Tutta l’America di oggi tra Biden e QAnon. La racconta il nuovo Batman che si tinge di noir

In sala dal 3 marzo per Warner Bros. “The Batman” l’incipit di un nuovo ciclo dedicato all’uomo pipistrello di Gotham, interpretato da Robert Pattinson. Un film che, come già Joker, racconta gli USA di oggi, tra Biden e QAnon. Ma che si lega anche col noir e ci mostra un eroe smitizzato, bloccato tra l’eredità familiare e la ricerca di un assassino…

Dov’eravamo rimasti? È da questa domanda che sembra ripartire la DC, dipartimento della Warner Bros. specializzato in cinefumetti, con questo nuovo incipit di ciclo dedicato a Batman. Il titolo del film, che sarà nelle sale italiane a partire dal 3 marzo, non sembra particolarmente ricercato, The Batman (si vocifera che per molto tempo si era pensato di intitolarlo Vendetta); mentre a vestire i panni dell’orfano Bruce Wayne, incubo dei criminali di Gotham City, questa volta è il britannico Robert Pattinson.

La risposta è che eravamo rimasti a Joker, l’acclamato film di Todd Phillips, valso al regista il Leone d’Oro nel 2019 e al suo protagonista, Joaquin Phoenix, l’Oscar. Non ce ne vogliano i grandi appassionati dell’universo DC, fumettistico e cinematografico, che immaginiamo già pronti a reclamare giustizia per i titoli usciti tra Joker e questo Batman. Parlavamo di un’affinità ideologica e tematica.

Il Joker di Phillips partiva da quella che in inglese chiamano villain origin story (letteralmente “la storia d’origine del cattivo”) per allargare idealmente il campo agli Stati Uniti dell’era Trump e alla rabbia generata dalle disuguaglianze. The Batman, diretto da Matt Reeves (già regista degli ultimi due capitoli della trilogia remake de Il pianeta delle scimmie, tratta dal romanzo di Pierre Boulle), riprende quello spirito, ma il Paese da raccontare ha ovviamente avuto i suoi mutamenti.

La sceneggiatura, firmata dal regista stesso e da Peter Craig, attinge a piene mani dal contesto sociopolitico degli ultimi due anni e senza particolare volontà di mistificare. La storia si apre in una situazione di incertezza politica e sull’orlo delle elezioni a sindaco, un momento in cui il conflitto nella città di Gotham spunta da ogni angolo. I due candidati – attempato uomo bianco il sindaco in carica, giovane donna nera la contendente –, si scannano in un dibattito sul tema della sicurezza. Più avanti nel film, della candidata (Jayme Lawson) vedremo anche un comizio in cui citerà quasi letteralmente gli slogan della campagna elettorale di Joe Biden.

Batman in tutto questo sembra essere incerto sul suo ruolo. Dalla trilogia di Cristopher Nolan, divenuta ormai quasi un classico, il nuovo ciclo pare aver ripreso la riflessione sul ruolo del supereroe, un personaggio che non è più solo botte e infallibilità (sebbene, ci teniamo a rassicurare gli amanti di calci e pugni: sono presenti in quantità), ma anche messa in questione di se stesso e della propria funzione.

Bruce Wayne non è più però nemmeno il sicuro miliardario capace di tenere le fila dei suoi affari di giorno e mettere in riga i criminali di notte. In The Batman l’uomo pipistrello assomiglia più a un detective, anzi il tratto più interessante del film è proprio il suo statuto di noir. Dell’ambientazione del genere viene ripreso quasi tutto: le strade bagnate da pioggia incessante, i bassifondi della città, la notte (sono pochissime le scene diurne e comunque sempre segnate da un cielo coperto o dal crepuscolo).

