Voci da un altro mondo al MIAC. Fellini, Monicelli & Co nelle interviste di Laudadio per “l’Unità”
Il quinto libro al MIAC di Cinecittà è con “Ritratti e autoritratti” il volume firmato da Felice Laudadio (per Rubbettino) che raccoglie interviste ai grandi nomi di cinema, teatro e televisione apparse su “l’Unità” tra il 1973 e il 1983. Da Fellini a Monicelli, da Fo e Zavattini a Zeffirelli. Voci che oggi appaiono di un altro mondo (come il giornale di Antonio Gramsci ormai chiuso) ma che tanto più in tempi come questi risultano ancor più necessarie …
Quello di quarant’anni fa era un altro mondo. Un mondo in cui il cinema italiano era una tribù coesa anche nei suoi scontri, in cui la politica era qualcosa di più che un battibeccare su tutto e la televisione qualcosa di più importante che l’arena in cui ospitare i battibecchi di cui sopra. Era, soprattutto, un mondo fatto di unità e che l’Unità provava a raccontare.
Felice Luadadio per anni è stato responsabile delle pagine culturali e dello spettacolo del quotidiano del PCI, qualche tempo fa ha ritrovato in un vecchio scatolone i suoi pezzi di allora e ha deciso di raccoglierli nel volume Ritratti e autoritratti. Cinema teatro tv e la battaglia delle idee, pubblicato in coedizione dal Centro Sperimentale di Cinematografia (di cui Laudadio è stato a lungo ai vertici) e l’editore Rubbettino.
Il volume è entrato quindi nello “scaffale” video – ormai sempre più affollato – del MIAC, che da qualche mese sta ospitando pubblicazioni di vario tipo sul cinema e sui suoi protagonisti, presentandole con approfondite conversazioni assieme alle autrici o agli autori.
A riempire le pagine del libro, va da sé, è l’illustre e variegata parata della cultura italiana tra il 1973 e il 1983: Fellini, Monicelli, Fo, Zavattini, Zeffirelli, solo per citare alcuni dei nomi che difatti affollano anche la copertina. Tra i tanti anche le due colonne attoriali di quel periodo, Volonté e Mastroianni, così diversi da sembrare quasi agli antipodi, sempre in penombra e ancorato alla fede politica il primo, divo e sornione il secondo; «ma anche Marcello era appassionato alla politica», sottolinea Laudadio, citando li trasferimento definitivo a Parigi nel ’94 in protesta con l’elezione di Berlusconi «che riteneva inammissibile».
Protagonista della conversazione con Andrea Di Consoli è anche Monica Vitti, un’attrice di cui, a detta dell’autore, non è stato riconosciuto fino in fondo il talento attoriale, confinata nell’incomunicabilità “di nicchia” di Antonioni che ha messo un po’ in ombra le validissime interpretazioni comiche, come in La ragazza con la pistola di Monicelli.
Guardando al passato, specie se così glorioso come quello del cinema italiano tra i primi anni ’70 e i primi ’80, è facile inciampare nella retorica “queliana” della grossa crisi rispetto al cinema di oggi. Laudadio ricorda con ironia che il cinema aveva le sue Cassandre, anche illustri, già dai suoi primi anni: «Pathé parlava già di crisi ai primi del Novecento».
Ad essere andata incontro a un declino oggettivo è invece la televisione, di cui si occupano alcuni dei pezzi raccolti nel volume. Nel caso della sfera catodica Laudadio fa quasi mea culpa, «ho recensito male programmi che oggi giudicherei in modo più positivo»; ma a ben guardare non è il gusto del critico a esser cambiato, è la qualità dei palinsesti che è precipitata in una «mediocrità assoluta».
È inevitabile, nel rileggere queste voci rese più profonde dalla distanza, tracciare una linea fino all’oggi. Cos’è successo? Quante cose abbiamo perso e perché? Sono domande inevitabili ma non per questo di facile risposta. Senza cadere nella sindrome alleniana da Midnight in Paris, ossia nel glorificare il passato per evitare di confrontarsi col presente, è importante prendere atto di quante cose siano andate svuotandosi lungo la strada.
La critica stessa, di cui Laudadio è stato a lungo un grande rappresentante, sembra aver esaurito le proprie possibilità ed essersi avviata verso una docile inutilità, smossa forse solo da qualche moto di stanco orgoglio davanti agli sberleffi del pubblico, come accaduto di recente.
Dalle pagine del suo libro, Laudadio legge le parole di Mario Monicelli: «il critico dev’essere quanto di più fazioso e parziale possibile, solo così può dare un vero contributo». La citazione si riallaccia al giusto ed eloquente sottotitolo del volume: “la battaglia delle idee”. Viene da chiedersi, un po’ amaramente, se non sia forse l’aver finito le idee ad aver anestetizzato anche le battaglie.
La biblioteca telematica di “Libri al MIAC” comprende anche: L’alienista scettico di Simona Busni, La mafia immaginaria di Emiliano Morreale, Giulietta Masina di Gianfranco Angelucci e Chiamiamo il babbo di Paola e Silvia Scola.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
9 Marzo 2017
Vittoria Colonna, poetessa da riscoprire, al cinema
È "Festina lente" (veloce ma adagio) film d'esordio di Lucilla Colonna in sala…
18 Luglio 2017
Carlo Cassola, un festival coi suoi romanzi da vedere al cinema
Carlo Cassola Film Festival dal 27 luglio al 31 agosto a Grosseto, rassegna…
2 Ottobre 2018
Addio Aznavour, l’ultimo chansonnier prestato al cinema. Da Truffaut a Egoyan
È morto lunedì primo ottobre a 94 anni Charles Aznavour, monumento della…