Nasce Biennale Cinema Channel, lo streaming del cinema d’autore in Mostra. E la letteratura non manca

Il cinema d’autore come non l’avete mai visto in sala perché non c’è mai arrivato. Al via Biennale Cinema Channel la piattaforma streaming (targata MYmovies) che rispolvera le pellicole d’autore acclamate alla Mostra di Venezia nelle edizioni passate. Tanti gli adattamenti, tra la fanciullezza perduta in “The Painted bird ” di Marhoul all’horror nipponico di Kurosawa in “Shokuzai”, fino alle nevrosi americane di DeLillo nell’adattamento di Benoît  Jacquot “À jamais”. Da settembre online anche le prime mondiali di Venezia 78…

Dalla sinergia tra la Biennale di Venezia e la piattaforma streaming MYmovies nasce Biennale Cinema Channel, un catalogo online dedicato alle gemme del cinema d’autore internazionale proiettate in laguna nelle edizioni passate della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.

Una rassegna di 36 titoli inediti (in lingua originale con sottotitoli in italiano e in inglese) che dal 2007 hanno sfilato nelle sezioni Concorso, Fuori Concorso e Orizzonti della kermesse senza riuscire poi ad approdare sui nostri schermi, e che ora tornano a vivere nelle sale virtuali della libreria inaugurata dalla Biennale dal 4 luglio.

Un’occasione per rendere accessibile ad appassionati e cinefili novelli lo storytelling multilingue e trasversale di un’arte sospesa nel clamore di plausi e premi e nelle pigrizie di un mercato che al momento del debutto ne ha snobbato la distribuzione, restituendo così la visibilità perduta ai maestri del global cinema, – Amos Gitai, Arturo Ripstein, Amat Escalante, Carlos Reygadas, tra gli altri – ai volti meno noti al nostro pubblico e alle fantasie meno pop rimbalzate dal libro allo schermo in un superbo intreccio di letteratura e poetiche dello sguardo.

Non potevano infatti mancare gli adattamenti, tra le pellicole rispolverate dalla Biennale per l’occasione, storie che ripassano la storia con taglio crudo e superstizioso alla maniera di Václav Marhoul, il regista ceco che in The Painted Bird (in concorso nel 2009) ripercorre la via crucis di un Oliver Twist dell’Est scippato alle gioie fanciullesche dall’abbandono e dalle persecuzioni naziste in piena Seconda Guerra Mondiale. Una rilettura in 35 mm e scala di grigi dell’omonimo romanzo di Jerzy Kosinoski (Grove Pr, 1995) che è l’atroce e reiterata iniziazione di un orfano a un mondo straziato dalla violenza, cantilenato nell’artificio linguistico interslavo ideato da Jan van Steenbergen.

A impreziosire la cinelibreria di magnifico horror del Sol Levante, c’è invece la regia “paurosamente” navigata di Kiyoshi Kurosawa con Shokuzai (“Castigo”), miniserie-evento riesumata da Venezia 2012 che in cinque ore di girato sciorina temi e problemi di eschilea memoria nelle fattezze nuove e contraddittorie del mondo nipponico. Dalle pagine di Kanae Minato (Futabasha, 2012) si anima l’assassinio shock di una bambina nel cortile di scuola, la passività colpevole delle amichette che inermi assistono al fattaccio e l’espiazione macchinata a freddo dalla madre della vittima, che a quindici anni dall’accaduto castiga in modo esemplare la testimonianza omertosa di quelle ragazzine ormai cresciute. Una vendetta purgatoriale a episodi che scava nei sotterranei del perverso, nelle scivolose narrazioni del violento e nel complesso femminile diviso tra gioie del sesso e pudore.

Tra i fuori concorso del 2016 sbuca un altro romanzo trasfigurato dai prodigi della macchina da presa: l’ipnotico Body art di Don DeLillo (Einaudi, 2008) raccontato da Benoît  Jacquot in À jamais, storia d’amore e di tormenti, quella di Laura e Rey (Mathieu Amalric), di visioni ossessionanti e fantasmi ad abitare una magione del Maine. Un cineasta e una performer che fanno del loro vissuto un’opera d’arte dolente e sospirata, inscenata più e più volte anche dopo l’incidente stradale dell’amante, quando la protagonista (Julia Roy, anche nel ruolo di sceneggiatrice) dialogherà col trauma del lutto negli spazi vuoti della casa dove tutto si è consumato, in una performance mortifera di rituali psicologici e gesti inquietanti.

E per finire, a sguazzare nelle nevrosi letterarie tutte americane c’è anche Arnaud Des Pallières con Parc (Orizzonti, 2007), che nella sua trasposizione parigina del Bullet Park di John Cheever (Feltrinelli, 2012) esplora malattie sociali e frustrazioni borghesi attraverso Georges Clou e Paul Marteau, due vicini di casa agli antipodi, ingessati in una routine “perfettamente” farlocca, scrutata in tutte le sue teatrali schizofrenie.

Adattamenti a parte, tantissime le proposte da scovare sul sito: dal fondamentalismo islamico snocciolato nel dramma sentimentale algerino di Djamila Sahraoui Yema (2012) a The announcement (2018) di  Mahmut Fazil Coşkun, ricostruzione in chiave noir del colpo di stato in Turchia nel 1963, a Malaria di Parviz Shahbazi (2016), spaccato sociale del patriarcato iraniano. Alle pellicole già disponibili in piattaforma (visibili su abbonamento), si aggiungeranno poi a settembre anche i titoli della Sala Web di Venezia 78, prime mondiali che saranno fruibili in contemporanea con le proiezioni al Lido.