Cinema indipendente, questo sconosciuto (per la nuova legge) …

Un convegno al Lido dedicato a “Il cinema indipendente e d’autore nella nuova legge cinema” con gli addetti ai lavori del settore. Ma le incertezze e le preoccupazioni restano… Ecco i punti cruciali secondo l’Anac, la storica Associazione degli autori…

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C’e chi confonde i concetti con le definizioni giuridiche ed è convinto che se non ci si riesce ad accordare per definire in chiave giuridica il cinema e il produttore indipendente, allora entrambi non esistono.

Per noi il cinema indipendente è il cinema rappresentato da “opere cinematografiche”  create prioritariamente  sulla forza e l’ originalità delle idee, a differenza di quello che si basa sulle ingenti risorse finanziarie e l’importanza commerciale del cast in funzione del prime time.

Il convegno “Il cinema indipendente e d’autore nella nuova legge cinema” organizzato a Venezia dall’Anac insieme agli esercenti d’essai, ai critici e giornalisti cinematografici, ai circoli del cinema, ai giovani produttori, alle piccole e medie imprese del settore e alle Film Commission, ha messo a nudo alcune questioni che la futura riforma lascia irrisolte.

1) Il rapporto tra tutto quello che la futura legge sosterrà con il denaro pubblico e il sistema televisivo, in particolare il servizio pubblico. Si rispetteranno le quote di programmazione oggi disattese? Si prevederanno obblighi di investimento dei broadcast rigorosi come quelli che esistono in Francia? Ci viene detto che tutto questo esiste nel ddl 2287 in quanto è prevista una delega al Governo e questo dovrebbe bastare anche se nessuno ne conosce il contenuto.

2) Le risorse ( 400 milioni provenienti dall’11% dell’Ires e Iva frutto delle attività di tutte le imprese del settore, come i cinema, le tv, le telefoniche e i provider di internet…) sono di origine erariale e non prevedono alcun contributo, né diretto né erariale, da parte di quei gruppi che oggi hanno risorse incomparabilmente più elevate quali le Over The Top (I-Tunes, Amazon, YouTube, Google…). Se la UE chiede 13 miliardi a Apple perché una legge che guarda al futuro non ha previsto un contributo annuo da parte delle aziende che traggono profitto sfruttando l’ audiovisivo anche sul nostro mercato?

3) La “governance” del settore  sottostá al controllo della politica. È rimasta, infatti, lettera morta la costituzione di una cabina di regia, per l’attuazione delle politiche del settore, estranea al Ministero, come un Centro Nazionale del Cinema (o un Film Institute) su modello di quelli che esistono in altri paese. C’è stato detto che questo ddl  rispecchia la volontà degli operatori espressa in tanti confronti e tavoli interassociativi che ci sono stati negli ultimi tre anni, peccato che proprio da quegli Stati Generali del Cinema di cui si parla era venuta la richiesta unanimemente condivisa, primi fra tutti i produttori dell’ Anica, della necessità di costituire un CNC alla francese.

4) Destinando, tramite i contributi selettivi, solo una somma tra i 20 e i 32 milioni alla produzione, l’esercizio e la distribuzione del cinema indipendente non si è saputo (voluto?) trovare il giusto equilibrio tra la parte industriale e quella “artigianale” del cinema. È mai possibile considerare che il rapporto tra il 5/7% dei contributi selettivi e il 95/93%  di quelli automatici sia un rapporto corretto per una riforma efficace ed equa? Noi non lo crediamo e più che l’ inquietudine ci sovrasta lo stupore per l’acquiescienza di una gran parte degli operatori.

Infine se possiamo arrivare a condividere l’intenzione della legge, dichiarata nel suo intervento dal direttore generale Nicola Borelli, di fare crescere le maggiori aziende italiane ( la prima nella classifica europea è solo al 26esimo posto) per renderle più competitive sui mercati internazionali,  è inaccettabile la scarsa attenzione del provvedimento verso le piccole e medie imprese, ma soprattutto non capiamo perché si ritenga che i contributi automatici, basati prevalentemente su criteri commerciali, siano garanzia di qualità e redditività.

Per questo gli autori, che avevano già scritto a giugno una lettera unitaria, rilanciano, insieme alle sette associazioni organizzatrici dell’incontro di Venezia, l’appello al Ministro affinché recuperi l’emendamento (11.22) che prevedeva  al 25% la quota del Fondo destinata ai contributi selettivi.