Il suo protagonista compie infatti lo stesso percorso tipico dei private eye alla Bogart: cercare un assassino e ritrovarsi a rincorrere la propria identità. In questo caso il supercattivo è però un serial killer (Paul Dano), intenzionato a smontare le bugie del sistema corrotto che ha ormai fuso insieme la mafia di Gotham con le sue istituzioni. Interessante è vedere che i due sceneggiatori abbiano deciso di rifarsi in maniera evidente a fatti reali anche in questo caso. Vengono rimessi in scena alcuni degli episodi più truci della storia criminale degli Stati Uniti, come ad esempio il terribile omicidio di Brian Wells, citato quasi letteralmente.

Il focus passa quindi da Batman a Bruce e la ricerca, orientata dalla scia di sangue lasciata dall’assassino, finisce per coinvolgere suo padre Tom Wayne e la sua attività di filantropo e politico, in una sorta di archetipo edipico. Anche la vista diventa un elemento problematico, Batman è in grado di registrare attraverso delle speciali lenti a contatto ma deve poi annotare quel che vede perché non ne è mai sicuro. In alcuni degli omicidi la vista, non a caso, è una questione di primo piano, con una dinamica che ricorda molto Minority Report, l’adattamento di Philip K. Dick realizzato da Spielberg nel 2002. L’immagine stessa molto spesso sfoca irrimediabilmente ai lati, concentrando il focus solo sulla parte centrale, merito della fotografia di Greig Fraser (attualmente candidato all’Oscar per il suo lavoro in Dune).

Se Batman è Bogart, a fare da Bacall è Catwoman, interpretata da Zoë Kravitz. Ulteriore personaggio alle prese con un’eredità familiare pesante, dedita al furto ma legata a doppio filo anche con ambienti malavitosi di cui lei stessa non ha capito fino in fondo la portata. Sì, perché al di là del serial killer, The Batman riesce ad andare un po’ al di là della semplice lotta del bene contro il male ed è colmo di figure grigie. Tutte con una salda tradizione fumettistica alla base, come il Pinguino, interpretato da uno splendido Colin Farrell (a onor del vero anche il personaggio di Dano, l’Enigmista, non è originale); o il malavitoso Carmine Falcone (John Turturro, anche lui impeccabile), sebbene per il pubblico italiano meno cultore dei fumetti potrà risultare difficile da digerire un mafioso con quel cognome.

L’interpretazione di Pattinson non spicca, anche pensando ai suoi illustri predecessori, ma molto si deve a una sceneggiatura che ha immaginato il suo protagonista come una statua confusa. Ai fini della storia e, come già si è detto, della rivalutazione della figura dell’eroe, questa scelta è senza dubbio interessante. È chiaro però che lascia meno spazio al talento del suo attore. Il rischio che porta con sé l’accettare una parte come quella di Batman è evidente: restare intrappolati nell’immaginario del personaggio; Birdman di Iñárritu racconta proprio questo e lo fa attraverso uno dei Bruce Wayne più noti, Michael Keaton. Pattinson però ha le spalle larghe da questo punto di vista, i suoi ruoli nelle saghe cineletterarie di Twilight e Harry Potter avrebbero potuto incatenarlo a un genere, ma è invece riuscito a costruirsi una carriera molto versatile e di alto livello.

Senza voler svelare il finale del film, ovviamente aperto a uno o più sequel, è interessante notare su cosa si sia realmente voluto insistere. Più di JokerThe Batman identifica in maniera precisa i rischi a cui si va incontro emarginando i più deboli in società come quelle contemporanee. Si hanno ben chiare, nell’evolversi del racconto, le immagini di ciò che abbiamo visto accadere al Capitol di Washington, ma anche di quello che la società americana ha visto nascere in rete: comunità di left out colmi di rabbia, pronti a spingersi oltre ogni logica sia sul piano teorico che su quello pratico.

The Batman sembra confermarci che i cinecomics possono diventare in maniera sempre meno velata un’attenta finestra sul presente, possono contaminarsi con generi molto diversi e uscire da una retorica manichea in cui spesso gli è capitato di rimanere incastrati. Se il film in sé non riesce ad eccellere né nella tradizione dei film di supereroi né in quella di film sociali o noir, conserva indubbiamente il fascino di chi non si accontenta di rimanere nel seminato.