Gattopardi, rose e numeri primi. Tutti gli “stregati” del grande (e piccolo) schermo

Sandro Veronesi col suo “Il colibrì” (La Nave di Teseo, già opzionato per il cinema) ha vinto lo Strega per la seconda volta, dopo aver conquistato l’ambito e discusso premio letterario con “Caos calmo” (2006), portato al cinema da Antonello Grimaldi. Fin dalla sua nascita, con la vittoria di “Tempo di uccidere” di Ennio Flaiano (adattato molti anni dopo da Giuliano Montaldo), lo Strega ha stretto un forte rapporto col cinema, diventado serbatoio di storie per i registi. Ripercorriamo i molti titoli premiati nel tempo che sono diventati (o diventeranno) film e serie tv: dalle “Donne sole” di Pavese a “M.” di Scurati, passando per “Il Gattopardo” e “Il nome della rosa“…

“Le amiche” di Michelangelo Antonioni dal romanzo “Tre donne sole” di Cesare Pavese

Il cinema, si sa, viene spesso “stregato” dalla letteratura (ma ormai è vero anche l’inverso). Non stupisce dunque che il più noto e discusso premio letterario italiano, lo Strega (la cui edizione 2020 ha incoronato il 2 luglio Sandro Veronesi e il suo Colibrì, edito da La Nave di Teseo e già opzionato per un adattamento cinematografico), abbia avuto fin dalle origini una proficua relazione con la settima arte.

Lo stesso Veronesi, con i suoi romanzi, ha fornito più di una volta soggetti per film: prima nel 2000 con La forza del passato, trasposto nel 2002 da Piergiorgio Gay (nel cast Sergio Rubini e Bruno Ganz), poi nel 2005 col primo Strega dello scrittore fiorentino, Caos calmo (Bompiani), portato al cinema nel 2008 per la regia di Antonello Grimaldi, protagonista e co-sceneggiatore Nanni Moretti.

Ma la liaison, come si diceva, è antica: nel 1947, quando lo Strega venne istituito da Maria Bellonci e Guido Alberti (produttore dell’omonimo liquore), il vincitore della prima edizione fu Ennio Flaiano con Tempo di uccidere (Longanesi), poi trasposto da Giuliano Montaldo nel film omonimo del 1989. Ed entrambi possono vantarsi di essere tra le poche opere del nostro Dopoguerra ad aver affrontato senza reticenze la tragedia del colonialismo made in Italy.

Nel 1950 il primo classificato è Cesare Pavese, grazie al trittico di romanzi edito da Einaudi nel 1949 col titolo La bella estate: al terzo capitolo della trilogia, Tra donne sole, si rifà Michelangelo Antonioni (su sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico) per il suo Le amiche (1955). Nella storia delle trasposizioni dei premi Strega non può mancare poi lo scrittore-regista Mario Soldati, le cui Lettere da Capri (Garzanti, primo classificato nel 1954) saranno (liberamente) rilette al cinema nel Capriccio (1987) di Tinto Brass. Sempre Soldati, poi, dirigerà il film (del 1953) tratto da La provinciale (di Alberto Moravia), inserito nella raccolta di Racconti (Bompiani) che conquista lo Strega nel 1952.

Giorgio Bassani si aggiudica il riconoscimento letterario nel ’56 con le sue Cinque storie ferraresi (Einaudi), una delle quali (Una notte del ’43) ispirerà il film La lunga notte del ’43 (1960) di Florestano Vancini. Ed è un grande scrittore profondamente legato al cinema come Cesare Zavattini che collabora all’adattamento di un altro illustre premio Strega, L’isola di Arturo (1957, Einaudi), di Elsa Morante, portato al cinema nel 1962 per la regia di Damiano Damiani.

