Storie di rivoluzionarie, censure e galline. L’autoritratto di Antonietta De Lillo si riprende la parola alle Giornate degli Autori
Presentato alle Notti veneziane delle Giornate degli Autori “L’occhio della gallina”, autoritratto di Antonietta De Lillo e manuele di sopravvivenza non solo per chi vive nel mondo del cinema. La storia di vent’anni di censure ed ostracismi vissuti dalla regista de “Il resto di niente” per aver rivendicato il diritto ad una migliore distribuzione del suo film. Ma anche il racconto pieno d’ironia della resistenza di una donna, di un’autrice, capace di fare cinema contro l’isolamento …
Il cinema è un’arte collettiva. Ma spesso è anche luogo di grandi esclusioni e isolamento. Poco importa se a causa di violente censure subite, come in questo caso. Ecco, L’occhio della gallina è anche e soprattutto il racconto di una grande solitudine e, allo stesso tempo, il suo antidoto, tenacia e resistenza, nell’ironico e luminoso linguaggio della sua autrice, Antonietta De Lillo.
E non poteva trovare collocazione migliore che alle Notti veneziane delle Giornate degli Autori a rivendicare insomma una comunità ritrovata, questo autoritratto di puro cinema che fa sorridere e indignare allo stesso tempo, nel restituire vent’anni di censura fatta a colpi di cause per diffamazione, tribunali, ricorsi, stop ed esclusione dai finanziamenti pubblici.
Rivendicare una migliore distribuzione (a partire dalla sua citazione in giudizio nei confronti di produzione e Istituto Luce, il distibutore) per un film premiatissimo e richiesto dagli stessi esercenti, il suo Il resto di niente, splendido affresco d’epoca dal romanzo di Enzo Striano dedicato ad Eleonora Pimentel Fonseca, eroina della rivoluzione napoletana del 1799, ha fatto salire sul patibolo Antonietta De Lillo, proprio come la sua protagonista, interpretata nel 2004 da una splendida Maria De Medeiros. Presente anche qui, oggi, a testimoniare di un’altra rivoluzione ancora, quella delle donne nel cinema, vent’anni fa appena cominciata e ancora oggi non realizzata, nonostante i proclami bipartisan.
Anche la Fabienne di Pulp Fiction troppo ha dovuto penare, infatti, per mettere in piedi quel suo film da regista dedicato, fatalità, alla rivoluzione dei garofani in Portogallo (Capitani d’aprile) che liberò il paese dalla dittatura fascista di Salazar. Per le donne, concordano Maria ed Antonietta sedute una di fronte all’altra sullo sfondo di una marina napoletana, le difficoltà, gli ostacoli e gli inciampi sono sempre di più.
Da quella denuncia per diffamazione e la richiesta di 250mila euro da parte del distributore, l’Istituto Luce, che le è piombata addosso nel 2005, lo ripetiamo, per aver chiesto una miglior distribuzione de Il resto di niente, a fronte di un’uscita in sala di sole 20 copie, Antonietta De Lillo è finita sulle liste di proscrizione del cinema pubblico per vent’anni.
“È una inedita formula di censura: la vittima artistica diventa vittima giudiziaria” la appoggiò allora Ettore Scola dalle colonne de l’Unità, tra gli ultimi grandi autori impegnati a rivendicare libertà di espressione e creatività per il cinema indipendente che, di lì a poco, sarebbe stato messo all’angolo da normative sempre più a favore delle grandi produzioni in nome del mercato. Accolte tanto più oggi dalla destra al potere.
Nella sua ora e mezza di racconto L’occhio della gallina riesce a ricostruire con dovizia di particolari e persino leggerezza tutte le tappe processuali (illustrate con rigore da Alice Mariani, collaboratrice storica di Antonietta) legate a Il resto di niente, ma anche gli appelli, le carte bollate e i ricorsi che hanno dato lo stop al suo film successivo, o meglio quello che sarebbe dovuto essere il film successivo e non lo è mai stato: Morta di Soap, finito anch’esso in un kafkiano ostracismo giudiziario, nonostante un finanziamento pubblico ottenuto, sulla carta.
Abile ritrattista di personaggi celebri e non solo (da quello di Alda Merini al fotografo Luca Musella) Antonietta De Lillo si cuce addosso, stavolta, un autoritratto che brilla attraverso il suo stesso cinema (tanti gli estratti dei suoi film), i filmini e le foto di famiglia (i genitori scomparsi troppo presto, le due figlie) e la bella gallina in primo piano che dà il titolo al film. Quando Antonietta bambina scoprì che gli occhi delle galline hanno l’apertura delle palpebre dal basso verso l’alto, si spaventò moltissimo, racconta. Poi capì che la realtà ha pure le sue stranezze e questo la liberò da ogni paura.
Per quelle toccatele in sorte in questi vent’anni, del resto, lei ha trovato quasi subito l’antidoto: battersi, resistere, non arrendersi. Vincendo l’isolamento con il cinema, appunto. I film partecipati, lo spazio offerto ai giovani e la creazione di nuovi progetti condivisi (l’ultimo è L’uomo e la bestia) realizzati dalla sua combattiva factory, Marechiaro Film.
L’occhio della gallina è anche questo, dunque, un manuale di sopravvivenza. Non solo per chi fa cinema.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
16 Marzo 2016
Nell’Italia di Antonietta De Lillo
Dal 16 al 20 marzo la Cineteca nazionale dedica una rassegna alla regista…
17 Giugno 2023
Con gli occhi di Alda Merini. Il ritratto doc di Antonietta De Lillo a Visionarie per raccontare la disobbedienza
Nell'ambito di Visionarie 2023, appuntamento sabato 17 giugno (ore 15.30) a…
8 Settembre 2017
Il signor Rotpeter siamo noi. Antonietta De Lillo, alla Mostra, tra Kafka e la libertà
Sorprendente ritorno al Lido di Antonietta De Lillo con "Il signor Rotpeter",…
Recensione,Primo piano,Dal libro al film,74 Mostra del Cinema di Venezia 2017