Cent’anni dalla nascita del Pci in venti film. Tra lettere aperte, terrazze, palombelle rosse e cosmonauti

Cent’anni fa, il 21 gennaio 1921 a Livorno nasceva il Partito comunista italiano. Per l’occasione vi proponiamo una selezione (una ventina) di film che in quel mondo hanno trovato ispirazione, raccontandolo, criticandolo, partecipandovi con passione o ironia. Un mondo di terrazze, vite difficili, ombre rosse e cosmonauti. Tutti rimasti nel nostro immaginario …

Gli sbandati di Citto Maselli 1955. È l’opera prima del cineasta comunista che più di ogni altro ha saputo raccontare le contraddizioni della sinistra. Gli “sbandati” del titolo sono un gruppo di giovani borghesi alle prese con un dilemma morale: scegliere gli ideali e unirsi alla Resistenza, o sfuggire alla guerra riparando in Svizzera?

Una vita difficile di Dino Risi 1961. L’esistenza di Silvio Magnozzi è una corsa ad ostacoli: prima partigiano, poi giornalista d’assalto de Il Lavoratore e sceneggiatore fallito che si riduce a fare il tirapiedi di un affarista. Con tentativo (disperato) di riscatto finale. Indimenticabile: la cena a casa dei monarchici mentre la radio proclama la vittoria della Repubblica nello storico referendum.

Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci 1964. Fabrizio è un giovane militante del Pci che non riesce a portare fino in fondo la sua ribellione al mondo borghese a cui appartiene. Per il ’68 bisogna ancora attendere. Bertolucci battezza i suoi personaggi con i nomi dei protagonisti de La certosa di Parma di Stendhal.

L’Italia con Togliatti 1964. Film collettivo dei grandi registi del cinema militante che verrà, segue il funerale del Segretario del Pci. Un’Italia commossa accompagna  il feretro del Migliore dalle Botteghe Oscure alle vie della Capitale: una fiumana interminabile, un milione di persone, un racconto di devozione.

I sovversivi di Paolo e Vittorio Taviani 1967. Ancora i funerali di Togliatti come sfondo, per la storia di un gruppo di militanti del Pci in crisi, tra incertezze politiche e confusioni personali, fallimenti e delusioni, il desiderio di andare avanti e la paura di perdere tutto.

La strategia del ragno di Bernardo Bertolucci 1970. Liberamente ispirato al Tema del traditore e dell’eroe di Borges, un film potente sulla demistificazione della storia. Athos torna a Tara per capire la verità sulla morte del padre, eroico antifascista; lo scoprirà quasi traditore, ammazzato dai compagni che non si fidano di lui ma che così lo trasformano in un mito. Film per la tv di quando la Rai era servizio pubblico.

Lettera aperta a un giornale della sera di Citto Maselli 1970. Un gruppo di intellettuali di sinistra lanciano la loro provocazione scrivendo un appello per chiedere di poter andare volontari a combattere in Vietnam. La reazione del Pci è di diffidenza, mentre incassano il “preoccupante” sì del governo vietnamita. Le loro vite di uomini arrivati e realizzati rischiano di essere sconvolte in un attimo. Maselli critica da sinistra la sinistra, ancora una volta, firmando uno dei capolavori sul Sessantotto.

La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri 1971. È il primo film italiano ad entrare in fabbrica, dopo il fantascientifico Omicron  di Ugo Gregoretti. E il primo, per certi versi anche il solo, a raccontare l’alienazione della catena di montaggio. Straordinario, come sempre, è Gian Maria Volontè nei panni di Lulù, operaio e campione del cottimo odiato dai compagni e amato dal padrone. Dopo un incidente sul lavoro, però, passerà dall’altra parte della barricata, fino ad arrivare alla pazzia. Palma d’Oro a Cannes e stroncature da quasi tutto l’arco costituzionale, compreso il sindacato.

Mimì metallurgico ferito nell’onore di Lina Wertmüller 1972. Il manovale catanese Carmelo Mardocheo, detto Mimì, emigra a Torino (iscrivendosi al Pci e al sindacato) dopo aver perso il lavoro alla cava di zolfo per aver votato il candidato sindaco comunista anziché il mafioso locale. La regista romana gioca coi generi (commedia all’italiana, melò, cinema politico) e spiazza tutti riportando al Sud il suo protagonista che finirà, dopo mille vicissitudini, per diventare anche lui “uomo d’onore”. La mafia non solo come crimine e politica, ma quasi una categoria dello spirito.

