Daniele Vicari fa cinema in tv. E il “suo” Pippo Fava arriva su RaiPlay
Disponibile su RaiPlay, “Prima che la notte“, film tv di Daniele Vicari (del 2018) dall’omonimo romanzo di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini&Castoldi), dedicato a Pippo Fava, il giornalista catanese ucciso dalla mafia nell’ 84. Un film corale spinto da una sorta di forza interiore, con Fabrizio Gifuni, magistrale, nei pannni del protagonista. Il film ha vinto il “Nastro della legalità” 2018, riconoscimento del SNGCI …
Nel 2018 Rai1 ha assetato due bei colpi raccontando degli “eroi popolari” vittime della mafia. Il primo È così lieve il tuo bacio sulla fronte, storia della vita e dell’uccisione del magistrato Rocco Chinnici e, il secondo, è visibile ora su RaiPlay.
Parliamo, infatti, di Prima che la notte di Daniele Vicari, tratto dall’omonimo libro di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini&Castoldi, 2014) che hanno collaborato anche alla sceneggiatura, presentato allora in prima serata per la giornata della legalità.
Al film citato di Michele Soavi, Prima che la notte somiglia anche per il taglio che unisce dimensione pubblica e privata, che in quel caso era destinato ad agire più sottopelle e a suscitare emozioni (legate in particolare al rapporto tra padre e figlia), mentre qui acquisiscono maggiore rilievo la dimensione pubblica e il messaggio “politico”. In cui si può riconoscere la particolare sensibilità dell’autore di Sole cuore amore e Diaz. Non pulire questo sangue, impegnato, stavolta, a fare cinema sul piccolo schermo.
Il personaggio di cui tratta il tv movie è Pippo Fava, il giornalista catanese ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Ma è bene precisare subito che non si tratta di un eroe vero e proprio, come il figlio Claudio ha tenuto a precisare nella presentazione del film ai giornalisti (presente anche Don Ciotti). Perché la figura dell’eroe tende a segnare la distanza con i comuni mortali, mentre Pippo Fava era prima di tutto una persona, un anticonformista e un sognatore, oltre che un giornalista libero, spinto da una forte motivazione etica.
Richiamato da Roma a Catania per dirigere il quotidiano Il Giornale del Sud (ribattezzato nel film Il giornale del Mezzogiorno), Fava caratterizza subito la linea del suo giornale in chiave anti-mafia, individuando in Nitto Santapaola il mandante di molti omicidi e il tessitore degli intrallazzi che avvelenano la città, nonostante la nuova vernice “imprenditoriale” degli affari di mafia.
Dopo il licenziamento da parte di un editore che ha ben presto capito i rischi a cui si esponeva, Pippo Fava fonda il mensile I siciliani trascinando con sé un gruppo di giovani giornalisti, tra i quali il figlio Claudio.
Incurante delle minacce e dei consigli più o meno interessati ad abbassare i toni, I siciliani prosegue la sua campagna anti-mafia, fino al giorno in cui un sicario gli esplode in faccia quattro colpi di pistola, mentre ha appena parcheggiato la vettura sul marciapiede, uccidendolo sul colpo. Nitto Santapaola sarà poi riconosciuto colpevole dell’omicidio in quanto mandante insieme ad Aldo Ercolano, e condannato all’ergastolo nel 1998.
Fabrizio Gifuni interpreta Pippo Fava magistralmente, dandogli una credibilità che va oltre l’aderenza fisica, facendola coincidere con lo spirito di una città e di un’intera epoca storica, e coinvolgendo con il suo carisma l’intero cast (Selene Caramazza, Aurora Quattrocchi, Lorenza Indovina, Carlo Calderone, Beniamino Marcone, Dario Aita, Marco Iannitello, Davide Giordano).
Anche qui, come già era avvenuto in È così lieve il tuo bacio sulla fronte, tutto sembra muoversi in sintonia nella costruzione di un film corale spinto da una sorta di forza interiore: dagli attori, compresi quelli costretti alle parti più odiose, alla musica, dai truccatori a una ricostruzione degli ambienti davvero encomiabili. Un bell’esempio di tv di qualità, insomma.
E pure la durata, forse eccessiva, non impedisce all’opera di lasciare il suo segno. Se non altro per le parole di Pippo Fava, che nonostante oggi possano apparire retoriche, non hanno certo perso di attualità. Anzi: “Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”.
Lo sanno bene quei 19 cronisti italiani che vivono sotto scorta, ultimo baluardo di quel giornalismo alla Pippo Fava, che ormai non esiste più.
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