Orlando ora non deve più nascondersi. Preciado rilegge Virginia Woolf nella sua “biografia politica”
Passato alla Festa di Roma, dopo la presentazione alla scorsa Berlinale, “Orlando, la mia biografia politica” omaggio-rilettura del capolavoro di Virginia Woolf a firma di Paul B. Preciado, filosofo, attivista e rappresentante di spicco del pensiero queer e degli studi di genere. Qui rappresenta i tanti Orlando che nel mondo vivono la violenza del pensiero binario. A cominciare dalla lotta sui documenti: il sesso con cui si nasce è automaticamente il genere ufficiale e cambiarlo diventa la battaglia primordiale per tutte le persone transessuali. Prossimamente al cinema con Fandango …
«Violence was all», la violenza era tutto. È la frase “chirurgicamente” asportata in una surreale ma tenera scena di Orlando, la mia biografia politica, passato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione dedicata al meglio della stagione festivaliera (era alla Berlinale di quest’anno).
La mano che asporta la frase dal suo “corpo” letterario, l’Orlando di Virginia Woolf (già portato al cinema da Sally Potter nel 1992), è quella del regista Paul B. Preciado, filosofo e intellettuale diventato di culto negli ultimi anni, di cui in Italia come di consueto si è parlato poco e pubblicato in sordina, se non i suoi pezzi su Libération tradotti da Internazionale.
Per capire Preciado bisogna emanciparsi dal vincolo delle contingenze natali. È nato in Spagna e nel corpo di una donna, ma a dar forza al suo pensiero è tutto ciò che è seguito: gli studi parigini all’EHESS (la scuola di alti studi in scienze sociali) e la transizione.
Orlando, da buona biografia, porta con sé tutto questo. È chiaramente in francese, ma più di tutto è una lettera colma di riconoscenza all’autrice britannica che per prima, nel suo romanzo del 1928, parlò di un personaggio che naviga tra il maschile e il femminile.
A chi gli domandava perché non scrivesse una sua autobiografia, Preciado rispondeva dicendo che “l’ha già scritta quella stronza di Virginia Woolf”. Ma sono passati due secoli e Orlando ha bisogno di essere rivisto, riraccontato, rimesso in circolo con gli occhi di oggi.
Così il regista popola la sua biografia politica di Orlandi nuovi, con i loro diversi e personalissimi gradi di trasgressione alla banalità oppressiva della mentalità binaria. Con le loro dolorose battaglie, tra cui dover provare a uno psicanalista di essere davvero chi dicono di essere, un punto in cui Woolf sconfina in Kafka.
Alla scrittrice dedica riflessioni colme di ammirazione e riconoscenza, la presenta al pubblico con il tono cordiale con cui si introduce chi ci ha cambiato la vita con le parole. Woolf è un’altra faccia della tribù che affolla il film, un altro Orlando, la sua storia è forse tra le più dolorose: l’amore per Vita Sackville-West, l’incomprensione, il suicidio.
Preciado però ha l’intento tutto politico di non volersi rassegnare alla diagnosi. Si traveste da chirurgo anche per questo, perché coltiva la speranza di poter incidere nel suo tempo. E allora anche le sofferenze, la sua o quella di Wolf, non sono fini a sé stesse ma il punto di partenza di una battaglia in cui andranno riscattate.
Il cuore di Orlando è in realtà la lotta sui documenti, il punto di incontro tra lo Stato e gli individui. Nelle sedicenti civilissime democrazie occidentali la disforia non è contemplata, il sesso con cui si nasce è automaticamente il genere ufficiale e cambiarlo diventa la battaglia primordiale per tutte le persone transessuali.
Nel finale sfilano gioiose a ritirare i loro passaporti, che riflettono finalmente ciò che sono. In uno si legge alla sezione genitori: Autore – Virginia Woolf.
Hemingway sosteneva, portando prove, che una storia si potesse racchiudere in 6 parole. Le tre che il regista asporta al libro forse non basteranno a diventare un racconto, ma sono abbastanza per un messaggio. Violenza, perché è il pane quotidiano di chi vive in un mondo che esclude. E il verbo al passato, perché da oggi in poi gli Orlandi non hanno intenzione di nascondersi più.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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