Memorie per dopo domani di un (insostituibile) cattivo maestro. Ritratto doc di Franco Fortini

Disponibile sulla piattaforma OpenDDB, “Franco Fortini. Memorie per dopo domani”, documentario di Lorenzo Pallini dedicato al poeta, saggista, critico letterario, traduttore e insegnante tra le più importanti voci del Novecento. Spirito fortemente critico, sempre teso alla ricerca delle “verità” e fermo nell’ineluttabile convinzione che la lettura del passato sia lo strumento per decodificare il presente e ipotizzare il futuro. Da cui il bel titolo del bel documentario che ha il merito di raccogliere una serie di esperienze e incontri, il frutto di tante voci (anche Cecilia Mangini) che si uniscono per colmare un oblio colpevole e restituire una sua immagine collettiva…

Il 13 febbraio 1990, alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Urbino occupata dagli studenti della Pantera, Franco Fortini venne invitato a tenere una lezione. In un clima attento e partecipe l’incontro si svolse tra letture di poesie e discussioni con occupanti, docenti e semplici cittadini.

Dell’evento esistono otto minuti di ripresa video molto densi, in cui viene mostrato, senza nostalgia, il filo che lega questo convegno alla tensione positiva e costruttiva liberata dall’ultima mobilitazione studentesca che abbia avuto diffusione e rilevanza nazionale.

Quello che nel panorama delle rivolte degli anni ’60 e ’70 era stato definito un “cattivo maestro” anche dalla sinistra più ottusa, parla ai giovani sollecitando all’impegno appassionato e alla cultura militante. Fortini sosteneva infatti che “Il patrimonio culturale è come il patrimonio economico: se uno ne possiede tanto è perché lo ha sottratto ad altri” parlando della necessità di una condivisione, di un riuso, di un bene da far circolare.

È proprio con uno stralcio di quel video girato ad Urbino che si apre il documentario Franco Fortini. Memorie per dopo domani di Lorenzo Pallini, risultato di una vera e propria produzione dal basso, resa possibile grazie al contributo di 225 crowdfunders, e visibile a offerta libera su OpenDDB.

Nato dalle iniziative sorte nel 2014 in occasione del ventennale della morte dell’autore, il documentario è ricco di preziose collaborazioni: dalle testimonianze di amicizie, allievi e studiosi, al notevole materiale reperito presso il Centro studi Franco Fortini dell’Università di Siena e presso l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD), e grazie a partner come l’Associazione Culturale Marmorata 169 e alla casa di produzione indipendente SMK Factory.

Poeta, saggista, critico letterario, traduttore e insegnante, Franco Fortini è stato tra le più importanti voci del Novecento. Un intellettuale totale e militante che ha avuto una grande influenza sulle generazioni della stagione dei movimenti. Una voce indipendente e inattuale, quindi lontano dalle posizioni di comodo e dalle mode culturali. Spirito fortemente critico, animato da un rigore etico e morale come pochi, sempre teso alla ricerca delle “verità” e fermo nell’ineluttabile convinzione che la lettura del passato sia lo strumento per decodificare il presente e ipotizzare il futuro.

Di qui il dopo domani del titolo di un bel documentario che ha il merito di raccogliere una serie di esperienze e incontri, il frutto di tante voci che si uniscono per colmare un oblio colpevole e restituire un’immagine collettiva di Franco Fortini.
Il ritratto di Fortini è quello di un intellettuale molteplice: poeta, traduttore, critico letterario, studioso, saggista, professore, ideologo. Impegnato, etico, rigoroso, intransigente. A volte aspro e, per questo, scomodo e isolato. Difficile rintracciare una figura uguale nello specialismo culturale di oggi. E forse è proprio questo il motivo della rimozione.

Questo il ritratto di Franco Fortini che si tratteggia nel film. Per chi l’ha conosciuto e frequentato sono ineludibili l’onestà intellettuale, la profonda dedizione morale e soprattutto la capacità di prendere posizione nella letteratura come nei fatti dei quali è stato testimone e partecipante attivo. Dovendo sintetizzare parleremmo di un poeta e di un intellettuale dotato di una generosità critica eccezionalmente aggressiva e penetrante. Un intellettuale militante e scomodo, si sarebbe detto un tempo. Incapace di stare alla finestra.

Come poteva essere diversamente per un uomo passato attraverso la partecipazione attiva antifascista in Val d’Ossola, attento osservatore e critico degli eventi sociali e politici dell’immediato dopoguerra. Poi rigoroso sostenitore delle istanze dei fermenti politici degli anni ’60 e ‘70.

Cecilia Mangini, una delle cineaste più “resistenti”, compare recitando Canto degli ultimi partigiani di Fortini dalla prima raccolta poetica Foglio di via (1946). Non è un caso che proprio la Mangini venga chiamata a ricordare il poeta. Nel film infatti scorrono gli spezzoni dell’avversatissimo documentario All’armi siam fascisti! (1962) di Lino Del Fra e Cecilia Mangini, con i potenti testi di Fortini.

Il documentario di Lorenzo Pallini è fuori di dubbio un’opera di grande interesse e valore culturale al quale, tuttavia, è legittimo sollevare un appunto. Appare una lacuna non di poco conto l’aver accennato solo en passant al rapporto conflittuale lungo decenni tra Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini.

Vista la grandezza dei due contendenti e la lunga durata del conflitto, forse era doveroso dare maggior conto delle polemiche e ai motivi. Come, ad esempio, dopo gli scontri di Valle Giulia, occasione nella quale Pasolini dalle colonne del Corriere della Sera prese provocatoriamente le parti dei poliziotti: “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti!”

Franco Fortini rispose a Pasolini aspramente sull’Espresso: “Sei prigioniero di una definizione meccanica di ‘borghese’ e di ‘piccolo-borghese’…”.

Ma tra i due era anche diversa la posizione nel merito poetico che portò Fortini a pubblicare un lungo e articolato scritto sui Quaderni piacentini (n. 44-45/1971) che si apriva con queste parole: “Molte cose Pasolini sa fare.  Non la più importante per lui: che sarebbe di stare un po’ zitto… “.

Un lunghissimo rapporto dialettico all’insegna di una fraterna inconciliabilità nella visione politica e nella concezione del fare poetico. Solo molti anni dopo, per la precisione nel 1993, con Pasolini già morto da due decenni, Fortini ripensava a quel lungo e turbolento rapporto rivedendo (nei modi ma non nel merito) le proprie posizioni di allora: “Lui aveva torto e io non avevo ragione”.