La BNL interviene per salvare l’Azzurro Scipioni. Ma dove sono le istituzioni?


L’Azzurro Scipioni chiude, le istituzioni tacciono e la BNL interviene. La banca – insieme alla Capogruppo BNP Paribas – annuncia in un comunicato stampa una partnership di cinque anni per salvare l’esperienza del cinema di Silvano Agosti, costretto dopo quarant’anni a chiudere i battenti, a causa della pandemia e per l’assenza di fondi strutturali. L’istituto di credito – si legge nella nota – si impegna,  “dopo una ristrutturazione conservativa dei locali, a rinnovare la sala, darle nuova vita ed aprire nuove prospettive di sviluppo”.

“Il futuro della settima arte non sarà scritto senza i cinema. Più che mai, dobbiamo mostrare loro il nostro sostegno collettivo e tutelare questa parte del patrimonio cinematografico”, scrivono l’Amministratore Delegato Gruppo BNP Paribas Jean-Laurent Bonnafé e il presidente di BNL Luigi Abete. Il riconoscimento da parte dell’istituto di credito dell’insostituibile valore culturale di questo piccolo “Louvre del film” – per il quartiere di Prati e per l’intera città di Roma – rivela però in controluce il drammatico silenzio delle istituzioni, e la loro mancata presa di posizione in battaglie di vitale importanza come questa.

Nonostante le numerose petizioni per impedire la chiusura della storica sala, l’appello di Liliana Cavani insieme all’Anac per attribuire un premio al suo fondatore, e l’ultimo “bombardamento” di mail – promosso da Stefania Brai e Fabiomassimo Lozzi – indirizzato al Comune, alla Regione e al Ministero, l’unica risposta ottenuta dai vertici è stata finora il silenzio.

Di fronte al sostegno garantito della banca, l’ex assessore alla cultura del Comune di Roma Luca Bergamo afferma di “sentirsi sollevato”, nonostante si assista ancora una volta a come le inadempienze del potere pubblico siano colmate dall’intervento privato. Un ente come la BNL che – come ricordano la stessa Stefania Brai e Michela Becchis in un comunicato di Rifondazione comunista – è stato strettamente legato al nome di Cinecittà per “i licenziamenti dei lavoratori, i tentativi di cementificazione dei terreni degli studios, i passivi della gestione”.

È certamente un bene che la vita di un luogo prezioso come l’Azzurro Scipioni possa essere in questo modo preservata, ma – proseguono le due rappresentanti di Rifondazione – è necessario continuare “la lotta contro le politiche di privatizzazione dei luoghi  e della produzione artistica e culturale e per rilanciare il ruolo dello Stato – in tutte le sue articolazioni – in quello che è un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione: l’accesso alla cultura”.