lucky Red a portarlo nei cinema italiani …

Sergei Loznitsa torna a Cannes ancora una volta scavando nella storia, sua magnifica ossessione, per raccontare il presente. E torna stavolta in corsa per la Palma d’oro con Deux procureurs, film di finzione, lui che del documentario infarcito da prezioso repertorio è maestro, ispirato ad un racconto di Georgy Demidov, scienziato e prigioniero politico in URSS.

Il punto di partenza è programmatico. Delle purghe staliniane, infatti, è stato vittima lo stesso scrittore, incarcerato nel 1938 a Kharkiv, una delle città tristemente famose in questi tempi di guerra in Ucraina. Lì è stato rinchiuso per quattordici anni in un gulag che lui stesso definisce una “Auschwitz senza forni”. Quell’esperienza sarà il cuore dei suoi scritti. Deux procureurs è del 1969, ma allora impossibile da pubblicare, come gli altri suoi racconti.

Nel 1980 è lo stesso KGB a farli sparire mettendoli sotto chiave. Saranno restituiti alla figlia di Georgy Demidov soltanto nel 1988, un anno dopo la sua morte. La pubblicazione in Russia avverrà soltanto nel 2009. E in Italia nel 2018 in forma di raccolta: Vite spezzate. Storie di uomini e di donne nel terrore staliniano, per l’editore Le lettere.

Collezionista – per sua ammissione – di memorie degli internati nei gulag, come dei prigionieri dei lager nazisti, il regista ucraino – esule in Germania – all’uscita del libro ha avuto subito chiaro che sarebbe diventato un suo film. Seguendo del resto quella sua passione per la storia spesso supportata dalla voce stessa degli scrittori. Alle pagine di Austerlitz, per esempio, del tedesco Winfried Georg Sebald ha attinto per uno dei suoi capolavori: la fotografia inquietante del “turismo della memoria” ad Auschwitz, tra selfie davanti ai forni crematori e indifferenza.

In Deux procureurs Sergei Loznitsa mette in scena un dramma in tre atti per evocare un’allegoria sul potere. Anzi l’abuso di potere, ieri nell’URSS di Stalin, oggi nella Russia di Putin. Ma possiamo aggiungere anche la Turchia di Erdogan, l’Ungheria di Orban. L’elenco è lungo, purtroppo.

Siamo in Ucraina nel 1937 al momento di massima ferocia delle purghe staliniane, ci avverte subito il cartello iniziale. In una delle prigioni lager i detenuti sono ridotti ad ombre di sè stessi. Le lettere con le loro richieste d’aiuto vengono bruciate al fuoco di una stufa in una cella. Per un caso del destino, una di queste scritta col sangue, riesce ad evadere ed arrivare nelle mani di un giovane procuratore, ancora combattivo e di sani principi.

La trafila dell’uomo, le infinite ore di anticamera e di attesa, per riuscire ad ottenere l’audizione in carcere col prigioniero, costituisce il primo atto. Incluso l’incontro rivelatore in cui il vecchio dirigente di partito gli svela le torture, le ferite sul suo corpo sfinito, soprusi ed angherie per estorcere confessioni false, o peggio condanne a morte d’innocenti, tutto l’orrore, insomma, del regime corrotto che nelle polizia segreta trova il suo braccio violento.

La ricerca di giustizia, meglio, la volontà ostinata del giovane procuratore di arrivare ai piani alti del potere per poter salvare lo spirito originario della rivoluzione, servirà solo a dimostrare l’ineluttabilità della storia. Quella dell’URSS stalinista, in particolare, di cui Loznitsa è grande esperto e narratore. Come nei precedenti Process, ricostruzione di  un ipotetico processo contro un gruppo di cospiratori: la storia è falsa, ma il documentario vero, costruito con filmati di repertorio e riprese dei processi farsa staliniani. O State Funeral, ricostruzione dei funerali di Stalin, in cui smonta il regime con le sue stesse immagini di propaganda.

Ingredienti preferiti di Sergei, il grottesco, la farsa, connaturati alla cultura russa, che qui nei Deux procureurs attingono alla grande letteratura: Gogol e Kafka vanno a braccetto per tutto il film. L’ambiente dai colori virati al grigio accompagna una messa in scena essenziale, gelida, incombente come il potere stesso. Una lode speciale al protagonista, Aleksandr Kuznetsov, volto di Leto di Kirill Serebrennikov, altro grande regista russo dissidente di cui è in cartellone a Cannes il suo ultimo film dedicato agli anni di fuga in Argentina del medico steminatore di Auschwitz Josef Mengele. La storia si rincorre qui al festival.

Deux procureurs uscirà nei cinema italiani per Lucky Red. Seppure opera minore nella sua filmografia è consigliato comunque a tutti gli amanti di Sergei Loznitsa.


Gabriella Gallozzi

Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e dei premi Bookciak, Azione! e Bookciak Legge. Prima per 26 anni a l'Unità.

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