La fiera degli adattamenti (dark) di Del Toro: da “Nightmare Alley” al Pinocchio antifascista

Guillermo Del Toro è al lavoro sull’adattamento di “Nightmare Alley”, romanzo noir-horror del ’46, scritto da William Lindsay Gresham e incentrato sulla coppia fatale, giostraio ambizioso (Bradley Cooper) e psicologa-femme fatale (Cate Blanchett). Già portato sullo schermo nel ’47, “La fiera delle illusioni” (con Tyrone Power), il libro (come la stessa biografia) di Gresham presenta più punti di contatto con l’opera del regista messicano. Quest’ultimo è impegnato anche con un nuovo Pinocchio, libero, antifascista e in stop-motion, con un cast super…

 

«Trova ciò di cui hanno paura e rivendiglielo». Questa è l’intuizione da cui prende le mosse la tetra parabola di Stan Carlisle, giostraio di luna park, protagonista del romanzo Nightmare Alley (1946), scritto da William Lindsay Gresham e presto al cinema (dopo l’adattamento del 1947, La fiera delle illusioni, nella foto), per mano di un regista che di atmosfere oscure se ne intende, Guillermo Del Toro.

Il cineasta messicano, reduce dal trionfo agli Oscar 2017 con la sua fiaba a sfondo socio-politico La forma dell’acqua, ha infatti iniziato le riprese dell’adattamento (prodotto dallo stesso Del Toro e da J. Miles Dale con la Searchlight Pictures) a fine gennaio: e l’attesa per questa nuova trasposizione (in arrivo per il 2021) continua a crescere.

La poetica di Del Toro (qui anche sceneggiatore con Kim Morgan), a ben vedere, sembra fatta per dialogare proficuamente non solo con l’opera ma anche col vissuto di uno scrittore come Gresham: questi, nato a Baltimora nel 1909 e morto suicida nel 1962, è stato, tra le altre cose, combattente anti-franchista durante la guerra civile spagnola del 1936-39, narrata proprio da Del Toro in un suo titolo culto, Il labirinto del fauno (2006).

Proprio durante la permanenza in Spagna, Gresham inizia a concepire il suo Nightmare Alley: tutto nasce da un racconto, carpito dall’autore, sui fenomeni da baraccone noti come “geek”, che durante le fiere inghiottono animali vivi (come serpenti o galline), generalmente per procacciarsi alcool e droga. Questa notizia impressiona a tal punto l’allora ventinovenne Gresham da spingerlo a scrivere quello che diverrà il suo libro più noto.

Nightmare Alley inizia, non a caso, con l’esibizione di un “geek”, da cui il protagonista Stan ricava la sua intuizione per manipolare le persone: vendergli le loro stesse paure. La storia del romanzo (e del film) è appunto una vicenda di manipolazione praticata e subita, con Stan che comincia a mettere su degli ingannevoli spettacoli di magia e spiritismo, complice la psicologa Lilith, definita «forse la più spaventosa femme fatale dell’intero canone noir, di sicuro la più astuta» (Los Angeles Times, 2010).

Ma nel romanzo il noir è al confine con l’horror: Gresham (autore, poco prima di morire, di una biografia del mago Houdini) vi trasfonde il suo interesse per l’occulto, strutturando la narrazione a partire dai personaggi dei tarocchi, che aprono emblematicamente ogni capitolo (a cominciare, nel primo, dal “Folle”).

Un aspetto, quest’ultimo, che rende l’opera letteraria tanto più vicina all’immaginario di Del Toro, il quale (in linea con i suoi trascorsi) non sembra intenzionato a edulcorare in nessun modo il materiale di partenza (si parla già di un possibile divieto ai minori per il film).

Lo stesso libro di Gresham è un oggetto a suo modo inquietante data l’aura di successo “maledetto” che lo avvolge (almeno negli Stati Uniti): un po’ per la sua vicenda editoriale (censurato in più punti dopo la sua uscita, poi a lungo dimenticato, e solo nel 2010 ripubblicato in versione integrale da NYRB Classics), sia per i temi (alcolismo, psicoanalisi) connessi alla tormentata e tragica biografia del suo autore.

La prima trasposizione cinematografica di Nightmare Alley era arrivata un anno dopo l’uscita del libro, per mano del regista Edmund Goulding, dello sceneggiatore Jules Furthman e, soprattutto, dell’attore protagonista Tyrone Power, interessato a un personaggio diverso dai suoi ruoli abituali. Nella versione di Del Toro, invece, vedremo un cast corale di star capitanato da Bradley Cooper (nella parte di Stan) e dalla pluripremiata (e presidente di giuria a Venezia 2020) Cate Blanchett, cui è affidato il ruolo della psicologa Lilith.

Arricchiscono la compagine di interpreti il veterano Willem Dafoe (nei panni del capo imbonitore Clem), Rooney Mara (nella parte di Molly), Richard Jenkis (l’industriale Ezra Grindle), Toni Collette, David Strathairn e uno degli attori feticcio di Del Toro, Ron Perlman (già Hellboy nelle trasposizioni del regista dai fumetti di Mike Mignola, ma presente anche in CronosBlade II Pacific Rim), che impersonerà Bruno “il Forzuto”.

Non meno curiosità desta l’altro, ambizioso adattamento del regista, quello da Pinocchio: sono diversi anni ormai (le prime immagini risalgono al 2012) che il regista sta pianificando (con la collaborazione di Mark Gustafson) un adattamento animato del classico di Collodi (portato sullo schermo, nel frattempo, anche da Matteo Garrone): di recente, il progetto è stato rilanciato ed è tuttora in cantiere col supporto di Netflix.

Anche su quest’ultima fatica di Del Toro stanno emergendo ulteriori novità, il 19 agosto Netflix ha ufficializzato il cast: accanto alla voce di David Bradley per Geppetto, sembra che udiremo (almeno nella versione originale) anche Ewan McGregor, Christoph Waltz, Tilda Swinton, Finn Wolfhard, Cate Blanchett, John Turturro, Tim Blake Nelson, Burn Gorman e, immancabilmente, Ron Perlman.

Del Toro ha già anticipato che la sua versione del celeberrimo burattino sarà alquanto libera e, soprattutto, in linea con l’immaginario a lui più caro: sarà infatti un Pinocchio calato nella realtà storica del regime fascista, con un Geppetto «padre indifferente» e agganci col personaggio di Frankenstein.

Aggiungiamo poi la stessa tecnica (la stop-motion) utilizzata in alcuni capolavori dell’animazione più “perturbante” (da Tim Burton’s Nightmare before Christmas Coraline e la porta magica) e possiamo ben aspettarci il Pinocchio più dark e politicizzato mai portato al cinema.