Nel 1959 lo Strega va a uno dei maggiori successi letterari del nostro Novecento, che di lì a poco diventerà (anche) uno dei più iconici adattamenti cinematografici di un romanzo italiano: parliamo del decadente (e sempre attuale) affresco storico Il Gattopardo, scritto da Tomasi di Lampedusa (pubblicato da Feltrinelli) e all’origine dell’omonimo, sontuoso film (1963) di Luchino Visconti con Burt Lancaster e Claudia Cardinale. Sempre nel ’63 Luigi Comencini porta al cinema (da regista e co-sceneggiatore) un altro premio Strega (del 1960), La ragazza di Bube (di Carlo Cassola, edito da Einaudi), mentre Eriprando Visconti dirigerà nel 1977 il thriller Una spirale di nebbia, tratto dal romanzo omonimo (Strega 1966) di Michele Prisco.

Terreno fertile di adattamenti è stato poi il celebre giallo medieval-filosofico di Umberto Eco, Il nome della rosa (Bompiani), Strega nel 1981, poi lungometraggio (1986) diretto da Jean-Jacques Annaud (con interpreti del calibro di Sean Connery e F. Murray Abraham) e più di recente miniserie tv italo-tedesca (di Giacomo Battiato, con John Turturro) trasmessa su Rai1 nel 2019. La stessa Rai aveva realizzato nel 1986 un film televisivo (diretto da Edith Bruck e interpretato da Franco Nero) tratto dallo Strega del 1978, Un altare per la madre (Garzanti), di Ferdinando Camon. Anche il cinema caustico di Lina Wertmüller ha trovato ispirazione in un vincitore dello Strega, Ninfa plebea (di Domenico Rea, edito da Leonardo nel 1992, premiato nell’edizione del ’93), con la trasposizione omonima del 1996.

Negli anni Duemila, che si aprono con la vittoria allo Strega di N. (Einaudi), di Ernesto Ferrero (poi liberamente trasposto da Paolo Virzì nel suo N- Io e Napoleone, 2006), il legame tra scrittori premiati e adattamenti delle loro opere tende a farsi ancora più stretto: Margaret Mazzantini scrive col marito Sergio Castellitto (anche regista e interprete) il film del 2004 tratto dal romanzo dell’autrice Non ti muovere (Strega nel 2002).

Niccolò Ammaniti sceneggia la trasposizione omonima del romanzo che gli è valso il premio nel 2007, il thriller Come Dio comanda (Mondadori): a coadiuvarlo nell’adattamento un altro scrittore di noir, Antonio Manzini, nonché il regista del film (uscito nel 2008), Gabriele Salvatores (che aveva già portato al cinema un altro titolo di Ammaniti, Io non ho paura).

Anche Paolo Giordano, vincitore nel 2008 col suo romanzo d’esordio La solitudine dei numeri primi (Mondadori), scrive nel 2010 (insieme al regista Saverio Costanzo) il film omonimo tratto dal libro. E non a caso sono sempre più frequenti, tra i vincitori degli ultimi Strega, gli scrittori-sceneggiatori, come Francesco Piccolo (premiato nel 2014 con Il desiderio di essere come tutti, Einaudi) e Edoardo Albinati, primo classificato nel 2016 con La scuola cattolica (Rizzoli), di cui è in lavorazione l’adattamento scritto dall’autore con Stefano Mordini (anche regista).

Sempre a proposito di progetti a venire, è in cantiere il lungometraggio (di Vincenzo Marra) dallo Strega 2015, La ferocia (Einaudi), di Nicola Lagioia, mentre Wildside si è già aggiudicata i diritti sia per il film tratto da Le otto montagne (Einaudi), di Paolo Cognetti (Strega 2017), sia per la serie tv (prodotta da Wildside) dal vincitore del 2019, M. Il figlio del secolo (Bompiani), sull’ascesa di Benito Mussolini e del totalitarismo fascista. Insomma, il romanzo dell’intesa tra film e letteratura “da Strega”, oltre ad aver scandito la storia del premio, sembra ben lungi dall’aver esaurito i suoi capitoli.