Il Vietnam di Cecilia Mangini. Memorie (ritrovate) di una combattente su Rai Storia

In onda sabato 27 marzo (22.45) su Rai Storia per il ciclo “Documentari d’autore”, “Due scatole dimenticate”, film della grande documentarista recentemente scomparsa, firmato in co-regia con Paolo Pisanelli. Un toccante viaggio dedicato a quel reportage fotografico di più di cinquant’anni fa in occasione dei sopralluoghi per un film – mai realizzato – sulla resistenza del popolo vietnamita. Un film sulla memoria, sulla sua perdita, sulla necessità di ricostruirla attraverso il racconto di un’artista combattente. Vederlo ora che Cecilia ci ha lasciati è un colpo al cuore e un’ennesima straordinaria lezione di cinema e di vita che la signora del documentario ci consegna da lontano. Ma sempre e comunque tra noi …

 

È un film sulla memoria, sulla sua perdita, sulla necessità di ricostruirla. Attraverso lo sguardo, sguardo d’autore, anzi in questo caso d’autrice, curioso di raccontare, sempre, facendo scelte di campo anticonformiste. Sì proprio come quelle donne vietnamite orgogliose di spogliarsi degli abiti da operaie per indossare quelli da guerriere, da combattenti col fucile e farsi fotografare da un’altra donna combattente come loro: Cecilia Mangini, armata allora della sua macchina fotografica che, ancora oggi dopo la sua scoparsa lo scorso gennaio, si fa simbolo della sua eredità insostituibile.

È tutto questo Due scatole dimenticate – un viaggio in Vietnam, penultimo lavoro della decana del decumentario italiano in co-regia con Paolo Pisanelli che dopo aver viaggiato per molti festival anche internazionali (come il di Festival di Rotterdam) arriva su Rai Storia sabato 27 marzo (ore 22.45) dopo il passaggio in prima visione tv lo scorso 7 marzo per lo Speciale TG1, dedicato alla Giornate delle donne.

Ideale prosecuzione del precedente Le Vietnam sera libre, cortometraggio presentato alla Festa di Roma e anch’esso volato via per festival internazionali, Due scatole si propone ancora una volta come un viaggio attraverso poco meno di un secolo. Quello vissuto dall’inarrestabile signora del documentario, 92 anni narrati con rigore e tenerezza in questo suo penultimo lavoro firmato ancora una volta con Paolo Pisanelli, diventato negli anni suo complice e cantore, attraverso mostre, progetti audiovisivi e come direttore artistico de La Festa di Cinema del reale (partner del nostro Premio Bookciak, Azione!) dove negli anni Cecilia, ospite fissa, ha festeggiato in suoi tanti compleanni, trasformadosi in vera rockstar, anzi nella donna rock del doc.

L’idea di partenza, infatti, è stata sua, del regista pugliese di Buongiorno Taranto e Ju Tarramutu. Sua l’idea di ridare vita a quei negativi ritrovati in una scatola chiusa in un armadio di casa Mangini e dimenticati per cinquant’anni. Si tratta degli scatti fatti da Cecilia in Vietnam nel 1964. Con Lino Del Frà, suo compagno d’arte e di vita, erano andati per le vie di Hanoi ed oltre decisi a girare “un film documentario sull’aggressione degli Stati Uniti al Vietnam del Nord, sulla guerra imperialista che aveva scatenato reazioni in tutto il mondo”.

Quattro mesi di sopralluoghi per documentare la resistenza di un popolo. “Un popolo che non si piegava – racconta Cecilia – che del resto aveva già vinto i francesi nel ’54, ribellandosi alla colonizzazione”. Un popolo che non voleva apparire vittima. “Resistente sì, combattente sì, ma vittima mai”, tanto che quella foto ai soldati mutilati tornati dal fronte è costata a Cecilia e Lino una “visita” in commissariato.

Scorrono le immagini ritrovate, le foto sottratte all’oblio. Le donne al mercato, i bambini che giocano, una coppia di fidanzati seduti su una panchina, come fossero in una qualsiasi città europea, sottolinea la voce fuori campo in francese, mixando frammenti del soggetto del film. Scorre il quotidiano di un popolo secondo la sfida di partenza: “raccontare la vita di un paese in guerra”. E i cannoni e i fucili, infatti, arrivano. Della panchina dei due inamorati scopriamo lo schienale sventrato dalle bombe. Le immagini dei bimbi tremano e il montaggio sapiente (di Matteo Gherardini), frenetico, ritmato rimanda a tanto cinema della stessa Mangini, immerso nella grande lezione dei sovietici.

Nel mezzo è Cecilia tra le sue stanze piene di libri, i suoi gesti quotidiani a raccontarsi: “io sto perdendo la memoria, dimentico le date, i nomi … Sono le fotografie a ricordarmi”. Come queste, nel loro magnifico bianco e nero, scattate mezzo secolo fa, che riportano in vita anche quelle donne combattenti e orgogliose “che erano in guerra alla pari degli uomini”, e fiere di mostrarsi all’obiettivo col loro fucile da resistenti. “Erano donne militanti” conclude Cecilia, ricordando che il film non si sarebbe più fatto ma che il Vietnam, però, avrebbe vinto la guerra. Mentre lei è qui nel suo film a ricostruirne la memoria, in questo delicato e luminoso “autoritratto” a quattro mani di una combattente. Vederlo oggi che Cecilia ci ha lasciati è un colpo al cuore e un’ennesima straordinaria lezione di cinema e di vita che la signora del documentario ci consegna da lontano. Ma sempre e comunque tra noi.

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