Trevico Torino Viaggio nel Fiat-Nam di Ettore Scola 1973. Fortunato Santospirito è uno dei tanti giovani del Sud che arriva a Torino col sogno di un impiego alla Fiat. Quello che trova, però, è piuttosto una guerra: dormitori pubblici, mense dei poveri, sfruttamento e razzismo. La scoperta della lotta di classe e della coscienza operaia faranno di Fortunato un comunista consapevole e certo dell’urgenza di un mondo più giusto. Lo Scola più operaista e appassionato per un film potente, prodotto dal Pci.

C’eravamo tanto amati di Ettore Scola 1974. Trent’anni di vita italiana sfilano nel capolavoro di Scola, romanzo sociale e commedia agra, sui sogni di un gruppo di indimenticabili protagonisti. Alcuni buoni (Manfredi e la Sandrelli), in bilico tra onestà e felicità, affezionati ai valori di quel Pci di cui sanno anche ridere. Altri destinati a farsi interpreti di un realismo cinico (il socialista Gassman, arricchito sulle spalle del suocero costruttore), o di un idealismo estremista e inconcludente (l’intellettuale meridionale e “gruppettaro” Satta Flores).

Il sospetto di Citto Maselli 1975. Film su cui si sono formate generazioni di comunisti che nel compagno Emilio (magnifico Gian Maria Volontè) hanno riconosciuto i motivi della loro militanza. Nel ventennio fascista un dirigente del Pci clandestino si dibatte tra dissenso e senso del dovere. Nonostante sia stato usato da esca e tradito dal partito. “Sono un militante del partito comunista italiano e non ho altro da dichiarare”, dirà rivolto al funzionario dell’Ovra fascista che gli offre di farsi spia per salvarsi la pelle. Una frase che si trasformò in una sorta di “tormentone” di quegli anni carichi di speranze, finiti sotto il peso dalla lotta armata.

Novecento di Bernardo Bertolucci 1976. Scene di lotta di classe nell’Emilia rurale colta tra la Grande Guerra e la caduta del fascismo. L’amicizia tra il figlio del proprietario terriero e il figlio dal contadino fa da sfondo al passaggio della Storia. Tantissime bandiere rosse, il Quarto stato di Pelizza da Volpedo in copertina e un cast stellare ne hanno fatto un kolossal da antologia. Un “film-ponte tra il cinema hollywoodiano e sovietico, tra la finzione hollywoodiana e il realismo socialista”: così l’ha voluto Bertolucci.

Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci 1977. Le avventure di Cioni Mario, proletario toscano con la venerazione per Enrico Berlinguer.

Antonio Gramsci – I giorni del carcere di Lino Del Fra e Cecilia Mangini 1977. Il fondatore del Partito comunista italiano e dell’Unità ha qui il bel volto di Riccardo Cucciolla. Gli anni della prigionia, e a ritroso le tappe della sua cariera politica e della vita privata.

La terrazza di Ettore Scola 1980 (nelle foto). Girotondo d’intellettuali su una terrazza romana. Uno sceneggiatore in crisi creativa, un giornalista fuori moda che cerca di riconquistare la moglie, un funzionario Rai anoressico e depresso, un produttore cinematografico che insegue i capricci della consorte e un deputato del Pci con interogativi esistenziali sulla felicità. Per anni ci si è interrogati sul who’s who dei personaggi.

Palombella Rossa di Nanni Moretti 1989. La crisi ideologica della sinistra italiana mentre crollano muri e cortine di ferro. Il Pci perde la sua identità, perde la memoria, come il protagonista. Metafora spietata e irresistibile a bordo piscina. Indimenticabile: il ceffone alla giornalista, perché “le parole sono importanti!”.

La cosa di Nanni Moretti 1990. La “svolta della Bolognina” attraverso le testimonianze dei militanti nella più partecipata seduta di autocoscienza nella storia del PCI.

Le ombre rosse di Citto Maselli 2009. Un centro sociale a Roma diventa un caso mediatico quando un intellettuale di fama mondiale colpito dalla vitalità dei giovani occupanti, annuncia che proprio da lì si potrebbe ripartire per creare le Case della cultura alla Malraux. In un attimo l’ex cinema occupato diventa la passerella per politici e intellettuali di sinistra che dalla sinistra sono sempre più lontani. Maselli attualizza Lettera aperta a distanza di quasi quarant’anni denunciando ancora una volta lo scollamento tra realtà e intelligentia politica. Qui ridotta a pure ombre (rosse).

Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli 2009. Quando i comunisti tifavano per la cagnetta Laika, Gagarin e Valentina Tereshkova, la prima donna cosmonauta. È in quegli anni, i ’50, che vive Luciana, ragazzina romana del Trullo con la passione per la corsa allo spazio, l’URSS, ovviamente, e il Pci. Susanna Nicchiarelli, al suo debutto, trascina con spensierata ironia in una irresistibile commedia al femminile, dichiarando da subito la passione per gli affreschi d’epoca, perfetti.