Quando l’Italia aveva le colonie in Cina. Frammenti di memorie (rimosse) in fondo al baule

Il 27 febbraio al Festival Visioni Italiane di Bologna, “L’uomo con la lanterna” il doc di Francesca Lixi nato dalla penna di Wu Ming 2, già vincitore del premio Corso Salani al Trieste Film Festival 2018. Un affascinante viaggio pieno di interrogativi nel passato coloniale italiano in Cina. Quello delle “concessioni internazionali”  di Tientsin e Shangai, raccontate attraverso la vita misteriosa di zio Mario e delle sue vecchie casse piene di “cineserie”, nascoste per anni nella cantina della regista …

Protagonisti cercansi.
Lo splendido lungometraggio (come altro definirlo? né documentario, né film, e c’è anche un po’ di animazione con gli oggetti antichi che prendono vita e si muovono, non solo metaforicamente), L’uomo con la lanterna di Francesca Lixi – scritto insieme a Wu Ming 2 – ha mille angoli di visuale.

Ma ciascuno resta al suo posto, in un equilibrio che ti tiene inchiodato allo schermo per tutto il tempo. Ma un vero e proprio protagonista, un elemento sopra agli altri no, non c’è.

C’è la trama. Ma è un pretesto: una donna prova a ricostruire la vita del misterioso “zio Mario” che non ha mai conosciuto, e dal quale si sente attratta. Ma 50 anni e più dopo la morte dello zio, ha un solo strumento per provare a ricomporre la sua storia: vecchi bauli pieni di foto sbiadite, vecchi super8 registrati in Cina, statuette. Monili.

Forse allora è lo zio, il protagonista? Potrebbe sembrare ma non è così. Perché su Mario, attorno a Mario aleggiano solo domande che resteranno quasi tutte senza risposta: perché negli anni ’20/30, in pieno fascismo, scelse di andare a lavorare nella filiale di una banca italiana a Tientsin e Shangai? Che all’epoca erano una delle tante “concessioni internazionali”? Definizione diplomatica che nascondeva vere e proprie colonie, che la Cina fu costretta a cedere alle nazioni occidentali dopo la prima guerra dell’Oppio, a metà dell’800.

Era un semplice funzionario? O, come potrebbero suggerire alcune strane foto, era anche una spia? Ma allora perché poi la sua decisione di tornare in Italia? E soprattutto perché invece del viaggio di ritorno, già di per sé lungo e difficile, intraprese una sorta di viaggio catartico, che lo portò ad attraversare tutta l’Africa centrale? E che faceva in Cina? Che vita svolgeva? Si innamorò mai di qualcuno?
No, non è lui il protagonista. A meno che non si accetti l’idea che interrogativi, solo interrogativi possano fare la parte del leone in un lungometraggio.

Protagonista allora è lo sfondo? Neanche questo. Perché la Cina, quella Cina raccontata da un coinciso diario, quelle statuette, quegli spezzoni di filmati restano “dietro”, come si conviene ad uno sfondo. Ci sono foto e brevissime immagini in movimento, realizzati da zio Mario, che ti catturano, che ti incuriosiscono, che quasi ti portano a formulare le stesse domande di Francesca Lixi. Ma passano, il racconto procede: la Cina resta dietro. Sullo sfondo.

Ancora: la protagonista sarà la regista? Più no, che sì. Certo, c’è la sua voglia di scoprire, di scandagliare, di interrogare oggetti e immagini. C’è la sua voglia di provare a ritornare sui luoghi dello zio. Ma anche tutto questo è tratteggiato; tratteggiato molto bene ma solo tratteggiato. Le sue difficoltà ad imbarcarsi in un nuovo viaggio in Cina, una volta che un’anziana collega dello zio le ha suggerito un vaghissimo elemento biografico, si infrangono sulle necessità di essere madre. Tutto qui. Non aggiunge altro.

E dunque? Forse a ben vedere la vera protagonista dell’ Uomo con la Lanterna è una risposta. Tanto più strano in un lungometraggio fatto quasi solo di interrogativi. L’unica risposta che il film rende esplicita: si può cercare se stessi ricostruendo altri, altre vite. Ma c’è un limite: quel che gli altri han voluto tenere segreto. E se Mario è stato un viveur, un bancario colonialista, una spia, se abbia voluto espiare le sue colpe con un viaggio alla scoperta di culture diverse dalle sue, se sia stato tutto questo insieme o solo un semplice funzionario in fondo conta poco. Quel che poteva dare alla nipote l’ha dato. Quel che s’è voluto portare per sempre con sé, non è più disponibile. Una sua scelta.