Oscar 2021, quelli entrati nelle cinquine. Da “Nomadland” a “One night in Miami…” quanti adattamenti


Con i loro furgoni arrangiati, i “nuovi nomadi” americani di Chloé Zhao sono arrivati fino alle soglie degli Oscar. Già vincitore del Leone d’oro a Venezia, e del Golden Globe per il Miglior film drammatico e la Miglior regia, Nomadland – diretto da Zhao e tratto dall’omonimo libro d’inchiesta di Jessica Bruder – si aggiudica ben sei nomination nella corsa agli Oscar 2021, giunti alla loro 93esima edizione: Miglior film, regia, attrice – per l’immensa Frances McDormand –, sceneggiatura non originale, fotografia e montaggio.

Nonostante l’incetta di candidature, il film della regista sinoamericana sull’epopea dei nuovi poveri attraverso le rotte dei lavori stagionali che richiedono manodopera precaria e a basso costo, viene “sorpassato” da Mank di David Fincher: il bianco e nero della vita di Herman J. Mankiewicz, al quale viene attribuita l’intera paternità della sceneggiatura di Quarto potere (dalla quale verrebbe dunque esclusa la penna di Orson Welles), di nomination ne ottiene addiruttura dieci.

Altri adattamenti guadagnano però un’ottima posizione in questa ideale classifica, a partire da The Father, diretto da Florian Zeller e tratto dalla sua omonima pièce teatrale (Le pére). Incentrato sul complesso rapporto tra un padre che sta invecchiando e una figlia che si trova nel difficile ruolo di aiutarlo, il film del promettente regista francese – al suo esordio nel cinema – è in corsa per il premio al Miglior film, sceneggiatura non originale, montaggio e scenografia. Anthony Hopkins e Olivia Colman, che prestano il volto ai due interpreti, corrono anche come miglior attore protagonista e attrice non protagonista.

Sempre ad un testo teatrale (di Kemp Powers) si ispira One night in Miami… di Regina King, candidato alla miglior sceneggiatura non originale. Già vincitore a Toronto, ed estremamente significativo in un anno che ha visto esplodere le rivolte di Black Lives Matter, il film che immagina l’incontro in una stanza di motel nel ’64 tra Cassius Clay, Malcolm X, Jim Brown e Sam Cooke, vede anche Leslie Odom, Jr. – che di quest’ultimo veste i panni – concorrere al titolo di miglior attore non protagonista e per l’interpretazione della miglior canzone originale, Speak now.

Nella cinquina per la miglior sceneggiatura non originale – oltre al seguito di Borat girato da Jason Woliner – si colloca infine La tigre bianca di Ramin Bahrani, dall’omonimo romanzo di Aravind Adiga (Einaudi, 2010), focalizzato sulla ribellione del giovane protagonista all’ingiustizia che le differenze di casta perpetuano anche nell’India contemporanea.

Anche l’Italia, mentre resta fuori dalla corsa con Notturno, approda alle nomination degli Oscar con due adattamenti: Laura Pausini, dopo la vittoria ai Golden Globe, cerca di agguantare anche la statuetta per la miglior canzone originale con Io sì, interpretata in La vita davanti a sé di Edoardo Ponti, dal romanzo di Romain Gary (Neri Pozza, 2009), mentre l’immortale favola di Pinocchio, nella versione proposta da Matteo Garrone, è in lizza per il premio dedicato ai migliori costumi di Massimo Cantini Parrini e il make up di Mark Coulier. Due premi tecnici che premiano la proverbiale artigianalità del cinema italiano.