“Torno a Màcari per combattere la sicilianitudine”. Claudio Gioè su Rai1 è il detective Lamanna dai romanzi di Savatteri
In attesa di “Màkari”,la nuova serie in giallo su Rai1 dal 15 marzo, girata nella cornice misterica della Riserva dello Zingaro, i protagonisti ci raccontano retroscena ed effetti di quel “mal di Sicilia”, terra di vizi, virtù e infinite contraddizioni. Con Claudio Gioè nelle vesti di Saverio Lamanna, giornalista fallito e detective improvvisato, nato dalla penna irriverente di Gaetano Savatteri e dalla navigata regia di Michele Soavi. Uno sguardo a metà tra passato e futuro nella patria di Sciascia e Camilleri…
«Un fustigatore di ritualità locali e luoghi comuni, critico di quella “sicilianitudine” tagliata per sempre fuori dal progresso». Così Claudio Gioè – volto già noto a piccolo e grande schermo dagli esordi con Marco Tullio Giordana ne I cento passi (2000), fino alla potente interpretazione di Totò Riina ne Il capo dei capi (2007) – descrive l’anima del suo ultimo personaggio, Saverio Lamanna, giornalista fallito dopo una bravata lavorativa e detective “per fiuto” in una realtà dove le “magnifiche sorti” tardano a fare capolino. Un “traghettatore” di quello sguardo lucido che solo chi torna dopo una lunga assenza possiede, impegnato a scovare i colpevoli di un’arretratezza criminosa tutta siciliana.
Parliamo di Màkari, la nuova serie Palomar-RaiFiction, in onda in quattro puntate dal 15 marzo su Rai1 (ore 21.25), nata dalla fantasia scoppiettante dei glialli di Gaetano Savatteri, giornalista e scrittore (pubblicati dalla Sellerio, stessa casa editrice di Montalbano) che sconfessano lo stereotipo puro dell’investigatore alla Wolfe per dare corpo alla curiosità antropologica (e dai risvolti sinistri) di un siciliano col “mal di Sicilia”, improvvisatosi poliziotto del mistero. E lo fa attraverso un linguaggio meticcio, che sporca i toni del giallo con sfumature mélo e tocchi occasionali di grottesco, nella splendida cornice naturale della “calorica” patria di Sciascia e Camilleri (quasi a voler addolcire l’addio all’amatissimo Montalbano che esce di scena con 9 milioni di ascolti).
Michele Soavi, alla regia, ci racconta Saverio Lamanna come un esule naufragato nel passato, approdato su una terra che è aspra, seduttrice, risonante di malìe e storie dimenticate, alla maniera di “un Don Chisciotte in balia delle onde e di ritorno alle origini”. Lo stesso Soavi degli slasher confezionati a regola d’arte, enfant prodige della vecchia scuola “argentiana”, cresciuto a splatter e Joe D’Amato, insieme ai grandi padri dell’horror all’italiana come Lucio Fulci e Lamberto Bava. E che ora, dopo aver cambiato pelle più e più volte durante la sua carriera, piegando il suo “mostruoso” vezzo narrativo ai linguaggi della fiction italiana par excellence, torna nelle case degli italiani con la sua ultima produzione Rai, l’ennesima, nata da un sodalizio ormai pluriennale.
A fare da protagonista l’occhio scrutatore e l’intuito da segugio di Lamanna, che ha appena lasciato sulla terraferma i panni lindi di colletto bianco al Ministero dell’Interno, per riscoprirsi, oltre che isolano verace coll’arte del reinventarsi, scrittore e detective in borghese alla ricerca di una verità perduta a metà strada tra mondanità capitolina e scorci brulli di Màcari.
A fargli da spalla durante le indagini, come ogni detective che si rispetti, il pittoresco Peppe Piccionello (Domenico Centamore), spassoso Sancio Panza in boxer e infradito, siculo purosangue dall’ironia esilarante e i valori saldi, che insegnerà al protagonista vizi e virtù di una terra dalle mille contraddizioni.
Oltre a lui, anche la bella Suleima (Ester Pantano), Venere della porta accanto dal fascino esotico e la sensibilità acuta, con cui Lamanna intreccerà una liaison fulminea, appassionata, sin dal primo approdo nella località vacanziera di fanciullesca memoria. “Un triangolo psicologico”, lo definisce Savatteri, che decostruisce, ora con schermaglie verbali dal gusto paradossale, ora con le corde della commedia sentimentale, tutte le certezze di un uomo perso nella labirintica scoperta del sé.
“Abbiamo cercato di creare una linea orizzontale in ambito sentimentale e familiare che unisse le quattro puntate – spiega Francesco Bruni, anche sceneggiatore di Montalbano – lasciando spazio alla vena comica e all’humour quasi british di Savatteri”. Lo scrittore vissuto a Racalmuto infatti, ha dato vita già nel lontano 2014 al personaggio fuori dal coro (e dal ruolo) di Lamanna, apparso per la prima volta nel racconto Il lato fragile e poi da protagonista ne La fabbrica delle stelle (2016), insieme ad altri racconti nelle antologie a tema pubblicate dalla stessa casa editrice.
Pagine di una letteratura che attraverso le maschere del racconto di genere, seppur mai sospendendo il giudizio, cerca di stemperare i drammi di un meridione fieramente proiettato alla contemporaneità, nell’affrancarsi dalle lusinghe del passato, ma ancora tragicamente uguale a se stesso. Una narrativa necessaria che dimostra “quanto sia importante per una fiction partire da una scrittura di qualità, come quella di Savatteri – dice Maria Pia Ammirati, direttrice di RaiFiction – perché una buona storia è un punto di partenza ineludibile per produrre buon cinema”.
E noi attendiamo trepidanti lunedì sera…
Francesca Eboli
Specializzanda in English and Anglo-American Studies a La Sapienza, appassionata di cinema e teatro, aspirante giornalista
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