Se la claustrofobia è un vizio di famiglia. Il film rivelazione dell’enfant prodige del cinema russo

In sala dall’inizio di agosto (per Movies Inspired), “Closeness” titolo internazionale di “Tesnota, film rivelazione dell’enfant prodige del cinema russo, Kantemir Balagov (è nato nel 1991). Un claustrofobico dramma familiare sullo sfondo dell’inizio della Seconda Guerra cecena, nel ’98. Nella Russia meridionale, in Caucaso, all’interno della piccola enclave ebraica un potente racconto di denuncia contro le discriminazioni femminili, razziali, religiose e culturali …

Closeness, titolo internazionale di Tesnota, è un film molto intenso che narra le vicissitudini di una famiglia ebrea sullo sfondo dell’inizio della Seconda Guerra cecena. Siamo nel 1998 a Nalchik, una città di circa 200.000 abitanti nella Russia meridionale, in Caucaso, nella valle del fiume omonimo. Lì vivono varie popolazioni: sia i Cabardi che i Balcari, entrambi di religione musulmana, ma esiste ancora una piccola comunità di ebrei facenti parte del gruppo, chiamato anche “Ebrei del Caucaso” o Juhuro, che abitano in quella regione .

Ed è proprio in una di queste famiglie che si svolge la vicenda. Avi e Adina (interpretati da Artem Tsypin e Olga Dragunova) vivono in una piccola casa in affitto con i due figli, Llana (una splendida Darya Zhovnar) e David (Veniamin Kats).

Il padre ha un’officina da meccanico e la figlia – che indossa eternamente una salopette di denim – lo aiuta nel suo lavoro. Adina, poi, è la classica Jewish mama, soffocante custode di regole e tradizioni, pronta a condannare i suoi per la loro scarsa osservanza delle convenzioni. Mentre David, l’altro figlio, è fidanzato con una ragazza di buona famiglia. Sarà proprio il rapimento, improvviso, dei due giovani promessi sposi ad innescare l’intera azione del film.

Una sorta di escamotage narrativo per far uscire allo scoperto le tensioni sottese in famiglia. E quelle della stessa comunità religiosa più in generale. Da quel senso di rassegnazione e sfiducia nell’aiuto delle Istituzioni, da parte di un popolo, quello ebraico, che in Russia ha subito i pogrom, le persecuzioni ed ha quindi imparato a doversi arrangiare da solo. Alla perdita di solidarietà all’interno della stessa comunità: presi con l’acqua alla gola i due coniugi dovranno accettare l’offerta capestro di un ricco affarista, prefigurando un futuro di povertà che li costringerà ad abbandonare il villaggio.

Centrale, poi, la denuncia della condizione femminile. Llana, figlia femmina e primogenita non si è mai sentita amata e vede la madre occuparsi prevalentemente del figlio maschio, con il quale ha un rapporto esclusivo, come in generale fanno le madri, ma come in particolare narra tanta letteratura ebraica.

Arrivare addirittura a sacrificare ogni bene per salvare il maschio e chiedere, per contro, anche dei grossi sacrifici alla figlia femmina, costituisce una di quelle ingiustizie verso le quali Llana combatte. E lo fa a modo suo, con i suoi metodi talvolta autolesionisti e melodrammatici.

Impressionante è la scena in cui la ragazza è con gli amici del suo ragazzo, bevono tutti insieme e guardano un violento filmato di torture e uccisioni perpetuate dalle Brigate Internazionali islamiche. Bella è, invece, la scena finale dove qualcosa cambierà negli equilibri affettivi di quella famiglia, senza entrare troppo nel racconto svelandone i particolari.

Il film è girato in formato 4/3 con la macchina sempre addosso ai protagonisti, che amplifica la sensazione claustrofobica. Una doppia claustrofobia è presente nel film: quella fisica causata dagli spazi stretti e angusti e quella psicologica causata dalla cappa dell’insieme di discriminazioni femminili, razziali, religiose e culturali.

Tesnota, opera prima di Kantemir Balagov, allievo del grande siberiano Aleksandr Sokurov, mostra una grande maturità tecnica ed espressiva. Il film presentato a Cannes nel 2017 (premio FIREPRESCI) sta proseguendo il suo fortunato cammino per festival internazionali, facendo incetta di premi.