Giulietta Masina, un modo diverso di dire Fellini (e viceversa). Con lei il secondo appuntamento al MIAC

È noto che dire Giulietta Masina è solo un modo diverso per dire Federico Fellini (ma, sia chiaro, questo è vero anche a parti invertite). In occasione dell’anniversario dei cent’anni dalla sua nascita, il secondo appuntamento di “Libri al MIAC” (disponibile dall’8 aprile sul canale youtube di Istituto Luce Cinecittà) è con la biografia della grande attrice emiliana, firmata e presentata da Gianfranco Angelucci. Per ribadire che non ci sarebbe stato nessun Federico Fellini senza Giulietta Masina…

La leggendaria inquadratura finale de Le notti di Cabiria

Se ne sono accorti in pochi, purtroppo, tra la pandemia e l’ingombrante centenario del marito Federico Fellini, ma il 21 febbraio scorso si è compiuto un secolo anche dalla nascita di Giulietta Masina. Il secondo appuntamento di “Libri al MIAC” (disponibile qui) il ciclo di incontri bisettimanali organizzato dal museo di Cinecittà per parlare con gli autori di libri e di cinema, è una conversazione con Gianfranco Angelucci che accende invece un doveroso faro su uno dei volti più iconici del nostro cinema.

Il libro in questione è Giulietta Masina, la biografia che Angelucci, amico intimo dell’attrice, ha pubblicato nel 2014 ma che è riapparsa nelle librerie proprio in vista dell’importante anniversario, pubblicata da Edizioni Sabinae in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia.

È noto che dire Giulietta Masina è solo un modo diverso per dire Federico Fellini (ma, sia chiaro, questo è vero anche a parti invertite), un matrimonio che li ha quasi fusi in un’unica entità, con tutti gli aspetti positivi e negativi del caso. Per lei, ha voluto significare perdere un poco la dimensione di attrice, sacrificata a quella di moglie del grande genio; «il più grande artista del Novecento», dice Angelucci, che però ammette di essere fazioso.

La verità è che non ci sarebbe stato nessun Federico Fellini senza Giulietta Masina. Prima di tutto per i ruoli immortali che lui ha scritto ispirandosi direttamente a lei, dalla prostituta Cabiria, che continua a credere nella vita anche se non fa altro che subirne gli spintoni (lo ricordano in pochi, ma il personaggio si affaccia già ne Lo sceicco bianco, il primo film di Fellini), a Gelsomina, il Chaplin ingenuo di quella magnifica favola disincantata che è La strada. Angelucci ricorda l’orgoglio dell’attrice nel raccontargli di quando la regina Elisabetta volle che il film fosse proiettato nella sala più grande a disposizione a Londra e dell’affetto straordinario con cui il pubblico inglese inondò lei e Federico.

Ma Giulietta Masina è stata fondamentale anche per la determinazione con cui è rimasta legata a suo marito, bugiardo di grande esperienza e traditore seriale. Vedendo in proiezione privata , il film magistrale in cui Fellini confessava a tutto il mondo le sue relazioni extraconiugali, lei non ha mai smesso di piangere; «ma non piangeva per la loro storia, piangeva perché era un capolavoro», spiega Angelucci. Le stesse lacrime che poi non seppe fermare a Los Angeles, nel ’93, quando dal palco degli Oscar il marito fece un solo nome, il suo, per dire grazie a tutti quanti, aggiungendo un perentorio «Please stop crying!».

Fellini e Masina erano, più di tutto, la colonna portante della vita dell’altro. «In Ginger e Fred, Fellini fa confessare a Mastroianni la sua grande paura, ossia che senza Giulietta avrebbe perso il senno», racconta Angelucci con voce interrotta dall’emozione. Negli ultimi mesi della sua vita, Fellini ricoverato in Emilia si fece portare a Roma per essere vicino alla moglie, anche lei ricoverata. Sarà il regista ad andarsene per primo, ma lei lo seguirà dopo pochi mesi, perché, come disse ad Angelucci nel loro ultimo colloquio, «che ci sto a fare io, qua, senza Federico?».

Il prossimo appuntamento di Libri al MIAC, il terzo dopo quello qui raccontato e il precedente su Cosa Nostra, sarà dedicato ad un altro grandissimo protagonista del nostro cinema: Ettore Scola.