Cinema e teatri di nuovo chiusi. Restano aperti i musei, l’incomprensibile misura del nuovo Dpcm
«Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto». Resteranno aperti «i musei e gli altri istituti e luoghi della cultura” basta che garantiscano il distanziamento.
Il nuovo Dpcm firmato nella notte tra il 24 e 25 ottobre e in vigore da lunedì 26 ottobre arriva come una mazzata, anche e soprattutto per il mondo dello spettacolo già messo a dura prova dall’emergenza Covid.
Nonostante gli appelli (associazioni di categoria e nomi dello spettacolo), le proteste e i dati incontrovertibili sul dato sicurezza di cinema e teatri, il governo Conte ha scelto comunque la chiusura. Rendendola ancora più incomprensibile se confrontata con “l’apertura”, invece, decisa per i musei. Dove, ragionevolmente, il distanziamento del pubblico è sicuramente più difficile da mantenere, rispetto ai posti fissi – garantiti dalle poltrone – di cinema e teatri.
“Come evidenziato dai dati di una ricerca da noi effettuata e trasmessa alle Istituzioni ed agli organi di informazione, i luoghi di spettacolo si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale – si legge nel comunicato dell’Agis, tra le prime associazioni a reagire al Dpcm -. Riteniamo, pertanto, che la misura prevista sia ingiustamente penalizzante rispetto al nostro settore. Sono stati siglati accordi e protocolli a livello territoriale ed a livello nazionale con le Organizzazioni di categoria per garantire la salute e la sicurezza e tutte le imprese del comparto si sono adeguate assumendosi onerosi investimenti per elevare il livello di prevenzione sia per i lavoratori che per gli spettatori… Una nuova chiusura delle attività del settore comporterebbe un colpo difficilmente superabile ed una drammatica ricaduta sulle decine di migliaia di lavoratori ed artisti, già al limite del sostentamento a causa del crollo del reddito. Si tratterebbe di una scelta devastante per l’intero Paese”.
Speriamo, evidentemente, in un ripensamento.
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