L’altra faccia del Risorgimento. “L’abbaglio” di Roberto Andò è (anche) l’Italia di oggi, al cinema

In sala dal 16 gennaio (per 01 Distribution) “L’abbaglio” nuovo film di Roberto Andò con gli stessi protagonisti del pirandelliano, “La stranezza”: Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone. Una rilettura del Risorgimento, in particolare la spedizione dei Mille di Garibaldi, che mostra l’altra faccia dell’epopea con le sue miserie e nobiltà. Il tradimento degli ideali e la conferma del gattopardesco “cambiare tutto affinché nulla cambi”. Tanti riferimenti letterari e in particolare lo Sciascia del racconto, “Il silenzio” …

foto di Lia Pasqualino

Dopo il bel successo de La stranezza, protagonista Luigi Pirandello, Roberto Andò ci riprova con L’abbaglio, altro film denso di riferimenti storici, letterari (e cinematografici) che chiama in causa il Risorgimento italiano con il suo corredo di luci e di ombre (in uscita nella sale il 15 gennaio, 01 Distribution).

La storia è quella nota, ma forse non ancora del tutto indagata nelle sue parti dolorose e meno edificanti, della spedizione dei Mille al tempo dello sbarco a Marsala, da dove il piccolo esercito di Garibaldi partì per unificare al Regno d’Italia la Sicilia e il Meridione, combattendo il corrotto e retrivo regime borbonico.

In questa vicenda, che segue fedelmente le tappe dell’epopea garibaldina in Sicilia affidando il ruolo di protagonista al colonnello palermitano Vincenzo Giordano Orsini (interpretato, come sempre magistralmente, da Toni Servillo), si inserisce quella di due avventurieri reclutati un po’ frettolosamente nei Mille e poi pronti a disertare al suono del primo cannone.

I quali però avranno modo di riscattarsi immolandosi – fino a un certo punto come vedremo – per salvare dal saccheggio e dalla distruzione gli abitanti di Sambuca, paesino che aveva ospitato e nascosto le truppe di Orsini impegnate in una manovra diversiva favorendo così l’ingresso di Garibaldi a Palermo, l’insurrezione della città e la sconfitta del generale borbonico Jean-Luc Von Mechel.

La storia e la commedia si alternano, integrandosi non sempre in maniera fluida e convincente ma senza perdere mai il filo e lasciando allo spettatore il gusto della sorpresa e il piacere della visione. Anche perché la parte dei due gaglioffi è affidata alla verve e alla capacità d’improvvisazione di due comici di rango come Salvo Ficarra e Valentino Picone, già sperimentati con successo ne La stranezza insieme, ancora una volta, a Toni Servillo.

Questo doppio registro consente ad Andò di inseguire il vero obiettivo del film, che è quello di dimostrare l’altra faccia dell’epopea (e della retorica) risorgimentale, le miserie e le nobiltà che caratterizzarono quel periodo storico (e non solo), e infine il tradimento degli ideali e la conferma del principio così ben condensato in una frase de Il Gattopardo, “cambiare tutto affinché nulla cambi”.

A parte il libro di Tomasi di Lampedusa e l’omonimo film di Luchino Visconti, non mancano i riferimenti letterari e cinematografici che giocano di rimando tra storia e commedia. Viene in mente, nel cinema, Il generale Della Rovere di Rossellini (1959) con Vittorio De Sica, tratto da un racconto di Indro Montanelli; Il federale di Luciano Salce (1961) e soprattutto La grande Guerra di Mario Monicelli (1959).

Se la scena dello sbarco a Marsala rende omaggio a Il giorno più lungo e Salvate il soldato Ryan di Spielberg, un debito va senz’altro riconosciuto al racconto Il silenzio, presente nella raccolta postuma Il fuoco e il mare. Racconti dispersi (1947-1975)(Adelphi 2010) in cui Leonardo Sciascia riprende la storia della “colonna Orsini” fino allora oscurata dai trionfi garibaldini.

Ottima la scelta dei luoghi, chiese e castelli semidiroccati e case in cui convivono animali ed esseri umani, a dare il senso di un paese arretrato e sotto il tallone del sopruso e della miseria. Su tutto aleggia la musica che meglio rappresenta lo spirito risorgimentale. E non poteva che essere Va’ Pensiero.