Qulla lunga barba bianca contro l’ingiustizia. Storia doc di un padre e di un figlio vittima di mafia

In sala dal 21 marzo (per Mescalito Film) “Io lo so chi siete” di Alessandro Colizzi e Silvia Cossu, doc dedicato alla resistenza di un padre, Vincenzo Agostino, nel chiedere giustizia per suo figlio, Nino Agostino agente di polizia di Palermo ucciso dalla mafia insieme alla moglie incinta il 5 agosto dell’89. Da quel giorno Vincenzo ha giurato sulla bara del figlio che non si sarebbe più tagliato la barba e i capelli finché non fosse stata accertata la verità. La lunga barba bianca e i capelli che scendono fino alle spalle la dicono lunga sul corso della giustizia italiana quando si tratta di fare luce su questo genere di misteri …

Il 5 agosto 1989 Nino Agostino, agente di polizia della Questura di Palermo, collaboratore sotto copertura di Giovanni Falcone, viene ucciso da ignoti sulla soglia di casa insieme alla moglie che aspetta un bambino.

Sembra un episodio “minore” della vicenda mafiosa, destinato a restare ancora una volta senza movente e senza prove contro esecutori e mandanti, con la riproposizione del solito triste copione: sopralluoghi sospetti, carte scomparse, verbali falsificati, indagini depistate.

Quello che si sa è che Agostino era diventato testimone scomodo degli intrecci tra mafia e potere politico, al centro stesso di quel patto tra Stato e mafia che avrebbe dato origine da lì a poco agli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Narra di tutto questo il film Io lo so chi siete di Alessandro Colizzi (prodotto da Silvia Cossu che ne è anche la sceneggiatrice, oltre allo stesso regista e Massimiliano La Pegna per Film Deadalus e Moviheart) nelle sale il 21 marzo 2022 distribuito da Mescalito Film dopo l’anteprima al 66° Taormina Film Festival e il premio ottenuto come Miglior Documentario al Mescalito Biopic Fest 2021.

Attraverso, interviste, testimonianze, immagini di repertorio e scene girate nelle scuole, nelle piazze e in altri luoghi, il film si focalizza sulla figura di Vincenzo Agostino, padre di Nino, che da quel lontano giorno, insieme alla moglie Augusta, non ha mai smesso di battersi per avere giustizia.

Vincenzo ha giurato sulla bara del figlio che non si sarebbe più tagliato la barba e i capelli finché non fosse stata accertata la verità, diventando così per moltissimi cittadini – anche dopo la recente scomparsa della moglie Augusta, compagna di questa eroica lotta contro i muri di gomma – un simbolo di dignità e resistenza. E una prova vivente di ciò che significa per i familiari delle vittime farsi carico privatamente, in sostituzione dello Stato, della ricerca della verità e della giustizia.

Il fatto che a tutt’oggi il viso sofferto e intenso di Vincenzo sia contornato da una lunga barba bianca, e da capelli che scendono fino alle spalle, la dice lunga sul corso della giustizia italiana quando si tratta di fare luce su questo genere di misteri. D’altronde – lo dice chiaramente il giornalista Attilio Bolzoni che, assieme a Stefania Limiti, Luca Tescaroli, Fabio Repici, Ivan D’Anna e Flora Agostino, consegna al film una preziosa testimonianza – la verità non viene mai fuori nelle vicende giudiziarie in cui lo Stato deve processare se stesso.

E tuttavia, a parziale attenuazione di tale certezza, va aggiunto che nel luglio 2020, a distanza da oltre 30 anni dai fatti, la Procura Generale di Palermo guidata dal dottor Scarpinato ha chiesto il rinvio a giudizio dei presunti colpevoli del duplice omicidio e avviato il processo. Forse si sta aprendo un nuovo capitolo. Ma intanto Vincenzo Agostino – come si legge nella didascalia finale del film – vive sotto scorta dal 2016 e dal 1995 si batte con Libera, insieme a tanti altri familiari, “per tenere viva la memoria delle vittime innocenti delle mafie e chiedere giustizia”.