Tra Buscetta (di Bellocchio) e “I miserabili”. Storie d’amore e rivolta per Cannes 72

“Sarà una selezione che racconta l’amore e la rivolta, romantica e politica”. Così Thierry Frémaux, delegato generale del festival di Cannes (dal 14 al 25 maggio) ha annunciato il cartellone del festival. Per l’Italia c’è soltanto Marco Bellocchio in concorso con “Il traditore”, atteso film sul pentito di mafia Tommaso Buscetta. Poi i soliti grandi habituées della Croisette: da Almodovar a Loach, dai Dardenne a Dolan. E una manciata di letteratura con “Les Misérables” di Ladj Ly e la Giovanna D’Arco di Bruno Dumont …

Antonio Banderas in “Dolor y gloria” di Pedro Almodovar

Marco Bellocchio in concorso col suo ritratto d’autore di Buscetta (Il traditore); Ken Loch che torna a raccontare i tentativi di sopravivenza della working class britannica (Sorry We Missed You) dopo la Palma d’oro per il magnifico Io, Daniel Blake, come pure i fratelli Dardenne impegnati nuovamente nell’osservazione del sociale (The Young Ahmed); Pedro Almodovar che la Palma non l’ha mai ottenuta, ma in gara ci torna con una nuova fotografia di un regista in crisi (Dolor y Gloria), da un mese nelle sale spagnole e a maggio in quelle italiane; il palestinese Elia Suleiman anche lui di nuovo sulla Croisette con una delle sue visionarie provocazioni surreal-politiche (It Must Be Heaven). E ancora il giovane talento canadese Xavier Dolan (Matthias and Maxime), il guru statunitense Terrence Malick (A Hidden Life), il venerato sudcoreano Bong Joon Ho (Parasite).

Considerando poi che l’apertura sarà affidata – come già annunciato – allo zombie-movie di Jim Jarmush (The Dead Don’t Die) e che Tarantino è assente giustificato poiché il suo atteso Once Upon A Time In Hollywood non è finito, è proprio il caso di dire che a Cannes 2019 (dal 14 al 25 maggio) non mancherà nessuno dei nomi che contano. Un po’ come ogni anno, del resto. Come pure non mancheranno i temi impegnati per un’edizione, questa 72 che, garantisce il delegato generale Thierry Frémaux, sarà “romantica e politica, perché l’amore e la rivolta vanno insieme”.

Intanto cresce il numero delle registe donne in concorso, mentre l’affiche rende omaggio alla grande Agnès Varda appena scomparsa. Quattro in tutto le concorrenti per la Palma (la francese di origini senegalesi Mati Diop con Atlantique, l’austriaca Jessica Hausner con Little Joe, le francesi Céline Sciamma con Portrait de la Jeune fille en feu e Justine Triet con Sibyl: storia di uno strizzacervelli che vuol tornare a fare lo scrittore), sette quelle in gara per Un certain regard (tra cui Zabou Breitman e Eléa Gobbé-Mévellec, autrici dell’unico film d’animazione del festival, Les hirondelles de Kaboul) e una, l’esordiente newyorkese Pippa Bianco che con Share sarà tra le Séances spéciales in buona compagnia con Werner Herzog (Family Romance, LLC.), Abel Ferrara (Tommaso) e il figlio del grande Pino Solanas, Juan (Que Sea Ley).

In sintonia col nostro presente, dunque, vedremo sfilare storie di manipolazione genetica, mafiosi, disoccupati, migranti, giudici integerrimi e malavitosi. In un caleidoscopio di generi, ma rigorosamente fuori dal mainstream, sottolinea Frémaux, fiero di definire il suo festival “come una grande libreria dove si va a cercare il libro più raro”.

Anche se di libri quest’anno il festival scarseggia. Cioè scarseggiano gli adattamenti veri e propri. Sicuramente però tra i più attesi c’è, in concorso, Les misérables, rilettura molto particolare in chiave contemporanea del capolavoro di Victor Hugo a firma di Ladj Ly, regista e produttore del collettivo artistico Kourtrajmé, nato sulla scorta del successo de L’odio di Mathieu Kassovitz e impegnato nel racconto delle banlieues, soprattutto quelle in fiamme del 2005. Qui, infatti, torna sui luoghi della sua formazione, Montfermeil, periferia parigina tra le più a rischio, dove più di 150 anni fa Hugo aveva “alloggiato”, in particolare, le miserabili esistenze dei perfidi locandieri Thénardier. Ebbene, sembra dirci Ladj Ly col suo film, che le somiglianze tra la gioventù arrabbiata, con cappuccio e Gavroche di oggi sono fin troppo chiare.

Di vero adattamento, invece, si tratta nel caso di Etre vivant et le savoir del decano del cinema francese Alain Cavalier  (tra le Séances Spéciales) ispirato al romanzo della scrittrice e sua amica trentennale, Emmanuèle Bernheim, È andato tutto bene (Einaudi), racconto autobiografico del burrascoso rapporto con un padre ingombrante che chiede aiuto alle figlie per farla finita, in seguito ad una fatale malattia.

Letterario è poi Jeanne di Bruno Dumont (Un certain regard), seguito del suo spiazzante musical dedicato a Giovanna D’Arco, ispirato ai versi ottocenteschi di Charles Péguy (1873 – 1914). Chiude la brevissima carrellata in “libreria”, Liberté del catalano Albert Serra, dalla sua stessa pièce messa in scena al Volksbühne nei giorni del Festival di Berlino 2018 (Un certain regard).

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