Elogio della giusta distanza. Italo Calvino è doc alle Giornate degli Autori

Doppia preapertura delle Giornate degli Autori nel segno di Italo Calvino nel centenario della sua nascita. Dopo “L’avventura di un fotografo” di Citto Maselli per ricordare e celebrare l’autore romano che nel 2004 ideò Le Giornate degli Autori, a seguire ecco il bel documentario di Duccio Chiarini, “Lo scrittore sugli alberi” …

 


Per celebrare il centenario della nascita di Italo Calvino la XX Edizione delle Giornate degli Autori, nell’ambito della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha voluto esordire con una proiezione speciale del documentario di Duccio Chiarini Lo scrittore sugli alberi.
A cento anni dalla nascita dello scrittore, il doc, ripercorre la biografia umana e artistica di Calvino attraverso una delle sue opere più note, Il barone rampante, secondo romanzo della trilogia I nostri antenati, pubblicato da Einaudi nel 1957.

Sebbene su Calvino si sia detto e scritto moltissimo, soprattutto in occasione del centenario, Lo scrittore sugli alberi compone un ritratto inedito dello scrittore italiano ricco di foto e filmati familiari spesso inediti, immagini di archivio con le interviste e il contributo testimoniale di chi, a vario titolo, ha frequentato lo scrittore personalmente, per motivi di studio, semplice interesse o legami affettivi, come la figlia Giovanna.

Sono soprattutto i suoi ricordi, e come potrebbe essere diversamente, a trasmettere le emozioni più tenere quando racconta, per esempio, di una didattica della lingua italiana alla “come viene” ricevuta dal padre in reazione all’italiano maniacalmente impeccabile imposto a Italo dalla propria madre.
Una madre che rimproverava i giardinieri di Villa Meridiana, la casa di famiglia a Sanremo, se pronunciavano male i nomi latini di fiori e piante.
Quel grande giardino, quegli alberi, la severa educazione familiare sono gli ingredienti dell’infanzia di Italo Calvino così come lo sono nella vita del suo alter ego Cosimo Piovasco di Rondò, il protagonista de Il barone rampante il quale sale sull’albero per sfuggire all’opprimente ambiente familiare e da lassù partecipare liberamente ai fatti del mondo attraverso l’osservazione dalla “giusta distanza”: Chi vuol guardare bene la terra, deve tenersi alla distanza necessaria.

All’origine del libro, oltre ai dati biografici, pesa l’esperienza politica di Calvino, in pieno dissidio col Partito Comunista Italiano e con Togliatti per la presa di posizione a favore dell’invasione russa nell’Ungheria del 1956. Quello che sembra essere lo spunto migliore del bel documentario di Chiarini è la possibilità di essere visto in modi diversi dallo spettatore: è senz’altro didattico grazie ai contributi scientifici e anche nella struttura, è affettuoso e intimo nelle parole di Giovanna ed è spunto per ragionare attorno allo scrittore o ai suoi temi.

Ecco, in quest’ultimo piano di lettura c’è anche il senso e l’oggetto di questa bislacca non-recensione: la giusta distanza come tema ricorrente nella vita e nell’opera letteraria in genere di Calvino e ben trattata nel documentario di Duccio Chiarini.
Infatti se Cosimo Piovasco di Rondò osserva il mondo dalla cima dell’albero, Palomar si è stancato di guardare ciò che lo circonda e scruta la stelle. Entrambi guardano le cose, ma non sono immersi in esse, non ne prendono parte. Ma anche Il sentiero dei nidi di ragno si chiude con la constatazione di Pin, il protagonista, secondo la quale le lucciole a vederle da vicino sono bestie schifose anche loro, mentre il Cugino replica: Sì, ma viste così sono belle. Un’altra volta la giusta distanza.

Duccio Chiarini, già regista del fortunato Short Skin – I dolori del giovane Edo (2014) torna al documentario con questo Lo scrittore sugli alberi dopo il precedente e strettamente personale L’occhio di vetro (2020)  nel quale la sua giusta distanza non è metrica ma temporale, quella necessaria per poter affrontare temi scomodi e troppo a lungo rimossi.

Attraverso l’esegesi de Il barone rampante, come detto romanzo ampiamente autobiografico negli spunti e nelle indicazioni di metodo, viene descritto anche il coinvolgimento dello scrittore nell’OuLiPo (“Ouvroir de Littérature Potentielle”, ovvero “officina di letteratura potenziale”), il gruppo di letterati e matematici fondato nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais e del quale faceva parte, tra altri Georges Perec.

Anche Perec, come Calvino, è interessato all’osservazione dalla giusta distanza e la progressione incrociando Il barone con Palomar, come dimostra con Specie di spazi che apre con la descrizione di una pagina bianca per espandere di passo in passo con la trattazione meticolosa dei luoghi dell’abitare umano (il letto, la camera, la porta, l’appartamento, il palazzo, la città, la campagna, la nazione), culminando con riflessioni sullo spazio siderale.

Nelle pagine iniziali del suo libro ci avverte: Insomma, gli spazi si sono moltiplicati, spezzettati, diversificati. Ce ne sono di ogni misura e di ogni specie, per ogni uso e per ogni funzione. Vivere, è passare da uno spazio all’altro, cercando il più possibile di non farsi troppo male.
Non è per non farsi male, dunque, che Cosimo si ritira a vivere sull’albero o Palomar a fissare le stelle? E anche Calvino ci piace pensare che abbia voluto andare dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande scrivendo l’epigrafe sulla tomba di Cosimo Piovasco di Rondò: Visse sugli alberi, amò sempre la terra, salì in cielo.